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Lavoro minorile e infortuni. Bevilacqua (Ugl): “Problema anche in Emilia-Romagna. Necessarie misure urgenti”

(Sesto Potere) – Bologna – 15 giugno 2024 – Si stima che in Italia i minorenni di età tra i 7 e i 15 anni che abbiano avuto esperienze di lavoro, continuative, saltuarie o occasionali siano almeno 336 mila. Ovvero, quasi 1 minore su 15 effettua un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita (16 anni)  con i contratti di apprendistato.

Se si conteggiano i minorenni che non necessariamente abbiano frequentato la scuola per 10 anni e/o completato un corso di formazione per ottenere una qualifica professionale si arriva alla cifra di 500mila ragazzi, da Nord a Sud.

“L’Emilia-Romagna figura stabilmente da anni tra le prime tre regioni d’Italia che vendono impiegati i minorenni. Circa 6.750 ragazzi entro i 17 anni, 30mila se  conteggiamo i giovani fino a 19 anni. E il dato diventa preoccupante quando leggiamo le statistiche che attengono alle denunce di infortunio sul lavoro. Le regioni con le percentuali più elevate di denunce totali di infortunio nel quinquennio 2017-2021 dei lavoratori sotto i 19 anni sono: Lombardia (76.942) ed Emilia Romagna (40.000). Se a queste aggiungiamo anche Veneto e Piemonte si arriva a più del 50% delle denunce di infortunio di tutta Italia. Il dato più recente (il periodo 2018-2022) vede sempre l’ Emilia-Romagna al secondo posto assoluto dopo la Lombardia. Cifre non di parte ma di fonte istituzionale: l’ Unicef Italia che nell’ultimo biennio ha presentato due rapporti statistici sul lavoro minorile in Italia”: lo afferma e chiarisce il fenomeno Tullia Bevilacqua, (nella foto), segretario regionale di Ugl Emilia-Romagna.

“E c’è un altro fenomeno da non sottovalutare: si assiste ad un aumento progressivo dei lavoratori minorenni irregolari . Fenomeno che richiede sempre più una riflessione che riguarda sia l’aumento concreto dei rischi a cui gli stessi minorenni sono esposti durante le attività lavorative, sia la necessità di ricorrere a rimedi che riguardano all’implementazione dei controlli e della vigilanza attiva da un lato, e un’intensificazione dei programmi di formazione professionale dei giovani per sottrarli allo sfruttamento ed al caporalato, dall’altro”: aggiunge Tullia Bevilacqua.

“Il campanello d’allarme deve suonare nella verifica degli abbandoni scolastici. In Emilia-Romagna il 9% dei residenti tra 18 e 24 anni ha lasciato la scuola prima del tempo. L’incidenza è elevata nei ragazzi di famiglie straniere a minor reddito. E del resto i dati ci mostrano che proprio il contesto socio-familiare ed economico è tra i fattori più rilevanti nella dispersione scolastica. Da questo punto di vista l’Emilia-Romagna e il Nord in generale dove il territorio riesce a supplire al disagio della famiglia, con offerte culturali e maggiori capacità di integrazione nel tessuto relazionale e sociale, ci sono più anticorpi rispetto al Sud affinché i ragazzi crescano senza disperdersi scolasticamente”: aggiunge ancora il segretario regionale di Ugl Emilia-Romagna Tullia Bevilacqua.

“Banale dirlo ma è la verità: l’abbandono scolastico priva i bambini che sono costretti a lavorare del loro diritto all’istruzione, ipotecando le loro opportunità di ottenere un impiego più dignitoso durante l’età adulta. La questione, dunque, è particolarmente complessa e articolata, perché attiene a mondi che si intersecano: scuola, formazione, lavoro, famiglia e società”: precisa il leader sindacale.

Che fare, allora?

“I minorenni possono fare poco per risolvere il problema, è responsabilità dei governi e delle istituzioni denunciare e insistere affinché si adottino provvedimenti per porre fine a tutto ciò. In generale, il lavoro minorile in Italia rimane sottotraccia a causa della mancanza di rilevazioni statistiche e di dati amministrativi. I dati analitici sono il punto di partenza e lo strumento indispensabile per monitorare il fenomeno e per attuare interventi mirati e basati sui bisogni e le caratteristiche individuali dei minori e sulle specificità dei diversi comparti economici dove le irregolarità sono più diffuse. Parlarne, dunque è necessario. E nell’analisi del fenomeno per individuare le soluzioni l’Ugl è pronta a fare la sua parte”: conclude Tullia Bevilacqua.