(Sesto Potere) – Bologna – 11 aprile 2025 – In questi giorni sono stati diffusi molti dati sull’impatto dei dazi americani sull’export dell’Emilia-Romagna.
Il sistema informativo Pablo di Unioncamere Emilia-Romagna consente di aggiungere qualche numero partendo da una prospettiva differente, quello delle imprese. Pablo raccoglie, impresa per impresa, i flussi doganali che hanno origine dalla nostra regione, consentendo di superare i limiti insiti nel dato aggregato e misurare l’impatto sulle singole società.
Con questo obiettivo Unioncamere Emilia-Romagna ha realizzato uno studio “Dall’America all’officina. Quando il mercato statunitense fa la differenza” per trovare risposte a domande a cui solo i dati delle singole aziende possono rispondere: quante sono le imprese che hanno una dipendenza così elevata dagli Stati Uniti da essere pesantemente condizionate dalle decisioni di Trump? Per chi il mercato americano fa la differenza? Quanto incidono i dazi sul fatturato delle imprese?

CHI ESPORTA?
Sono 5.788 le imprese che hanno esportato verso gli Stati Uniti dall’Emilia-Romagna.
Il 73% di queste, pari a 4.305 imprese, hanno sede legale in Emilia-Romagna, e realizzano l’84% del
fatturato export complessivo.
L’automotive, con 276 società, vale un terzo dell’export complessivo.
La meccanica assomma oltre 1.100 imprese e realizza un quarto di quanto venduto negli USA.
Tra i prodotti al primo posto si collocano le auto da turismo seguite dalle le piastrelle; nella top ten anche
macchine per il packaging, imbarcazioni da diporto, parmigiano reggiano.
1.144 aziende esportatrici sono ditte individuali o hanno fatturato inferiore al milione. Le imprese più
grandi, con oltre 25 milioni di fatturato, sono 788, pari al 18% del totale esportatrici, e realizzano l’86%
del commercializzato negli USA.
IMPRESE CON RELAZIONE PROPRIETARIA USA-EMILIA-ROMAGNA
Sono 365 le imprese che si distinguono per una internazionalizzazione con gli Stati Uniti che va oltre al
solo commercio estero.
Si tratta di 66 imprese controllate da società americane e di 299 società che possiedono quote di
maggioranza di aziende statunitensi.
La politica protezionistica promossa dall’amministrazione Trump, finalizzata al rientro delle attività produttive nel territorio nazionale, potrebbe rappresentare un incentivo per alcune di queste aziende a trasferire quote della propria produzione presso le consociate americane.
Potenzialmente sono numeri importanti: queste 365 imprese realizzano oltre la metà dell’export emiliano-
romagnolo verso gli Usa. Tuttavia, è assolutamente prematuro formulare ipotesi o stime quantitative al
riguardo.
Se allarghiamo lo sguardo anche al terziario e alle aziende non export-oriented, le società statunitensi che
hanno investito in Emilia-Romagna acquisendo imprese locali sono 138.
Realizzano nella nostra regione un fatturato di 6 miliardi e danno occupazione a 14.200 lavoratori.
Percorso inverso per le 413 società dell’Emilia-Romagna che hanno investito negli USA attraverso il
controllo di 770 società.

ELEVATA QUOTA EXPORT CONCENTRATA IN POCHE IMPRESE
Le prime cinque imprese esportatrici rappresentano oltre il 30% dell’export regionale verso gli USA, le
prime cinquanta quasi il 60%.
In netto contrasto, le ultime 3.600 imprese esportatrici contribuiscono a meno del 5% dell’export diretto
negli Stati Uniti.
CHI RISCHIA DI PIÙ?
Per valutare il rischio che i dazi e le politiche commerciali di Trump rappresentano per ciascuna impresa nello studio è stato calcolato un indice di vulnerabilità del mercato americano attraverso il rapporto tra export verso gli Stati Uniti e fatturato globale.
Sono state considerate vulnerabili, con differenti livelli di rischiosità, le imprese per le quali il mercato
americano contribuisce per almeno il 5% alla realizzazione del fatturato aziendale complessivo. Non che per le altre aziende l’imposizione dei dazi sia irrilevante: l’individuazione della soglia del 5% è solo per dare evidenza alle società che rischiano di essere fortemente penalizzate dall’applicazione dei dazi.
Le imprese vulnerabili sono 1.256, il 29% delle esportatrici negli Stati Uniti.
Tra le imprese con esposizione maggiore ritroviamo 93 delle prime 100 imprese esportatrici.
A livello settoriale sono le filiere collegate alla meccanica a presentare i valori di vulnerabilità più elevati: dal 43% delle aziende delle macchine per l’agricoltura fino al 33% dell’automotive.
QUANTO PESANO I DAZI?
Per quantificare l’impatto dei dazi lo studio “Dall’America all’officina. Quando il mercato statunitense fa la differenza” immagina uno scenario nel quale le imprese per non perdere quote di mercato si fanno totalmente carico dei dazi.
Complessivamente i dazi imposti da Trump peserebbero l’1,6% sul fatturato delle imprese che esportano verso gli Stati Uniti, con una intensità che aumenta al crescere della vulnerabilità.
Per 450 imprese il solo dazio vale più del 3% del fatturato, per 69 società pesa più del 10%.
Ancora una volta tra le società più penalizzate si trovano molte delle esportatrici di grandi dimensioni.
I COMMENTI. Valerio Veronesi, presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, ha commentato: «Unioncamere ha voluto fornire una fotografia su dove potrebbero atterrare i dazi degli Stati Uniti nell’economia reale della nostra regione. Siamo dentro un cambiamento epocale. Davanti allo scontro diretto fra potenze che costruiscono muri doganali l’economia reale non può essere lasciata a guardare.
L’unica possibile difesa è consentire alle imprese di aumentare la loro competitività internazionale: sono
gli imprenditori che affrontano una situazione così incerta e complessa. Per questo riteniamo ineludibile: rilanciare immediatamente le misure del “4.0” per liberare gli investimenti in innovazione, contemporaneamente prevedere forme di garanzia statale per i finanziamenti bancari come è stato fatto durante il periodo della pandemia. Le nostre aziende devono avere la stessa possibilità di investire di quelle tedesche, per fare un esempio. In parallelo dobbiamo creare ogni azione possibile per attirare in Emilia-Romagna quei cervelli che in questi giorni vengono licenziati e privati dei finanziamenti necessari per loro ricerche. L’Emilia-Romagna con la sua rete di eccellenza fra imprese, università e tecnopoli e la sua qualità della vita può essere il magnete di attrazione di competenze che ora vengono espulse altrove».

Guido Caselli, Vice segretario di Unioncamere Emilia-Romagna e curatore dello studio, ha aggiunto: «Le 1.256 imprese assommano il 90% dell’export emiliano-romagnolo verso gli Stati Uniti, contribuiscono per la
metà al totale delle esportazioni regionali nel mondo, danno lavoro a oltre 105mila persone, realizzano
50 miliardi di euro di fatturato. E non è tutto. Per capire davvero quanto possa essere profondo l’impatto
dei dazi bisognerebbe guardare anche a tutte le imprese che ruotano attorno a queste realtà – i fornitori, i subfornitori, i partner di filiera – e non dimenticare le oltre 2.000 aziende emiliano-romagnole che importano dagli Stati Uniti, anch’esse potenzialmente esposte alle conseguenze di nuove barriere commerciali».