(Sesto Potere) – Cesena – 12 maggio 2025 – “Il sistema giudiziario è un componente essenziale della vita della società civile, inteso come la forma più concreta di protezione dei diritti individuali, nel mantenimento dell’ordine e nella risoluzione pacifica delle controversie. È per questo che qualsiasi tentativo di minare l’autonomia e l’indipendenza dei giudici, di assoggettarli al potere politico non potrà che produrre più diseguaglianze, più ingiustizie nei confronti dei cittadini, che ognuno di noi dichiara di voler proteggere”.
Lo ha detto il Presidente del Consiglio comunale di Cesena, Filippo Rossini, (nella foto a lato) intervenendo il 9 maggio nella sala Sozzi del palazzo del Ridotto all’evento inaugurale della mostra ‘Sub Tutela Dei, il Giudice Rosario Livatino’ (nella foto in alto) che a partire da oggi, lunedì 12 maggio, e fino a sabato 17 maggio sarà esposta all’interno del palazzo di Giustizia del Tribunale di Forlì con un percorso espositivo composto da 35 pannelli con testi e foto e arricchito da video e audio.

All’evento, organizzato dall’Associazione nazionale magistrati, con il patrocinio del Comune di Cesena e dell’Ordine degli Avvocati di Forlì-Cesena, ha preso parte anche il vescovo della Diocesi di Cesena Sarsina S.E. Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, e sono intervenuti Ignazio De Francisci, già Procuratore generale presso la Corte d’appello di Bologna, Ottavio Sferlazza, già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, Carlo Tremolada, Avvocato del Foro di Milano. Ha moderato Giuseppe Colonna, già Presidente della Corte d’Appello di Bologna.
Rosario Angelo Livatino è stato un magistrato italiano, assassinato dalla Stidda su una strada provinciale di Agrigento il 21 settembre 1990, a soli 37 anni. Come sostituto procuratore della Repubblica si occupò fin dagli anni ottanta di indagare non soltanto su fatti di criminalità mafiosa ma anche di tangenti e corruzione. Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli siciliana, utilizzando tra i primi lo strumento della confisca dei beni ai mafiosi. Il 9 maggio 2021, nella cattedrale di San Gerlando ad Agrigento, è stato proclamato beato. La beatificazione avvenne nell’ anniversario della visita di San Giovanni Paolo II ad Agrigento del 1993.
“Il giudice Livatino – commenta il Presidente del Consiglio comunale – ha caratterizzato la sua professione con un approccio umanistico. Non solo fatti e prove, ma la profonda convinzione che per giudicare è necessario prima di tutto capire. Comprendere il lato umano delle situazioni. Vittime o imputati che fossero. L’importante è tentare di restituire dignità e giustizia alle vittime e la necessità che la giustizia non sia soltanto punitiva ma anche riformativa. La sua storia però è anche un richiamo a non dimenticare l’importanza dei valori spirituali e morali. L’interiorizzazione dei principi cristiani, lo hanno portato a praticare la misericordia e la compassione, a vedere la dignità di ogni persona, a considerare l’importanza del perdono, consapevole che la giustizia deve sempre passare attraverso il rispetto e la riconciliazione. Nel mio mondo nella tradizione politica nella quale sono cresciuto tutto ciò si chiama connessione sentimentale”.
“Usiamo parole diverse, per dire fondamentalmente ciò che è scritto in maniera sublime nell’articolo tre della costituzione. È compito della Repubblica – prosegue Rossini – rimuovere gli ostacoli che rendono impossibile il pieno sviluppo della persona umana. In questo la giustizia ha un ruolo unico. Concludo dicendo che le inchieste del giudice Livatino rappresentano un capitolo fondamentale nella lotta contro la mafia certamente ma che più nel profondo testimoniano l’importanza di un approccio che unisce rigore investigativo e sensibilità umana, nella sua figura si riflette un modello di magistrato che riconosce la centralità dell’umanità nelle sue decisioni, un’essenza che credo, continua a ispirare e a guidare le azioni di chi oggi è impegnato nella difesa della legalità”.
“Però non solo questo, credo che la sua eredità sia utile anche a chi non ha fatto della giustizia la sua professione, almeno in un punto centrale. Giudicare è normale, persino giusto, a tratti inevitabile. La nostra mente è giudicante, certo, la maturità sta nel decidere se esprimere quel giudizio o non farlo, l’importante però, e l’insegnamento è tutto qui, è rimanere aperti, oltre al giudizio legittimo che si da delle persone, delle situazioni e delle esperienze. E’ una sfida difficile, ma avvincente. E soprattutto Giusta”, conclude il Presidente del Consiglio comunale di Cesena Rossini.