(Sesto Potere) – Reggio Emilia – 23 settembre 2024 – “Anche in molti contesti aziendali del nostro territorio, purtroppo, persiste una prassi discriminatoria che danneggia profondamente il mondo del lavoro e, in particolare, le donne. Durante i colloqui di lavoro, alcune aziende hanno chiesto e chiedono ancora alle candidate informazioni sulla loro intenzione di avere figli o, peggio, insinuano che la maternità sia incompatibile con una carriera di successo. A questa discriminazione si aggiunge un’ulteriore penalizzazione per le donne: sono aumentate le dimissioni volontarie delle mamme/lavoratrici che hanno figli in età 0-3 anni. La motivazione principale dell’abbandono del lavoro è la difficoltà a conciliarlo con la cura del bambino. Le donne che hanno presentato dimissioni hanno attribuito questa scelta alla mancanza di servizi di assistenza per l’infanzia, ma anche alle problematiche legate all’organizzazione del lavoro in azienda rispetto alle esigenze familiari”: lo afferma in una nota il segretario provinciale dell’Ugl di Reggio Emilia Angela Labate (nella foto).
Il sindacato evidenzia questa difficoltà, che sempre più spesso sfocia in discriminazione ai danni delle donne, come un fattore che va contro i principi fondamentali di equità e di tutela dei diritti umani.
“Riteniamo profondamente sbagliato chiedere a una donna di non fare figli per ottenere o mantenere un impiego. Si tratta di una forma di discriminazione di genere che impedisce una vera parità tra i sessi e contrasta, non soltanto con la Costituzione italiana che garantisce l’uguaglianza tra uomini e donne, ma anche con il Codice delle pari opportunità che vieta esplicitamente la discriminazione basata su maternità o potenziale gravidanza”: ricorda il segretario provinciale dell’Ugl di Reggio Emilia Angela Labate.
“E terrei a sottolineare che questa discriminazione di genere produce un impatto negativo sulla produttività aziendale. Studi dimostrano che un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso delle esigenze familiari promuove la produttività e il benessere dei dipendenti. Le politiche aziendali che offrono flessibilità e sostegno ai genitori portano a una maggiore fidelizzazione del personale e a una riduzione dei costi legati al turnover”: aggiunge ancora Angela Labate.
“Non solo, dobbiamo ricordare anche che le aziende che continuano a selezionare il personale su esclusive e discriminatorie rischiano non solo ripercussioni legali, ma anche un danno alla loro reputazione. In un’epoca in cui la responsabilità sociale d’impresa è sempre più rilevante, le aziende devono essere consapevoli del fatto che i consumatori e i talenti sono attratti da organizzazioni che rispettano i diritti dei lavoratori e promuovono l’uguaglianza”: ricorda il segretario provinciale dell’Ugl di Reggio Emilia.
Cosa dovrebbe fare, dunque, un’azienda?
“Le aziende hanno la responsabilità di creare un ambiente lavorativo inclusivo e rispettoso, dove le donne non siano costrette a scegliere tra la loro carriera e la vita familiare. E dovrebbero seguire alcune buone pratiche. Come per esempio: garantire politiche di supporto alla maternità e paternità; educare i recruiter e i manager per prevenire domande inopportune o illegali durante i colloqui di lavoro, e promuovere la parità di genere; adottare soluzioni di lavoro flessibili, come il telelavoro o orari ridotti, che permettano ai dipendenti di conciliare meglio lavoro e famiglia; e infine misurare la performance aziendale, e non il tempo di lavoro. Ovvero: valutare i dipendenti in base ai risultati raggiunti piuttosto che alla presenza fisica, per favorire una cultura aziendale basata sulla meritocrazia. Solo in questo modo sarà possibile costruire ambienti di lavoro davvero inclusivi e innovativi, capaci di valorizzare il talento in tutte le sue forme”: conclude il segretario provinciale dell’Ugl di Reggio Emilia Angela Labate.