venerdì, Maggio 30, 2025
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Studio UniBo cambia le conoscenze sull’impatto antropico su tonno rosso ed ecosistemi marini in millenni di storia

(Sesto Potere) – Bologna – 30 maggio 2025 – Un nuovo studio zooarcheogenetico pubblicato sulla rivista PNAS rivela che la pesca eccessiva dovuta all’azione di un elevatissimo numero di tonnare attive per numerosi secoli nel Mediterraneo ha lasciato un’impronta di erosione genetica e demografica sul tonno rosso (Thunnus thynnus), una delle specie marine più iconiche e sfruttate al mondo 

Conducendo analisi genomiche su campioni archeologici e contemporanei, i ricercatori dell’Università di Bologna hanno tracciato un quadro che cambia le conoscenze sull’impatto antropico sul tonno rosso e sugli ecosistemi marini in millenni di storia umana.

L’indagine condotta su 49 campioni moderni (ottenuti tra il 2013 e il 2020) e 41 antichi (risalenti fino a 5.000 anni fa) provenienti da diverse aree del Mediterraneo e dell’Atlantico ha dimostrato che il tonno rosso del Mediterraneo ha iniziato a subire un’erosione genetica e un declino demografico circa un secolo prima del sovrasfruttamento dovuto alla pesca industriale (iniziato a partire dalla seconda metà del secolo scorso), segnando una discontinuità rispetto ai millenni precedenti.

“La nostra ricerca dimostra come la pressione antropica legata ad un eccessivo sfruttamento storico del tonno rosso abbia inciso in modo profondo non solo sull’abbondanza del tonno rosso, ma anche sulla sua struttura genetica, che fino al XIX secolo era rimasta sorprendentemente stabile,” ha dichiarato Adam Andrews, autore principale dello studio.

Tra i risultati più sorprendenti, è emersa una condivisione genetica tra tonni pescati in Norvegia e nel Mediterraneo orientale con quelli del Golfo del Messico, indicando che queste aree di riproduzione atlantiche sono fondamentali per il mantenimento della diversità genetica della popolazione mediterranea. Tuttavia, modelli demografici basati sul DNA mostrano che il declino della popolazione mediterranea è iniziato già nel XIX secolo.

“Questa ricerca internazionale e multidisciplinare guidata dall’Università di Bologna ha prodotto uno dei dataset genomici più straordinari mai realizzati per una specie marina, integrando per la prima volta genomi completi da campioni archeologici e moderni. Una risorsa unica per la ricerca evolutiva e applicata che è a disposizione della comunità scientifica. Questi risultati sono uno strumento potente per rivedere gli obiettivi di gestione e conservazione di questa risorsa,” ha sottolineato Fausto Tinti, professore di Zoologia e responsabile della ricerca.

“In questo studio abbiamo applicato le più avanzate metodologie disponibili per l’analisi di DNA antico. La ricostruzione delle dinamiche genetiche antiche e storiche ci permette di quantificare l’impatto umano e stabilire con maggiore precisione i margini di recupero. Il DNA antico è una finestra sul passato che ci aiuta a guardare al futuro con maggiore consapevolezza” ha commentato Elisabetta Cilli, esperta di paleogenomica ed autore senior dell’articolo.

Lo studio, frutto di una collaborazione internazionale tra biologi marini, genetisti e archeozoologi rappresenta un esempio concreto di come l’integrazione tra scienze del passato e sfide del presente possa guidare strategie più efficaci per la tutela delle risorse marine. Le analisi sono state condotte presso il Laboratorio del DNA antico (aDNA Lab) dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, uno dei pochi laboratori in Italia conformi agli standard internazionali per la manipolazione di DNA altamente degradato, come quello estratto da reperti antichi e storici.

“La millenaria storia evolutiva e demografica del tonno rosso del Mediterraneo è scritta nel suo DNA. Questo studio ci mostra quanto sia urgente proteggere non solo le popolazioni, ma anche la loro diversità genetica, che è la chiave per la resilienza futura,” ha concluso Alessia Cariani, professoressa di Zoologia e autore senior dello studio.