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510mila imprese italiane hanno investito sulla green economy negli ultimi 5 anni, consegnato dossier a Mattarella

(Sesto Potere) – Roma – 5 dicembre 2023 – I mesi estivi del 2023 sono stati i più caldi mai registrati sulla Terra, con agosto che si stima
aver raggiunto +1,5° C rispetto alla media preindustriale, e la superficie del mare con la temperatura più alta mai registrata. Con
questi dati, le Nazioni Unite dichiarano che il collasso climatico è iniziato.

Questo è scritto nero su bianco nel Rapporto GreenItaly 2023, realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere, con la collaborazione del Centro Studi Tagliacarne.

Un dossier – realizzato con il patrocinio del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica – presentato nei giorni scorsi nella sede di Unioncamere a Roma e consegnato da  Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, e Andrea Prete, presidente di Unioncamere, al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della COP 28 di Dubai. (vedi foto in alto)

Nel rapporto GreenItaly si legge un’Italia che va verso un’economia più a misura d’uomo che punta sulla sostenibilità, sull’innovazione, sulle comunità e sui territori. Sono 510 mila le imprese italiane che negli ultimi cinque anni hanno investito sulla green economy e sono 3,2 milioni i greenjobs. Il rapporto, giunto alla XIV edizione, conferma che chi investe nel green esporta di più, innova di più, crea più posti di lavoro.

Abbiamo ringraziato il Presidente per l’incontro e per le parole nette pronunciate contro il negazionismo climatico, in sintonia anche con l’esortazione Laudate Deum di Papa Francesco. È giusta la scelta dell’Europa di puntare su coesione, transizione verde e digitale per costruire un’economia più a misura d’uomo e per questo più forte. Anche per questo sono inaccettabili i ritardi sullo sviluppo delle fonti rinnovabili nel nostro Paese. Mentre l’Italia può dare, con l’Europa, un forte contributo quando fa l’Italia e incrocia la green economy con la qualità, l’innovazione, la bellezza. Accelerare gli investimenti nella transizione verde e nelle energie rinnovabili aumenta la stabilità finanziaria come dimostrano gli studi della BCE e della Banca D’Italia, dà forza al made in Italy, riduce i costi a medio termine per famiglie e imprese, rafforza la nostra indipendenza energetica. L’Italia è il Paese europeo con il più alto tasso di riciclo sul totale dei rifiuti speciali e urbani (83,4%), un valore superiore alla media europea (53,8%) e a quello di Germania (70%). Un risultato che determina una riduzione annuale delle emissioni pari a 21 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2”.

Greenitaly, con i suoi numeri e le sue storie d’impresa – commenta Andrea Prete, presidente di Unioncamere – pone in chiara evidenza l’impegno del sistema produttivo italiano nella transizione verde. Grazie a un trend di investimenti aziendali nella direzione della sostenibilità ambientale che non si è arrestato neanche nei periodi di maggiori difficoltà – come quelli legati alla crisi pandemica e ai conflitti mondiali – da anni siamo infatti tra i paesi eco leader in Europa. Non sempre però le nostre imprese sono messe nelle condizioni di operare al loro meglio. È il caso del tema delle energie rinnovabili, fondamentali per una riduzione delle importazioni di energia del nostro paese e per una stabilizzazione dei prezzi, la cui crescita è spesso rallentata da ostacoli burocratici.”

Secondo il Rapporto l’Italia è ancora troppo lenta nello sviluppo delle rinnovabili che aiutano a ridurre le importazioni da cui dipendiamo e
stabilizzano i prezzi. L’Italia è infatti un importatore netto di energia (l’80% del suo approvvigionamento energetico totale). Il fattore di rallentamento è sempre burocratico, con Regioni lente e questioni “culturali” che ancora pregiudicano la crescita delle rinnovabili. Infatti, nel 2022 è stata installata una potenza da fonti rinnovabili pari a 3 GW, contro gli 11 della Germania e i 6 della Spagna, un dato lontano dal target di circa 8-9 GW all’anno da installare entro il 2030.

