(Sesto Potere) – Forlì/Bologna – 23 luglio 2025 – La spesa pubblica italiana in Ricerca e Sviluppo è tra le più basse fra le grandi economie, attestandosi allo 0,5% del PIL con un divario significativo rispetto a Paesi come Germania, Francia e Danimarca, dove questa spesa supera il 2%.
Non solo, in Italia su circa 125.000 ricercatori, oltre 74.000 sono precari, il che significa impoverire il lavoro di queste competenze preziose e il loro contributo di innovazione al sistema sociale e delle imprese.
Con un Ordine del giorno in approvazione insieme al Documento di programmazione finanziaria 2026-2028, a prima firma delle Consigliere PD Valentina Ancarani (nella foto) e Maria Costi e Simona Larghetti di AVS, la maggioranza in Regione affronta il tema, impegnando la Giunta a prendere tutte le iniziative utili sia a irrobustire gli investimenti in ricerca che servono in particolare alle PMI, sia a fermare il trend di precarizzazione dei ricercatori, a cominciare da quelli universitari.
“Si tratta di un problema molto sentito in Emilia-Romagna che è seconda regione per tasso di innovazione pubblica, ma dove, proprio per questo, – sottolineano Ancarani e Costi – sulle piccole e medie imprese pesa la discontinuità dei fondi europei per la ricerca, così come la scarsità dei fondi nazionali dedicati e l’esaurimento delle misure strutturali di reclutamento e valorizzazione delle competenze legate al PNRR.”
Da qui la richiesta, nero su bianco con l’Ordine del giorno, di sollecitare Ministeri e Conferenza Stato-Regioni a garantire la continuità degli investimenti in ricerca e innovazione anche nei periodi di transizione tra cicli di programmazione europea, attraverso misure ponte e stanziamenti ordinari che sostengano la competitività delle nostre aziende.
Oltre al rafforzamento del sistema nazionale della ricerca e al suo trasferimento al sistema delle imprese, si chiede alla Regione di attivarsi per un piano nazionale di reclutamento stabile e pluriennale di ricercatori e ricercatrici, dando una risposta concreta al fenomeno del precariato cronico e al rischio di dispersione di capitale umano già formato con risorse pubbliche.
“Non possiamo lamentarci della fuga di cervelli se non offriamo loro prospettive di stabilizzazione – aggiungono le Consigliere, che ricordano le mobilitazioni degli 85 ricercatori in scadenza all’Università di Modena e Reggio Emilia, senza coperture al pari dei colleghi all’Università di Bologna e a livello nazionale, ove la situazione coinvolge circa 30.000 competenze con un’età media di 37 anni. “Va scongiurato il blocco del turn over nel settore universitario e della ricerca favorendo al contrario una programmazione di lungo termine delle assunzioni nei diversi atenei. Il cospicuo lavoro che la Regione sta già facendo in collaborazione con le Università, per attrarre i talenti, può contribuire al rilancio della ricerca qui e in tutta Italia”: concludono.