(Sesto potere) – Roima – 22 maggio 2024 – Nel corso della vita quasi 6 milioni di persone con 18 anni e più è stato coinvolto in una causa presso gli uffici giudiziari civili: il 13,3% degli uomini e il 10,7% delle donne. Si tratta soprattutto di cause in ambito familiare, principalmente per separazioni e divorzi, e di cause per lavoro.
Il 54,2% delle persone di 18 anni e più che sono parte in una causa civile, o lo sono state in passato, si ritiene molto o abbastanza soddisfatto del sistema giudiziario.
La soddisfazione prevale tra le donne e le persone con titolo di studio meno elevato.
Solo il 28% dei cittadini coinvolti in una causa civile conosce i costi economici del processo al momento dell’avvio della causa.
Aumenta la conoscenza degli strumenti di risoluzione extragiudiziale delle controversie ed il ricorso ad esse.
Il 12% è la percentuale di persone di 18 anni e più che sono state coinvolte in cause civili. Mentre per gli abitanti di Emilia-Romagna e
Liguria è il 14,2%.
2,1% è la quota di cittadini che ha rinunciato ad intraprendere una causa civile (circa 900mila), il 21,5% per i costi eccessivi.
7,1% è la percentuale di persone che hanno usato le cosiddette “Misure alternative di risoluzione delle controversie”, 8,5% degli uomini e 5,8% delle donne.
Questo e altro rileva oggi l’Istat nel Report ‘Cittadini e giustizia anno 2023’.
Più cause per gli uomini che per le donne
Nel 2023 il 12% della popolazione residente di 18 anni e più (più di 5 milioni e 900mila persone) dichiara di essere stata coinvolta almeno una volta nel corso della sua vita in un contenzioso civile, un dato non molto diverso da quello rilevato nel 2015, quando tale proporzione si attestava intorno all’11% e a quello rilevato nel 2013 (10%).
Questa esperienza ha riguardato, come attore o convenuto, più spesso gli uomini (13,3%) delle donne (10,7%). La fascia di età più coinvolta è quella tra 55-64 anni (18,3%). Hanno fatto ricorso al giudice civile più frequentemente i laureati (14,7%) e in generale il ricorso alla giustizia civile aumenta all’aumentare del titolo di studio.
A livello territoriale i contenziosi in ambito civile sono più frequenti nel Centro (13,2%), nel Nord-est (13,1%) e nel Nord-ovest (12,9%), rispetto al Sud (9,9%) e alle Isole (9,7%). Tra le regioni emergono la Liguria e l’Emilia Romagna (entrambe con valori pari al 14,2%), seguite da Lazio (13,8%) e Abruzzo (12,4%).
Valori minimi si riscontrano in Sicilia (9,1%) e in Basilicata (6,7%). Le persone che sono state coinvolte in cause civili sono in percentuali maggiori nei grandi comuni “centro dell’area metropolitana” (15,9%) rispetto ai piccoli centri fino a 2 mila abitanti (11,3%) e a quelli fino a 10 mila abitanti (10,6%).
Alla base dei contenziosi soprattutto questioni legate alla famiglia
I cittadini sono coinvolti, sia come attori sia come convenuti, soprattutto in contenziosi che riguardano la famiglia. Le persone che hanno affrontato nel corso della vita questa tipologia di causa sono 3,5 milioni (il 7,1% della popolazione con più di 18 anni), corrispondente al 41,5% dei cittadini coinvolti in cause civili.
Poco più di un milione sono coloro che dichiarano di essere stati coinvolti in una causa in materia di “lavoro” (2,1% della popolazione e 12,0% delle persone coinvolte in cause civili). A seguire, in ordinedecrescente, si registrano le cause legate a “incidenti stradali e codice della strada”, che hanno coinvolto 776mila cittadini (pari all’1,6% della popolazione); i contenziosi legati a “debiti, problemi finanziari e societari” che hanno coinvolto 598mila cittadini (l’1,2% della popolazione); 380mila cittadini con più di 18 anni dichiarano poi di aver avuto un “contenzioso legato al vicinato e al condominio” (lo 0,8% della popolazione adulta).
Le cause per motivi di lavoro che interessano gli uomini sono quasi il doppio rispetto a quelle in cui sono coinvolte le donne (2,7% uomini; 1,5% donne); anche i contrasti cliente/fornitore vedono in proporzione impegnati gli uomini in misura maggiore: quattro volte rispetto alle donne (1,2% contro 0,3%); tre volte nel caso di “contenziosi legati a debiti, problemi finanziari e societari” (1,9 contro 0,6%), e “contenziosi con la Pubblica Amministrazione” (1,2% e 0,4%); il doppio per i “contenziosi in materia di previdenza e assistenza” e di “contenziosi legati a “incidenti stradali, contravvenzioni al Codice della strada” (rispettivamente 2,0% e 2,2% gli uomini e 1,2% e 1,0% le donne). Non emergono differenze di genere per le altre materie.
Più di cinque cittadini su 10 “molto o abbastanza soddisfatti” della giustizia civile
A tutti coloro che hanno o hanno avuto in passato un’esperienza diretta con il sistema della giustizia civile è stato chiesto di esprimere il proprio grado di soddisfazione.
Il 54,2% delle persone di 18 anni e più che sono parte in una causa civile, o lo sono state in passato, si ritiene “molto o abbastanza soddisfatto” del sistema giudiziario (erano il 44,7% nel 2015) contro il 45,8% che è “poco o per niente soddisfatto”.
