Bologna – 29 dicembre 2024 – Aumenta il numero delle persone in Italia che rinuncia a curarsi per problemi economici, tempi di attesa troppo lunghi o difficoltà a raggiungere i luoghi di cura.
Ben il 7,6%, secondo l’ultima Relazione del Cnel (Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro), in pratica 4,5 milioni di persone, hanno rinunciato a usufruire delle prestazioni sanitaria nel 2023.
Va un po’ meglio in Emilia-Romagna che insieme a Toscana, Campania, Friuli-Venezia Giulia e le Province Autonome di Trento e Bolzano, si attesta su percentuali di poco inferiori al 6%.
IL COMMENTO
“Come ho avuto modo di evidenziare anche nei giorni scorsi – afferma il presidente della Regione, Michele de Pascale -, i dati complessivi del sistema sanitario in Italia stanno crollando e sono in costante peggioramento nel nostro paese. Come si evince chiaramente dalla rilevazione del Cnel, la tendenza non solo non si sta invertendo, ma si sta aggravando; la situazione è ulteriormente preoccupante perché mette in luce una profonda assenza consapevolezza da parte del Governo rispetto al problema. Si continuano a dare cifre sui finanziamenti che non corrispondono alla reale misurazione delle risorse necessarie, e il sistema è sempre più in difficoltà. Questi dati devono far capire al Governo che la rotta che sta tracciando sulle politiche sanitarie è sbagliata- conclude il presidente-, va invertita al più presto e su questo l’Emilia-Romagna intende essere in prima fila”.
LA NOTIZIA DEL CNEL (fonte cnel.it)
Nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per problemi economici, problemi di offerta (lunghe liste di attesa) o difficoltà a raggiungere i luoghi di erogazione del servizio. Si tratta del 7,6% della popolazione italiana, contro il 7% del 2022 e al 6,3% del 2019, anno pre-pandemico.
È quanto evidenzia il CNEL nella Relazione 2024 sui servizi pubblici, presentata lo scorso ottobre.
Vi è stata, quindi, una tendenza al peggioramento, a prescindere dall’eccezionalità del 2021, quando le conseguenze legate al Covid-19 fecero incrementare il valore fino all’11%.
La quota di cittadini che ha rinunciato a visite mediche (escluse odontoiatriche) o ad accertamenti sanitari è massima nella fascia di età 55-59 anni (11,1%), è più bassa ma comunque elevata tra gli anziani di 75 anni e più (9,8%) e minima tra i bambini fino ai 13 anni (1,3%). Emerge uno svantaggio delle donne, con il 9% contro il 6,2% degli uomini.
La quota più alta di rinuncia alle visite mediche si registra al Centro (8,8%), mentre nel Mezzogiorno è pari al 7,7% e al Nord al 7,1%.
Il dato peggiore è in Sardegna con un valore pari al 13,7%, seguita dal Lazio (10,5%) e dalle Marche (9,7%).
All’opposto si collocano il Friuli-Venezia Giulia, le PA di Bolzano e Trento, Emilia Romagna, Toscana e Campania con valori inferiori al 6%.
Le rinunce per motivi economici sono rimaste sostanzialmente stabili tra 2019 (4,3%) e 2023 (4,2%) e sono passate in secondo piano negli anni del Covid-19 (circa 2,9%). Invece, sono aumentate in maniera significativa le rinunce dovute alle lunghe liste di attesa, passate negli stessi anni dal 2,8% nel 2019, al 3,8% nel 2022 e al 4,5% nel 2023.
Queste dinamiche sono influenzate dall’esperienza del Covid-19, che ha costituito una barriera all’accesso ai servizi sanitari sia nel 2020 (il 4,9% della popolazione ha dichiarato almeno una rinuncia per tale motivo), che nel 2021 (5,9%) e le cui conseguenze sono scemate nel 2022 (1,2%) e si sono esaurite nel 2023 (0,1%).