(Sesto Potere) – Bologna – 12 dicembre 2024 – Sotto la superficie di Io, il terzo satellite di Giove per grandezza, non c’è un oceano di magma liquido come si era pensato fino ad oggi, ma un mantello quasi solido. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Nature realizzato anche grazie al lavoro di diversi ricercatori dell’Università di Bologna in stretta collaborazione con ricercatori del Jet Propulsion Laboratory della NASA e altri istituti coinvolti nella missione Juno.
L’analisi su Io si basa sia sui dati storici della missione Galileo che su quelli emersi da due recenti sorvoli ravvicinati della missione Juno, insieme a una serie di osservazioni astrometriche.
“I due sorvoli ravvicinati di Io sono stati progettati come parte della missione estesa di Juno proprio per determinare se su questo satellite esistesse effettivamente un oceano globale di magma”, spiega Marco Zannoni, professore al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna. “I risultati ottenuti mostrano che non è così: una scoperta che non solo rivoluziona la comprensione della struttura interna di Io, ma offre anche nuovi spunti per interpretare l’evoluzione geologica di questi tipi di corpi celesti”.
Simile alla nostra Luna per dimensioni e massa, Io è un satellite unico nel sistema di Giove grazie alla sua intensa attività vulcanica, che lo rende l’oggetto geologicamente più attivo del sistema solare. Questo fenomeno è alimentato dall’enorme attrazione gravitazionale di Giove lungo l’orbita eccentrica di Io.
Per decenni si è creduto che l’influsso di Giove fosse sufficiente a “sciogliere” l’interno di Io, creando così un oceano di magma sotto la sua superficie. Una teoria, questa, che trovava riscontro anche nelle osservazioni realizzate della missione Galileo, la sonda della NASA che tra il 1995 e il 2003 ha esplorato il sistema di Giove. Basandosi su misure di induzione magnetica, i dati raccolti da Galileo avevano infatti suggerito la presenza di un oceano di magma su Io.
A ribaltare questo scenario sono però ora le nuove osservazioni realizzate da Juno, la sonda della NASA che ha sostituito Galileo e che dal 2016 sta esplorando Giove e le sue lune. Juno ha sorvolato per due volte Io a circa 1.500 chilometri di altitudine, raccogliendo dati con una precisione di un ordine di grandezza superiore rispetto a quelli della missione Galileo. I dati raccolti indicano che l’ipotizzato oceano di magma globale non esiste. Al contrario, le nuove stime sono coerenti con la presenza di un mantello quasi solido sotto la superficie di Io.
“Dopo quasi 20 anni dalla fine della missione Galileo, senza ulteriori dati in situ, la sonda Juno ha fornito gli ultimi elementi necessari per confermare questo risultato”, dice Luis Gomez Casajus, ricercatore al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Bologna. “Non possiamo ancora escludere completamente la presenza di un oceano di magma, che sarebbe però a questo punto a una profondità di circa 500 chilometri, molto più simile al cosiddetto oceano di magma basale ipotizzato per la Terra, piuttosto che a un oceano di magma superficiale”.
Lo studio è stato pubblicato su Nature con il titolo “Io’s tidal response precludes a shallow magma ocean”. Per l’Università di Bologna hanno partecipato Luis Gomez Casajus, Marco Zannoni, Andrea Magnanini e Paolo Tortora del Laboratorio di Radio Scienza ed Esplorazione Planetaria. Le attività di ricerca, finanziate dall’Agenzia Spaziale Italiana, sono state realizzate presso il Tecnopolo di Forlì, dove operano il CIRI Aerospaziale e il Dipartimento di Ingegneria Industriale.