Una minore soddisfazione si registra tra gli uomini: il 49,6% si dichiara molto o abbastanza soddisfatto contro il 59,6% delle donne; la quota di soddisfatti è maggiore tra gli intervistati con età compresa tra 35 e 44 anni (59,6%) probabilmente perché più informati e in grado di districarsi meglio nel dedalo di norme e regolamenti che disciplinano il rapporto dei cittadini con la giustizia.
Al contrario ad esprimere un giudizio meno positivo sono le classi più estreme: i giovani fra i 18-34 anni soddisfatti nel 49,2% dei casi e gli anziani con 65 anni e più (51,5%).
Il livello di soddisfazione si differenzia molto nelle diverse aree geografiche. I giudizi sono meno critici nel Nord-ovest, dove il 59,7% degli intervistati si dichiara molto o abbastanza soddisfatto, contro il 47,7% degli abitanti delle Isole. Gli abitanti del Sud, del Centro e del Nord-est esprimono una posizione simile e intermedia (“molto o abbastanza soddisfatti” rispettivamente il 52,0%, il 52,5% e il 53,3%).
Il livello di soddisfazione diminuisce all’aumentare del titolo di studio: da quasi sei su 10 “soddisfatti”, (59,7%) dell’esperienza tra coloro che hanno licenza elementare o nessun titolo al 51,2% dei laureati.
Non c’è grande differenza di soddisfazione tra le diverse condizioni professionali con percentuali che si discostano poco dal valore complessivo; si differenziano solo i lavoratori in proprio e gli studenti che manifestano una soddisfazione minore (46,8% e 46,3%) e dall’altro le casalinghe con la maggiore soddisfazione (61,6%).
Molteplici motivi alla base dell’insoddisfazione
Gli intervistati coinvolti in cause civili la cui durata si è protratta nel tempo tendono ad esprimere giudizi più negativi: si dichiara infatti poco o del tutto insoddisfatto solo il 26,1% di coloro che hanno sostenuto una causa conclusasi entro l’anno e il 32,5% nel caso di cause conclusesi l’anno successivo a quello di inizio, contro il 66,9% di chi attende più di cinque anni la conclusione della causa.
Distinguendo coloro che al momento dell’intervista hanno la causa in corso, il malessere è maggiore: esprimono un giudizio negativo “poco o per niente soddisfatto” nel 70,5% dei casi.
L’insoddisfazione per la giustizia civile è trasversale agli uffici giudiziari ma è soprattutto il protrarsi dei procedimenti, conseguenza ovvia del passaggio a gradi successivi di giudizio, che provoca un aumento del malcontento. Solo un cittadino su quattro (il 25%) è scontento dell’ufficio del giudice di Pace che si è occupato in ultima istanza della causa, mentre sono ben tre persone su quattro (75%), quelle che
non hanno apprezzato la propria esperienza con la giustizia civile in Corte d’appello.
Il 28% delle cause civili si chiude entro un anno
Il processo civile può durare a lungo per molteplici ragioni: litigiosità, insufficiente dotazione di risorse e personale negli uffici giudiziari, difficoltà organizzative, complessità dei processi e delle loro diverse fasi, possibile procrastinazione strategica messa in atto dai legali rappresentanti le parti.
Quanto detto giustifica il fatto che solo il 28% degli intervistati dichiara che la controversia si è conclusa nello stesso anno dell’avvio. Il 49,7% delle cause si sono concluse entro due anni; il 33,4% tra i due e i cinque anni successivi all’anno di inizio e il 16,9% delle cause per concludersi ha avuto bisogno di un periodo superiore a cinque anni.
Queste proporzioni sono diverse confrontando le ripartizioni territoriali: il Nord-ovest ha la quota più elevata di cause concluse entro due anni (56,2%) rispetto al Sud o alle Isole per le quali tale proporzione è minore: (rispettivamente 44,4% e 46,3%; media italiana 49,7%).
Questo dato sulla durata dei procedimenti può essere letto anche in relazione a quanti hanno ancora in corso una causa al momento dell’intervista. Ciò riguarda in misura maggiore gli abitanti del Sud e delle Isole (22,6% e 23% del totale delle persone coinvolte complessivamente in cause civili). La lettura congiunta delle due informazioni segnala la maggiore difficoltà degli uffici del Mezzogiorno a concludere le cause.
L’analisi della tempistica dei procedimenti in corso di svolgimento al momento dell’intervista riflette la situazione più recente: il 38% dei procedimenti è iniziato da due anni prima dell’intervista e ben il 35,3% da oltre cinque anni.
Le cause che si concludono più frequentemente entro due anni dall’avvio sono quelle relative a interdizioni/inabilitazioni (68,8% di tali cause), separazioni e divorzi (52,8%), incidenti stradali/contravvenzioni al Codice della strada (48,0%) e rilascio di un immobile e fermo amministrativo di bene mobile (47,3%). Le cause che invece sono risultate durare più a lungo sono quelle relative a eredità e successioni (il 30,5% dura più di sei anni), diritti della persona (18,2%) proprietà su beni mobili e immobili (25,5%). Risultano essere in corso, in misura maggiore, cause relative a rapporti con la Pubblica Amministrazione (39,0%), tributi/cartelle esattoriali (34,6%), previdenza e assistenza (33,5%), tutti procedimenti che sono stati influenzati nel loro iter dalla pandemia Covid.