mercoledì, Novembre 19, 2025
HomeBolognaQuando a scrivere è anche l’IA: la nuova normalità delle università italiane....

Quando a scrivere è anche l’IA: la nuova normalità delle università italiane. Studio NoPlagio.it condotto su 200.000 documenti provenienti dai repository di 50 atenei

(Sesto Potere) – Bologna, 19 novembre 2025. L’intelligenza artificiale entra stabilmente nella scrittura accademica, ma resta un assistente al servizio dell’autore. È quanto emerge da una nuova ricerca condotta da NoPlagio.it, la piattaforma internazionale di prevenzione del plagio e rilevamento dei testi generati con l’IA. 

La ricerca è stata condotta su più di 200.000 documenti accademici (tra tesi, paper, etc.) provenienti dai repository (in informatica: è l’ambiente di un sistema informativo, in cui vengono gestiti i metadati) italiani di 50 università italiane e mostra come l’IA sia ormai parte integrante del processo di scrittura universitaria e scientifica, pur mantenendo il suo ruolo di supporto e non di sostituzione dell’autore umano.

Le “tracce” di IA sono oggi visibili in quasi la metà delle pubblicazioni, ma nella maggior parte dei casi si tratta di un aiuto limitato alla revisione, alla correzione o al miglioramento linguistico. Anche se cresce il numero dei testi che includono passaggi più ampi generati artificialmente, la scrittura rimane un atto umano guidato da competenza, pensiero critico e creatività.

Il biennio 2024–2025 segna un punto di svolta, con un’impennata nell’uso dell’IA che da fenomeno sperimentale è diventata una pratica diffusa e accettata nella produzione accademica.

Metà dei documenti parla con la voce dell’IA 

Nel 2025 (primo semestre), quasi un documento su due contiene almeno un passaggio chiaramente generato dall’intelligenza artificiale. Oggi, i segmenti prodotti dall’IA fanno parte della scrittura universitaria quotidiana, segno di una rapida adozione degli assistenti digitali da parte del mondo accademico.

2024–2025: l’anno della svolta

Per anni, le tracce dell’IA sono cresciute lentamente. Poi, tra il 2024 e il 2025, la crescita è esplosa: la percentuale media di frasi consecutive generate dall’IA è passata da meno dello 0,1% nel 2015 a oltre l’11% nel 2025; i segmenti estesi (25 frasi consecutive) hanno raggiunto quasi un documento su cinque.
È il punto di svolta in cui l’IA è passata da un aiuto marginale a una pratica ormai consolidata.

Il commento

“Stiamo assistendo a un vero e proprio cambiamento culturale – sottolinea Nazim Tchagapsov, (nella foto a lato), CEO di NoPlagio –. Ciò che fino a poco tempo fa era una novità sta diventando la norma. L’intelligenza artificiale non sostituisce l’autore, ma lo affianca, contribuendo a rendere la scrittura più accessibile, veloce e precisa. La scrittura accademica entra così nell’era della collaborazione uomo–IA, dove la tecnologia diventa un alleato del pensiero critico e della produzione di conoscenza.”

Dai correttori automatici ai co-autori digitali

La ricerca mostra che molti studenti e ricercatori usano l’IA in modo limitato – per suggerimenti testuali, correzioni grammaticali o traduzioni – ma quasi il 20% dei lavori accademici contiene oggi lunghi passaggi generatiinteramente dall’IA, l’equivalente di avere un co-autore digitale.

Pratiche accademiche in Italia

Dall’analisi emerge un quadro articolato e disomogeneo nell’uso dell’intelligenza artificiale all’interno del mondo universitario. 
Il confronto tra le grandi università tradizionali e quelle online e più piccole mostra che l’uso dell’intelligenza artificiale cambia molto da un contesto all’altro.
Nelle prime, l’IA è ancora usata con cautela, mentre nelle seconde risulta più diffusa e integrata nei processi di scrittura e produzione dei testi.
Queste differenze dipendono da fattori come le discipline di studio, le politiche interne e le abitudini di studenti e ricercatori nell’utilizzo degli strumenti generativi. 

Una nuova normalità per la scrittura accademica

I risultati indicano che l’IA non sta sostituendo gli autori umani, ma sta diventando un partner riconosciuto nel processo di scrittura.
Così come decenni fa i correttori ortografici e i dizionari online sono diventati strumenti comuni, oggi l’intelligenza artificiale sta ridefinendo silenziosamente il modo in cui la conoscenza viene prodotta e condivisa. Anche molte riviste scientifiche stanno riconoscendo e accettando ufficialmente tali strumenti come supporti legittimi, non come alterazioni dell’originalità dei testi.
Questa evoluzione nella percezione accademica suggerisce che una parte del segnale di IA rilevato nel dataset, possa in realtà riflettere pratiche comuni e legittime di scrittura accademica, piuttosto che un uso improprio o occulto di strumenti generativi.

Nota metodologica
Lo studio si basa su un dataset di oltre 200.000 documenti provenienti da repository istituzionali italiani, ciascuno descritto da 11 variabili, tra cui lingua, anno di pubblicazione, lunghezza del documento e indicatori di coinvolgimento dell’intelligenza artificiale.Il contenuto generato dall’IA è stato quantificato attraverso tre misure complementari: percentuale di frasi generate dall’IA per ciascun documento, percentuale di documenti contenenti almeno 5 frasi consecutive generate dall’IA, e percentuale di documenti contenenti almeno 25 frasi consecutive generate dall’IA. L’elaborazione dei dati e l’analisi statistica sono state condotte utilizzando statistiche descrittive, proposte di regressione logistica e analisi di correlazione (Pearson, Spearman, Kendall, Mutual Information).
Lo studio ha inoltre previsto una armonizzazione dei codici linguistici per risolvere eventuali incoerenze tra i repository, garantendo così replicabilità e confrontabilità dei risultati.

Chi è Noplagio
È la piattaforma internazionale di Lingua Intellengens azienda IT lituana. Noplagio.it si rivolge prevalentemente agli studenti e università e serve per verificare il plagio di testi e la percentuale di uso dell’IA negli scritti. È presente in 140 Paesi con il naming adattato alla lingua di riferimento. Ha più di 6 milioni di utenti in tutto il mondo, di cui il 10% sono italiani.