(Sesto Potere) – Roma – 23 aprile 2025 – Le organizzazioni italiane fanno fatica a trattenere i propri talenti. Secondo quanto emerge dal rapporto European Workforce Study 2025, stilato a livello europeo da Great Place to Work, ascoltando i pareri e le opinioni espresse da quasi 25mila collaboratori attivi in 19 paesi del Vecchio Continente, sono infatti ben 4 su 10 (40%) i dipendenti italiani che dichiarano di voler cambiare lavoro nel corso dell’anno.
Un dato che, se confrontato rispetto al dato medio europeo (31%), pone l’Italia al primo, non invidiabile, posto di questa speciale classifica che misura il grado di fidelizzazione dei dipendenti europei, davanti a Francia e Polonia, entrambe con un tasso del 38%, Portogallo (37%), Irlanda (35%), mentre a seguire ci sono Cipro, Grecia e Regno Unito al 33%.
Tra i paesi più virtuosi sul tema della retention ci sono invece la Norvegia, con solo un lavoratore su 4 (25%) che vorrebbe andarsene dal proprio ambiente di lavoro, Paesi Bassi e Germania al 23%, mentre l’Austria si attesta al 21%.
Allargando l’analisi sulla base delle fasce d’età emerge come sia la GenZ, nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni, a far registrare la percentuale più alta (40%) tra coloro che dichiarano di voler cambiare ambiente di lavoro. I dipendenti più giovani, infatti, hanno aspettative più elevate nei confronti dei manager e dei leader aziendali e sono dunque più propensi a cercare nuove opportunità professionali nel caso le promesse del management non vengano rispettate.
La voglia di cambiare posto di lavoro decresce con l’avanzare dell’età: sono infatti il 36% i dipendenti e i manager di prima linea che hanno tra i 25 e i 34 anni a dichiarare di voler cercare un nuovo lavoro nel corso dell’anno, percentuale che scende al 30% tra chi ha tra i 35 e i 44 anni, al 28% nella fascia d’età tra i 45 e i 54 anni fino al 25% registrato tra gli over 55.
La fidelizzazione dei dipendenti è un problema reale e molto sentito tra le organizzazioni europee tanto che, come svelato da Gartner, l’87% dei responsabili HR afferma che il miglioramento della retention aziendale sarà la priorità numero uno nel corso del 2025.
Anche se gli sforzi e gli investimenti intrapresi dalle aziende nella fidelizzazione dei dipendenti possono non essere immediati, questi verranno ripagati nel corso del tempo: investire ora nel coinvolgimento dei dipendenti e trattenere i top performer in futuro evita alle organizzazioni un costoso turnover. Quest’ultimo può avere, nel medio lungo-periodo, un impatto sui costi nascosti di un’organizzazione tanto che, sulla base di una simulazione svolta da Great Place to Work Italia su dati proprietari, un’azienda italiana di circa 100 collaboratori con un tasso di turnover pari al 10%, che è il valore medio per le organizzazioni attive nel Nord Italia, dovrà affrontare circa 200mila euro di costi annui attribuibili all’uscita delle persone.
“I costi nascosti del turnover sono tra i costi più difficili da identificare per le aziende, ma sono proprio quelli che aumentano le inefficienze delle organizzazioni proprio a causa delle risorse spese nella selezione, nella formazione e nell’attesa che il nuovo collaboratore raggiunga le performance del dimissionario – spiega Beniamino Bedusa, Presidente di Great Place to Work Italia – Una buona strategia di employer branding, basata sul feedback diretto delle persone, riduce i costi di assunzione e di turnover, fenomeni in deciso aumento, soprattutto nelle nuove generazioni. Lavorare sull’ascolto attivo e sul coinvolgimento delle persone, come avviene attraverso la nostra survey Great Place to Work, genera un impatto diretto sull’orgoglio e sul senso di appartenenza dei collaboratori, elementi fondamentali per costruire una cultura aziendale solida, attrattiva e sostenibile nel tempo”.
Le modalità di lavoro ibride, che prevedono un mix equilibrato tra la presenza in ufficio e lo smartworking, rappresentano una tra le principali leve strategiche per il miglioramento della fidelizzazione dei dipendenti delle organizzazioni.
I lavoratori ibridi, infatti, come svelato dal report European Workforce Study 2025 di Great Place to Work, hanno meno probabilità di lasciare il lavoro con meno di uno su 4 (24%) che dichiara di voler cercare un nuovo posto di lavoro, rispetto al 34% di chi lavora in sede e il 37% di chi lo fa a distanza.
Un vantaggio competitivo concreto che vale soprattutto per le realtà attive nei settori tecnologia, finanza e servizi professionali, dove i collaboratori possono scegliere la modalità di lavoro e quando lo fanno, in quasi 6 casi su 10 (57%), scelgono l’ibrido. In molti settori, come la vendita al dettaglio, l’ospitalità e la produzione, i dipendenti infatti non possono scegliere lo smart working.
Secondo gli esperti di Great Place to Work Italia, esistono strategie per la employee retention sulle quali le aziende dovrebbero investire per non perdere i propri collaboratori e talenti, ovvero: offrire policy di smart-working; garantire l’equilibrio tra lavoro e vita privata; valutare la giusta retribuzione; soluzioni di welfare aziendale come i benefit per aumentare l’employee retention e ridurre il tasso di turnover; fiducia tra manager e collaboratori; rimozione delle barriere e dei problemi; garantire avanzamento di carriera, crescita professionale e formazione: secondo il World Economic Forum, infatti, le aziende che offrono ai dipendenti delle opportunità di aggiornamento professionale mantengono il 58% in più dei dipendenti.