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Mostra nella chiesa di Carpi, l’avvocato Minutillo deposita opposizione all’archiviazione chiesta dalla procura di Modena

(Sesto Potere) – Forlì, 11 aprile 2024 – “Abbiamo depositato questa mattina l’atto di formale opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dalla Procura della Repubblica di Modena nel procedimento penale ove sono indagati l’Arcivescovo di Modena Mons. Erio Castelucci, l’artista Saltini ed i curatori della mostra Don Bellini e Cristina Muccioli, per l’ipotesi di reato di cui all’art. 403 CP ovvero di vilipendio” ad annunciarlo in una nota è l’avvocato Francesco Minutillo di Forlì (nella foto) difensore delle numerose persone che si ritengono “offese” per i contenuti delle opere dell’artista, che hanno depositato esposto  per le opere blasfeme in mostra nella Chiesa di Sant’Ignazio.

Nel corposo atto di 35 pagine Minutillo ha contestato innanzitutto la condotta della Procura: “Sono rimasto basito quando ho fatto accesso al fascicolo della procura ed ho potuto constatare come non sia stata svolta alcuna attività di indagine: nulla, dopo aver ricevuto gli esposti la procura si è affrettata immediatamente a scrivere la richiesta di archiviazione. Riteniamo tuttavia che questa condotta quasi pavloviana sia stata foriera di valutazioni del tutto erronee sia sui fatti che in diritto. La Procura si è infatti soffermata a valutare le opere solo in ragione della libertà di pensiero, che in realtà qui c’entra ben poco, senza considerare che il luogo di esposizione è stato costituito da una Chiesa ancora consacrata e come l’opera più blasfema sia stata collocata proprio di fronte all’altar maggiore. Ed è stata proprio questa scelta, compiuta anche dalla diocesi, che ha maggiormente indignato ed offeso i Fedeli e che viene a costituire il reato di vilipendio. Su questa circostanza abbiamo indicato a persona informata sui fatti tra gli altri anche Mons. Francesco Cavina, già Vescovo di Carpi”.

Unitamente all’atto” continua l’Avv. Minutillo “abbiamo prodotto al GIP anche ulteriori elementi assolutamente inediti. In primo luogo la registrazione audio di una visita guidata alla mostra che è avvenuta in data 3 marzo, prima che si sviluppassero tutte le polemiche,nella quale l’incaricata diocesana alla precisa domanda se il quadro Inri rappresentasse un atto sessuale rispondeva con una risata dicendo: «Bè, potrebbe… del resto quello di provocare è uno degli intenti dell’artista».  Sul punto abbiamo anche chiesto l’acquisizione anche delle recenti dichiarazioni a del vicario monsignor Ermenegildo Manicardi rese all’emittente locale TVQui Modena nelle quali il medesimo ha dichiarato espressamente: «Ammettiamo che INRI-Longino sia equivoco» peraltro raccontando come la Curia avesse già ricevuto contestazioni di blasfemia della mostra ancor prima dell’apertura”.

L’elemento più clamoroso tuttavia è un altro, e viene additato dall’avvocato Minutillo: “Nell’ambito delle nostre indagini difensive sulla persona dell’artista Saltini abbiamo potuto accertare come il medesimo abbia frequentato un Master in comunicazione concluso con la pubblicazione di una tesi dal titolo inquietante: “Come parlare sporco e influenzare la gente”. Titolo che direi pare significativo sulle finalità del suo operato anche perché esplicitamente ispirato a Lenny Bruce, personaggio americano definito comunemente come predicatore blasfemo e profeta sacrilegoDunque per quanto ci riguarda ci sono ben pochi dubbi sulla blasfemia dell’opera Inri Longino, la cui titolazione fuorviante, analogamente a quella di tutte le altre opere, cerca di influenzare chi guarda – ed anche chi ha ospitato la rassegna –  sviandolo dalla verità raffigurata”.

Abbiamo prodotto le oltre 30.000 firme raccolte da Pro Vita e Famiglia per chiudere la mostra” continua l’Avv. Minutillo “e abbiamo anche chiesto l’acquisizione del fascicolo sulle indagini del danneggiamento dell’opera: sul punto, a differenza dell’imprudenza della Diocesi e di tanti che hanno commentato nell’immediatezza degli eventi, che poi si sono rivelati ben diversi dall’accoltellamento al collo dell’artista che era stato inizialmente riferito, continuiamo a mantenere riservato ogni commento fino a quando non si sarà fatta piena luce  sui fatti. Abbiamo tuttavia sollecitato indagini in tutte le direzioni anche perché sale sempre più forte l’interrogativo del “cui prodest” di quanto visto che l’opera ha subito danneggiamenti minimi e, soprattutto, è rimasta innaturalmente intonsa la parte più blasfema. Sul punto aiuterebbe anche la lettura del certificato medico rilasciato all’artista dal Pronto Soccorso nel suo ricovero lampo e la sua correlazione con gli atti di danneggiamento. Perché da un punto di vista tecnico il danneggiamento semplice, dunque svolto senza violenza, non è più considerato reato ma semplice illecito amministrativo. Del resto non condivido la pervicace cocciutaggine della Diocesi di voler continuare ad alimentare la offesa sofferenza dei Fedeli riaprendo la mostra. Ancora una volta a mio avviso santa prudenza è stata accantonata indicando più che altro una perseveranza del tutto erronea”.

Evidenzio” conclude l’Avv. Minutillo “che nel nostro atto abbiamo invitato le autorità a valutare anche l’ipotesi del reato di cui all’art. 604 bis di propaganda per discriminazione di odio religioso nei confronti dell’ebraismo nel Trittico Gratia Plena: l’accostamento tra il gruppo di farisei -nome con il quale sono designati gli aderenti ebrei al principale tra i partiti del giudaismo – e gli atti di intrusione nei riguardi della Verginità di Maria, che essi compiono, è invero da considerarsi del tutto gratuito ed ingiustificato”.