(Sesto Potere) – Milano, 21 novembre 2025 – In Italia l’attenzione sul tema della violenza contro le donne è in costante crescita, ma permangono ancora zone d’ombra su come e dove chiedere sostegno. Nonostante l’esistenza di strumenti e luoghi dedicati – come il numero verde nazionale antiviolenza e stalking 1522 e i Centri antiviolenza (CAV) – il livello di informazione su questi servizi risultano ancora parziali.
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Ogilvy – storica agenzia internazionale -presenta i risultati di una ricerca di ascolto condotta dalle proprie divisioni Data & Analytics e Strategy.
L’indagine ha coinvolto voci femminili da tutto il territorio nazionale, includendo figure chiave di diversi Centri Antiviolenza, con l’obiettivo di restituire non solo una fotografia aggiornata delle percezioni, dei bisogni e delle barriere informative sui percorsi di consapevolezza, aiuto e protezione dalla violenza (1), ma anche riflessioni strategiche di comunicazione.
Sul fronte dell’informazione, i segnali restano contrastanti. Da un lato, si registrano progressi importanti: tra il 2023 e il 2024, infatti, le segnalazioni al 1522 sono aumentate del 26%, così come la conoscenza del servizio (+52%) (2).
Risultati incoraggianti ottenuti anche da una maggiore presenza di campagne di comunicazione mirate e dall’attenzione ai casi di cronaca. Dall’altro lato, tuttavia, persistono profonde lacune informative: il 65% del campione non sa cosa sia il 1522, e tra le donne, quasi la metà (45%) ne è ignara.
Come contattare il numero e in quali situazioni?
È necessaria una riflessione profonda sui risultati emersi: anche se il 70% delle persone è in grado di individuare almeno una situazione corretta in cui utilizzarlo – come subire violenza fisica o psicologica, trovarsi in pericolo o essere vittima di violenza domestica – questo utilizzo resta circoscritto a contesti emergenziali. Il 53% delle donne, infatti, percepisce il 1522 come un numero da chiamare solo in casi estremi e non come uno spazio di ascolto, prevenzione e orientamento in grado di fornire un percorso di aiuto completo.
A conferma di ciò, i dati dimostrano come anche la conoscenza dei Centri antiviolenza risulti frammentaria: il 67% delle donne dichiara di avere informazioni insufficienti sul loro funzionamento e sui servizi offerti, e sebbene 6 persone su 10 sappiano che i CAV garantiscono ascolto e consulenza gratuita, pochi sanno concretamente come, quando e in quali situazioni rivolgersi a loro.
Solo il 39% del campione riconosce che i Centri si occupano anche di violenza psicologica, economica o digitale, la maggioranza continua a pensare che servano solo a chi subisce violenza fisica.
Questi dati raccontano un’informazione parziale o superficiale sui servizi offerti dal 1522 e dai Centri antiviolenza. Eppure, il sistema a supporto delle donne per la fuoriuscita dalla violenza è molto di più: si tratta di una rete di professioniste pronte ad accogliere ogni storia, costruendo percorsi personalizzati di libertà e autodeterminazione.
Come spiegano dal CAV Casa Pandora Margherita Ferro di Genova: “Il centro antiviolenza è uno spazio di libertà e di pensiero, uno spazio per prendersi tempo per riflettere”.
Una libertà che nasce dal rispetto dei tempi e delle scelte di ciascuna. “Sarebbe controproducente prendere il controllo delle decisioni di una donna che fino a quel momento è stata controllata” racconta un’operatrice del Telefono Rosa. “Non è un impegno irreversibile: puoi venire, parlare e poi decidere tu. Nessuno sceglie al posto tuo”. In questa prospettiva, il Centro antiviolenza non è un luogo di obblighi, ma uno spazio di riflessione e rinascita come ribadito nel dialogo con il Telefono Rosa.
Fondamentale, in ogni percorso, è la consapevolezza. Molte donne non si percepiscono come vittime di violenza, soprattutto in assenza di segni fisici. Per questo “bisognerebbe mettere in luce tutte le forme di violenza e anche la possibilità di parlare con qualcuno anche solo in caso di dubbio”, sottolinea una fonte del CADMI – Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate. Inoltre, spesso la violenza viene minimizzata, tanto che le donne possono arrivare a chiedere, quando si rivolgono a noi: “non so se sto chiamando il posto giusto. Non so se quello che vivo è abbastanza grave da essere considerato violenza”.
La ricerca di Ogilvy vuole mettere in luce proprio questo cortocircuito tra ciò che si conosce sul 1522, i CAV e i servizi offerti alle donne in difficoltà e il loro effettivo utilizzo. In questo scenario, risulta fondamentale continuare a promuovere un’informazione corretta sul tema e sui mezzi di supporto disponibili, affinché non vengano attivati solo in situazioni emergenziali ma sostengano un percorso graduale di consapevolezza, protezione e rinascita dalla violenza, nel rispetto dei tempi e delle scelte di ciascuna donna.
La loro efficacia, infatti, non dipende solo dalla visibilità, ma anche dalla capacità di tradurre l’informazione in fiducia e la fiducia in accesso reale ai percorsi di libertà.
Ed è per questo che Ogilvy, da sempre impegnata nella lotta contro ogni forma di discriminazione e violenza, promuove iniziative volte a sensibilizzare il pubblico su temi di grande rilevanza e a valorizzare il ruolo fondamentale della comunicazione nel diffondere consapevolezza e stimolare il cambiamento.
(1) La ricerca è stata condotta combinando i risultati delle interviste a 20 figure chiave – tra cui operatrici, psicologhe e responsabili della comunicazione – rappresentanti 10 CAV su tutto il territorio nazionale e del sondaggio su un campione di 225 rispondenti nel periodo dal 13 ottobre al 9 novembre 2025 con il metodo CAWI.
(2) Dati Istat 2025.

