(Sesto Potere) – Roma – 12 marzo 2024 – Maglia nera per l’Italia in fatto di performance sulla mobilità sostenibile su ferro (metropolitane, tranvie e ferrovie suburbane). Se paragonata con Regno Unito, Germania e Spagna, la Penisola non regge il confronto e si piazza ultima. A pesare, in primis, la carenza di infrastrutture che comporta per l’Italia città sempre più sotto scacco di traffico e smog come accadde per Roma.
La Capitale porta a casa un triste primato, è tra le città europee peggiori in termini di dotazioni di binari e metro, e a livello nazionale risulta essere il comune più colpito dal 2010 al 2023 dagli eventi meteorologici estremi che hanno causato danni alle infrastrutture di trasporto pubblico o interruzioni al servizio.
A fare il punto, con dati e analisi, è il report “Pendolaria – Speciale aree urbane” di Legambiente diffuso oggi nell’ambito della campagna Clean Cities e che mette in luce i ritardi dell’Italia, i nodi irrisolti di Roma, ma anche gli impatti che gli eventi meteo estremi stando avendo sulle infrastrutture del trasporto pubblico in tutta la Penisola. I dati parlano chiaro: in Italia la lunghezza totale delle linee di metropolitane si ferma a poco meno di 256 km totali, ben lontano dai valori di Regno Unito (680,4 km), Germania (656,5) e Spagna (615,6). Il totale di km di metropolitane nella nostra Penisola è inferiore, o paragonabile a quello di singole città europee come Madrid (291,3) o Parigi (225,2).
Riguardo le tranvie, in Italia ci sono 397,4 km di tranvie assai lontani dagli 875 km della Francia e soprattutto dai 2.042,9 km della Germania. Analoga situazione per le ferrovie suburbane, quelle prese ogni giorno da tanti pendolari, dove l’Italia è dotata di una rete totale di 740,6 km mentre sono 2.041,3 quelli della Germania, 1.817,3 km nel Regno Unito e 1.442,7 in Spagna.
Tra le città, Roma è tra le peggiori in Europa in termini di dotazione di binari di metro. Parliamo di 1,43 km ogni 100mila abitanti, ben lontani da altre capitali quali Londra (4,93), Madrid (4,48), Berlino (4,28). Sul fronte investimenti su ferro, l’Italia ha fatto ben poco preferendo quello su gomma.
Nel 2023 non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di nuove tranvie, mentre l’unica aggiunta alla voce metropolitane riguarda l’apertura di un nuovo tratto della M4 a Milano. E se si guarda indietro negli anni, dal 2016 al 2023 sono stati realizzati appena 11 km di tranvie e 14,2 di metropolitane, con una media annua rispettivamente di 1,375 km e 1,775 km, ben lontani da quanto sarebbe necessario per recuperare la distanza dalle dotazioni medie europee.
Dall’altro lato la Penisola si conferma la nazione più legata all’utilizzo dell’auto.
Quello italiano resta il parco auto tra i più grandi d’Europa. 666 auto ogni mille abitanti, il 30% in più rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna. A pesare su questa scelta la mancanza di interconnessioni tra le varie linee di trasporto di massa, di TPL e di mobilità dolce, di integrazione delle stazioni con il tessuto urbano pedonabile e ciclabile.
Un immobilismo quello delle città italiane, sempre più fragili e vulnerabili a causa della crisi climatica, che racconta anche quanto poco si stia investendo poco sul fronte dei trasporti. Senza dimenticare che l’ultima legge di bilancio (approvata nel dicembre 2023) per la prima volta dal 2017 non prevede fondi né per il trasporto rapido di massa, il cui fondo è stato definanziato, né per la ciclabilità e la mobilità dolce.
Sul tappeto infrastrutture finanziate con fondi Pnrr e altre risorse.
Riguardo ai progetti delle Tranvie si segnalano a Bologna la: linea verde Corticella-Castel Maggiore e linea rossa Borgo Panigale-Caab (costo: 731.166.041 euro). Per i progetti di Filobus e BRT, invece, c’è a Rimini la filovia nella tratta FS-Fiera (48.976.182 euro).
