(sesto Potere) – Bologna – 22 gennaio 2024 – Come noto, l’introduzione dal 1° gennaio del codice CIG (codice identificativo di gara) per tutti gli affidamenti della pubblica amministrazione, anche quelli sotto la soglia dei 5.000 euro che avevano beneficiato fino al 31 dicembre della procedura semplificata dello “smart CIG”, ha generato una grande confusione nei Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni che si sono ritrovati da un giorno all’altro a dover seguire complessi passaggi burocratici anche per gli acquisti minimi legati alla gestione quotidiana, il tutto complicato dal malfunzionamento delle piattaforme digitali dedicate.
UNCEM Emilia-Romagna, a firma del presidente Giovanni Battista Pasini, (nella foto), aveva prontamente inviato una lettera ai ministri Piantedosi, Salvini e Zangrillo chiedendo di intervenire con il ripristino degli “smart CIG” e di eliminarne l’obbligo per gli acquisti sotto i 5.000 euro, a cui si era aggiunta una nota congiunta con l’UNCEM nazionale e la presa di posizione di ANCI con la richiesta di tempi rapidi per la soluzione.
Il 10 gennaio, ANAC ha comunicato in una nota la proroga delle vecchie procedure al 30 settembre prossimo, ma questo non ha risolto il caos generato nei primi giorni dell’anno e il funzionamento intermittente della piattaforma. Di nuovo, UNCEM nazionale e regionale sono intervenute mettendo in evidenza la situazione di stallo e chiedendo con forza un provvedimento legislativo a risolvere la materia.
Da qui la proposta di emendamento al nuovo Codice degli appalti da parte dell’UNCEM Emilia-Romagna, depositato in queste ore negli uffici della Camera dei Deputati, di prorogare di un anno l’applicazione delle nuove norme e, soprattutto, di continuare ad “esentare dall’utilizzo delle piattaforme telematiche gli affidamenti diretti di valore inferiore a 5.000 euro”.
Il presidente dell’UNCEM Emilia-Romagna Pasini ha così commentato la necessità di un intervento legislativo: «Pur condividendo lo spirito di semplificazione del nuovo Codice non possiamo non evidenziare che la sua concreta applicazione si è scontrata con la realtà operativa di enti che per piccoli lavori o servizi spesso urgenti si sono sempre avvalsi dello “smart CIG”. La sola proroga non risolverà il problema che è duplice: da una parte i piccoli fornitori degli enti minori, che per scarsa convenienza non si iscriveranno alle piattaforme e, dall’altra, gli stessi Comuni che non si potranno più avvalere di forniture locali allungando i tempi e complicando le procedure per i piccoli acquisti che dovranno essere fatti altrove. Tutto ciò con effetti negativi sull’economia locale e in netta contraddizione con la politica del rilancio dei centri minori».