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Insufficienza cardiaca, il Sant’Orsola studia tecnica innovativa nella terapia e ridurre del 30% i ricoveri

(Sesto Potere) – Bologna – 28 giugno 2024 – Un dispositivo a misura di ambulatorio potrebbe cambiare la vita di milioni di europei, semplificare il lavoro degli ospedali e permettere ai sistemi sanitari del Continente di risparmiare diversi miliardi di euro ogni anno. Come? Puntando sulla personalizzazione del trattamento dell’insufficienza cardiaca grazie ad un algoritmo, basato sull’intelligenza artificiale, capace di integrare i dati clinici con le indicazioni fornite da biomarcatori.

Una strategia innovativa che mira a ridurre di un terzo le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, a tutt’oggi prima causa di ricovero ospedaliero negli adulti: lo scorso anno soltanto in Emilia-Romagna si sono infatti registrate poco meno di 14mila ospedalizzazioni legate a questa condizione, pari al 10% del totale dei ricoveri regionali.

È questa la visione di Biotool-CHF, il progetto di ricerca internazionale multicentrico coordinato dall’Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna – IRCCS Policlinico di Sant’Orsola e finanziato dal bando della Commissione europea Horizon Europe con un contributo di 9,6 milioni di euro da suddividere tra tutti i partner. Grazie al lavoro congiunto di oltre una ventina tra ospedali, università e centri di ricerca sparsi tra Italia, Germania, Francia, Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Slovenia, Spagna, Danimarca, Svizzera e Svezia, infatti, il progetto si propone di migliorare la gestione della congestione associata all’insufficienza cardiaca attraverso una somministrazione più efficiente dei farmaci diuretici.

Nel dettaglio, l’obiettivo (da realizzare nell’arco di cinque anni) è duplice. Da un lato gli esperti intendono identificare uno o più biomarcatori utili a predire la congestione legata all’insufficienza cardiaca, definendo poi con l’aiuto dell’intelligenza artificiale un algoritmo capace di valutare lo stato di salute di un paziente in base alle sue caratteristiche cliniche e demografiche nonché dalla concentrazione ematica di questi stessi indicatori. Dall’altro puntano a realizzare un prototipo diagnostico a misura di ambulatorio per misurare i livelli di questi biomarcatori a partire dai campioni di sangue raccolti con una semplice puntura di polpastrello.

La collaborazione con partner industriali del calibro della multinazionale bolognese IMA aprirà quindi la strada per portare questo strumento a disposizione del pubblico mercato, potenzialmente sulle scrivanie di ogni medico di base, fornendo uno strumento di semplice lettura e di pronto utilizzo per ottimizzare e personalizzare la gestione della terapia. Contribuendo, in questo modo, a migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca e diminuendo il tasso di ospedalizzazione.

Il grande problema dell’insufficienza cardiaca. L’insufficienza cardiaca è una condizione cronica che soltanto in Europa interessa fino a 6,5 milioni di persone. È la principale causa di ospedalizzazione negli adulti e comporta un costo sanitario pari a 17 miliardi di euro all’anno. La mortalità è comparabile o superiore ai valori associati a diversi tumori e raggiunge il 70% dei casi nelle fasi più avanzate della malattia.

I numeri dell’Emilia-Romagna. Secondo le stime più recenti, quasi 67mila emiliano-romagnoli sono affetti da insufficienza cardiaca (16,5 ogni 1.000 abitanti). Il 15% dei pazienti è stato ricoverato una volta nel corso dello scorso anno, mentre il 2,6% almeno due volte. In totale, nel 2023, in regione si sono contati quasi 14mila ricoveri: un numero in costante calo, ma che ora il progetto Biotool-CHF vuole ulteriormente abbassare.

