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Pomodoro, l’Italia supera la Cina come 2° produttore mondiale. Campagna 2025 con 5,8 mln di tonnellate di prodotto trasformato

(Sesto Potere) – Bologna – 25 ottobre 2025  La campagna di trasformazione del pomodoro 2025 in Italia, a fronte di 78.695 ettari messi a coltura, si è chiusa con una produzione di 5,8 milioni di tonnellate, in leggero aumento rispetto al 2024, ma comunque inferiore (-10% circa) a quanto era stato programmato.  

L’Italia ritorna ad essere il secondo Paese trasformatore di pomodoro a livello mondiale dopo gli Stati Uniti e prima della Cina che, dopo l’exploit degli scorsi anni, ha ridotto drasticamente le produzioni alla luce delle difficoltà legate principalmente al mantenimento delle quote di mercato estero.

Andando ad analizzare nel dettaglio, al Centro Sud sono state trasformate 2,71 milioni di tonnellate di pomodoro (-5,3% rispetto al 2024) mentre nel bacino Nord il trasformato finale è stato di 3,12 milioni di tonnellate (+27,6% rispetto allo scorso anno).

L’Emilia-Romagna è una regione leader in Italia per la produzione di pomodoro da industria, con la provincia di Piacenza che da sola coltiva quasi 10.000 ettari, rendendola la seconda provincia italiana per estensione in questa coltura. L’Emilia-Romagna è uno dei principali centri del “distretto del pomodoro” italiano, specialmente per la produzione di pomodoro da industria. Questo distretto, noto anche come “Distretto del Nord Italia”, include aree di province come Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Ferrara, dove si concentra una parte significativa della produzione nazionale. 

L’industria ha dovuto fare i conti con un incremento sostanziale dei prezzi del pomodoro rispetto a quanto preventivato, sia nel bacino Nord – dove l’elevato grado Brix  ha determinato un indice di pagamento positivo, provocando un incremento del prezzo della materia prima rispetto al contrattato  –  che in quello Centro Sud, dove, a causa delle difficoltà di approvvigionamento idrico, in particolare nell’areale foggiano, e di comportamenti distorsivi in fase di approvvigionamento della materia prima, il pomodoro ha registrato incrementi fino al 40% rispetto al prezzo medio programmato.

La campagna è stata, inoltre, caratterizzata da un peggioramento delle rese agricole che hanno registrato la performance più negativa degli ultimi cinque anni. Per il pomodoro pelato intero, prodotto caratteristico del Made in Italy, il calo delle rese agricole, associato a quello delle rese industriali, ha portato ad una riduzione della produzione di oltre il 20%.

“Quella appena conclusa è stata una campagna particolarmente lunga e complessa. – dichiara Marco Serafini, Presidente di ANICAV (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali) – Lo sfasamento dei tempi di maturazione della materia prima ha comportato un allungamento dei periodi di trasformazione. Le aziende, in particolare al Centro Sud, non sono mai riuscite a lavorare a pieno regime con una perdita importante delle economie di scala. Inoltre gli incrementi del prezzo pagato per il pomodoro, che rimane il più alto al mondo, hanno creato situazioni distorsive del mercato rischiando seriamente di mettere in crisi il comparto. Sarà, quindi, prioritario cominciare a lavorare per un riequilibrio del valore lungo tutta la filiera, garantendo una giusta remunerazione ad Agricoltura, Industria e GDO, investendo in Innovazione e Ricerca per migliorare le rese agricole e industriali, aumentare la produttività, ridurre i costi di produzione, ottimizzare i consumi idrici ed energetici e rendere più efficienti le operazioni di raccolta, soprattutto nel bacino pugliese.”

“Il comparto è messo a dura prova dalle situazioni spesso non semplici dei mercati di sbocco e delle politiche daziarie statunitensi. – dichiara Giovanni De Angelis, Direttore Generale di ANICAV – Resta prioritario un recupero del dialogo di filiera tra parte agricola e parte industriale. L’Interprofessione rimane uno strumento utile e fondamentale ma, in particolare nel Bacino Centro Sud, stenta a decollare per la difficoltà di dialogo tra le parti, per cui è necessaria una ridefinizione del perimetro di competenza e del modello operativo alla base delle relazioni interprofessionali dove gli accordi quadro restano l’elemento indispensabile e centrale. Abbiamo chiesto al Masaf di creare una cornice istituzionale entro cui muoversi per potersi dare regole chiare e cogenti. In assenza di un perimetro di regole ben definito, infatti, sarà molto difficile immaginare di poter trovare un accordo per la prossima campagna di trasformazione.”