Secondo Legambiente: “Molti sono i progetti che sollevano più di un dubbio. In molti casi si tratta di progetti decisi senza un reale coinvolgimento pubblico o con un dibattito poco informato”. In Emilia-Romagna le tre autostrade regionali, volute dalla Regione stessa, ossia l’autostrada Cispadana (la nuova infrastruttura che collegherà il casello Reggiolo-Rolo dell’A22 alla barriera di Ferrara Sud sull’A13), la bretella Campogalliano-Sassuolo, nel modenese, e il Passante di Bologna, sono infrastrutture che – sempre Legambiente – “non solo andranno a consumare suolo (nel caso della Campogalliano-Sassuolo frammentando l’area protetta lungo la fascia del fiume
Secchia) e a contribuire ai problemi di inquinamento, ma che porteranno a uno spreco di denaro che, come visto per gli altri casi, non sarà limitato a fondi privati”.
Secondo Legambiente la sfida che affrontano oggi le città: “è complessa e al tempo stesso inderogabile. Lo scenario unico possibile, e quindi vincente anche guardando all’emergenza climatica, è quello di centri urbani sostenibili in grado di offrire condizioni di vita adeguate a tutti i cittadini attraverso soluzioni ‘smart’, a costi accessibili e a zero emissioni”.
E con questa prospettiva l’associazione cita il modello Bologna: “Bologna, dal luglio scorso, è la prima grande Città 30 italiana. L’obiettivo è quello di coniugare una mobilità funzionale ed accessibile a tutti con strade sicure, cura dell’ambiente e salvaguardia dello spazio pubblico. Già dal 1989 ad oggi, infatti, un terzo di Bologna, incluso tutto il suo centro storico, è compreso nella zona con limite a 30 km/h e questo ha portato ad un significativo miglioramento della qualità della vita dei cittadini che abitano le ‘zone 30’, così come ad una maggiore sicurezza degli utenti della strada che si trovano ad attraversarle. La Città 30 un tassello importante del progetto della nuova mobilità di Bologna, secondo la sua amministrazione: un piano che armonizza e “tiene insieme” le opere dedicate alla mobilità sostenibile in via di realizzazione, dalle due nuove linee di tram al potenziamento del Servizio Ferroviario Metropolitano, fino all’estensione della rete del Biciplan. La riorganizzazione del trasporto pubblico, con tram, filobus e autobus completamente elettrificati (entro il 2030), insieme alla mobilità attiva, servirà gli spostamenti di prossimità e fra quartieri, liberando le strade dalle auto e favorendo la qualità di vita dei residenti”.
“La trasformazione di Bologna in Città 30 rappresenta un piano ambizioso a partire dall’abbassamento della massima velocità consentita nel centro urbano, rendendo tutte le strade più sicure, in modo da perseguire l’obiettivo Europeo “zero morti al 2050”. Al tempo stesso questa operazione di moderazione del traffico su larga scala permetterà di ripensare alle strade come spazio condiviso, per rendere la città più sostenibile e pulita, a dimensione d’uomo e con una mobilità più adeguata alle esigenze di un hub urbano contemporaneo. Nei prossimi mesi a Bologna si testeranno dunque tutti i vantaggi di una Città 30 che corrisponde, nell’esperienza pratica di chi si sposta in auto, solo a pochi secondi in più sui tempi di percorrenza, secondo gli studi effettuati e i dati delle altre Città 30 in Europa. Il Comune prevede di realizzare la ‘Città 30’ dopo un percorso sperimentale di sei mesi. Stanziati per questo già decine di milioni di euro per effettuare interventi di modifica dello spazio urbano, promuovere la sicurezza stradale, la mobilità attiva, la pedonalità, la ciclabilità e per dare “forma” anche fisica alla Città 30. Le sanzioni sono attive dal 16 gennaio terminata la prima fase di sperimentazione, confronto e informazione verso tutte le cittadine e i cittadini. Un esempio concreto fatto di scelte e di indirizzi condivisi”: conclude Legambiente.