Cos’è l’insufficienza cardiaca. L’insufficienza cardiaca (o scompenso cardiaco) si caratterizza per l’incapacità del cuore di pompare una quantità di sangue adeguata a soddisfare le normali esigenze dell’organismo. Una delle principali conseguenze cliniche di questa condizione è rappresentata dalla congestione, ossia dall’accumulo di fluidi nel compartimento intravascolare e interstiziale dei tessuti. La congestione viene in genere trattata tramite la somministrazione di farmaci diuretici, ma allo stato attuale non esistono test diagnostici in grado di fornire indicazioni utili per calibrare tale trattamento. La mancanza di evidenze e l’assenza di indicazioni sulla gestione della terapia diuretica è confermata dalla persistenza della congestione in almeno la metà dei pazienti dimessi dopo il ricovero per scompenso cardiaco e dall’elevata percentuale di eventi avversi. L’inefficiente impiego della terapia diuretica, in altre parole, porta spesso alla re-ospedalizzazione per recidiva, impattando tanto sulla qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti quanto sui costi sociali e del sistema sanitario.

L’obiettivo di Biotool-CHF. L’ambizione di questo complesso progetto di ricerca è dunque quella di cambiare il paradigma della terapia farmacologica dei sintomi legati alla congestione, sviluppando una nuova strategia per identificare quali pazienti (e quando) necessitano effettivamente dei farmaci e in quali dosi vanno somministrati.

Per raggiungere questo traguardo, sarà necessario in prima battuta individuare i biomarcatori più indicativi del decorso della congestione, da analizzare poi attraverso un apposito algoritmo (sviluppato dall’INSERM di Parigi) insieme alle caratteristiche cliniche e demografiche del paziente. Parallelamente l’University of Applied Sciences and Arts Northwestern Switzerland lavorerà allo sviluppo di un prototipo diagnostico a misura di ambulatorio capace di analizzare in tempi rapidi i livelli dei biomarcatori così selezionati a partire dai campioni di sangue raccolti con una semplice puntura di polpastrello.
Non solo: il progetto di ricerca coinvolge anche la multinazionale IMA. Il colosso del packaging si occuperà in particolare della redazione di un business plan dettagliato capace di indicare anche i passi regolatori necessari a portare questo prototipo sul mercato commerciale.

I partner coinvolti. In totale sono 23 i partner europei che collaborano al progetto. Oltre all’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola, l’elenco include l’University Medical Center di Groningen, il Karolinska University Hospital di Stoccolma, l’Assistance publique hopitaux di Parigi, l’University Medical Center di Lubiana, il Germans Trias i Pujol Research Institute, la National and Kapodistrian University di Atene, l’INCLIVA Foundation, la Katholieke Universiteit di Leuven, l’Onassios Cardiac Surgery Center, l’University Hospital Schleswig-Holstein di Kiel, l’University of Applied Sciences and Arts Northwestern Switzerland e l’Erasmus University Rotterdam. Completano la lista l’Istituto Superiore di Sanità, l’Institut national de la santé et de la recherche médicale di Parigi, l’European Clinical Research Infrastructure Network, l’Italian Association for Heart Failure, le Università di Brescia e di Bologna, la regione danese Hovedstaden, la Fondazione per il tuo cuore ONLUS e le aziende Predict4Health, Warrant Hub S.p.A. e IMA.

Il ruolo dell’IRCCS. È la prima volta che il Policlinico di Sant’Orsola vince un bando Horizon Europe in qualità di coordinatore di un progetto di ricerca: un ulteriore tassello nel percorso di crescita avviato nel settembre 2020 con il riconoscimento IRCCS. Soprattutto, un passo in avanti che rimarca l’ottimo lavoro svolto dalle strutture di supporto alla ricerca e all’innovazione del Policlinico.

“Questo progetto ha la potenzialità di cambiare la pratica clinica nella gestione dello scompenso cardiaco cronico ed è un esempio virtuoso di efficace collaborazione tra enti di cura, ricerca e didattica pubblici e aziende private con obiettivi di produzione industriale – dichiara il dottor Luciano Potena, direttore dell’unità operativa di Insufficienza Cardiaca e Trapianti dell’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola e coordinatore del progetto – Aver ricevuto questo finanziamento rappresenta un importante riconoscimento della capacità progettuale e scientifica dell’IRCCS e dell’eccellenza della Sanità Pubblica, che con un adeguato supporto infrastrutturale è in grado non solo di rispondere alla mission assistenziale ma anche di guidare il progresso nella ricerca scientifica. Sottolineo il contributo cruciale di UNIBO, che con il coordinamento del Prof. Diemberger svolge un ruolo integrato fondamentale per la riuscita del progetto”.

Foto in alto da RCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna – www.aosp.bo.it