Sono numeri ancora troppo bassi rispetto alle necessità ma anche rispetto a quello che il sistema industriale italiano potrebbe garantire. L’eolico cresce molto poco e sull’off-shore siamo ancora fermi all’unico impianto al largo di Taranto. Tuttavia, secondo dati Terna nei primi sette mesi del 2023, la capacità solare in esercizio è cresciuta di ben 2,7 GW (+113% rispetto a stesso periodo del 2022), sempre
trainata dalle installazioni di piccole dimensioni.

L’Italia si conferma invece leader sul fronte del recupero di materia, un campo in cui il Paese, povero di materie prime, da tempo primeggia. Secondo Eurostat, la capacità nell’avvio a riciclo dei rifiuti totali (urbani e speciali) in Italia ha raggiunto il record dell’83,4% (2020), un tasso di gran lunga superiore alle altri grandi economie europee, Germania (70%), Francia (64,4%) e Spagna (59,9%), e alla media UE (52,6%). Grazie al forte utilizzo di materie prime seconde, l’industria manifatturiera italiana nel 2021 ha conseguito un risparmio energetico di circa
770 mila TJ (o 18,4 milioni di Tep), equivalente all’11,8% del totale dell’energia disponibile lorda, e ha evitato emissioni climalteranti per 61,9 milioni di tonnellate di CO2eq, pari al 15,9% delle emissioni lorde italiane.

Tra le filiere virtuose quella del cartario, settore con una grande tradizione nel riciclo manifatturiero, che nel 2021 ha visto raggiungere il massimo storico nell’impiego di macero (62,9%). Anche nel comparto degli oli minerali usati, l’Italia si conferma nel 2022 eccellenza in Europa con il 98% del totale raccolto rigenerato in basi per lubrificanti, oli leggeri e altri prodotti petroliferi.

L’Italia è anche il quarto produttore al mondo di biogas – da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo – dopo Germania, Cina e Stati Uniti, a prova del potenziale dell’Italia nella valorizzazione di materia seconda.

Buono anche il posizionamento relativo alla produttività delle emissioni (PIL/ CO2eq), con l’Italia seconda tra le grandi economie europee a 215 punti, preceduta dalla Francia. Dati strettamente correlati con la crescita di qualità di beni e servizi made in Italy, legata anche al ruolo centrale che il design gioca nel nostro Paese: l’Italia è prima in Europa per addetti e fatturati nel settore del design.
Queste performance sono strettamente legate agli investimenti in prodotti e tecnologie green.

Nel settore agricolo, la percentuale delle imprese che hanno effettuato eco-investimenti risulta essere pari al 41% per le imprese del
settore agricoltura (coltivazione e allevamento), mentre percentuali più ridotte si osservano per le imprese della silvicoltura (23%) e della pesca (31%).

Da sottolineare, inoltre, come la crescita degli investimenti green nelle imprese del Centro-Sud – rilevata nelle ultime indagini – abbia annullato gli squilibri territoriali nella penisola relativi alla distribuzione delle imprese ecoinvestitrici.

Guardando alle performance economiche si comprendono meglio le ragioni che spingono le imprese a investire in prodotti e tecnologie verdi. Le imprese eco-investitrici sono infatti più dinamiche sui mercati esteri rispetto a quelle che non investono (il 30% delle prime prevede un aumento nelle esportazioni nel 2023, contro un più ridotto 20% di quelle che non hanno investito), prevedono in un numero maggiore un aumentano del fatturato (47% contro 40%) e delle assunzioni (29% contro 19%). Hanno inoltre una maggiore capacità di creare
associazioni e fare rete.

Sotto il profilo dell’occupazione, alla fine dello scorso anno le figure professionali legate alla green economy rappresentavano il 13,9% degli occupati totali, 3.222 mila unità. Nel 2022 i contratti attivati di queste figure sono stati pari a 1.816.120, il 35,1% dei contratti totali previsti nell’anno (circa 5,2 mln), con un incremento di 215.660 unità rispetto alla precedente rilevazione.