lunedì, Luglio 28, 2025
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Dazi Usa, Confcommercio: “il ‘costo’ dell’accordo sarà rilevante”. Confindustria: “contraccolpo pesantissimo”

(Sesto Potere) – Roma – 28 luglio 2025 – L’accordo commerciale tra USA e Ue costituisce – come ha commentato la Presidente von der Leyen – un fattore di “certezza in tempi incerti”. Bene, dunque, avere scongiurato la prospettiva di guerre commerciali tra le due sponde dell’Atlantico e – come evidenziato nella nota a firma congiunta del Presidente Meloni e dei Vicepresidenti Salvini e Tajani – l’avere garantito stabilità a “due sistemi economici e imprenditoriali fortemente interconnessi tra loro”: così Confcommercio in una nota.

Si tratta – mentre molti analisti parlano già di una “vittoria” per Donald Trump e “un risultato deludente” per l’Unione – di un “accordo complesso” e “che andrà valutato con attenzione, anzitutto per chiarire se la soglia dei dazi livellati al 15 per cento sulle merci europee esportate negli Stati Uniti sia ricomprensiva dei dazi preesistenti”: si riserva Confcommercio.

Il “costo” dell’accordo è, comunque, rilevante: nota Confcommercio.

Oltre ai dazi, si prevedono nell’accordo Usa-Ue, infatti, impegni europei ad acquisti di energia dagli USA per 750 miliardi di dollari, ad investimenti aggiuntivi negli Stati Uniti per 600 miliardi di dollari e ad importanti acquisti di sistemi di difesa.

Mentre il compromesso in sede di G7 ha intanto esonerato le multinazionali con capogruppo negli USA dalla global minimum tax. Per non parlare del fatto che per acciaio e alluminio si resta con i dazi a tariffe al 50%.

“Quanto all’Italia, prime stime segnalano, per il 2025, un impatto diretto dei dazi al 15 per cento a danno del nostro export ricompreso nell’ordine di 8/10 miliardi di euro: impatto cui bisogna aggiungere gli effetti della svalutazione del dollaro. Il tutto in uno scenario di incremento globale delle tariffe commerciali che rende ancora più complessa la ricerca di opportunità su altri mercati esteri, soprattutto per le PMI esportatrici. Dollaro debole e riduzione del reddito globale incideranno, inoltre, sul nostro turismo, la cui componente incoming (52 miliardi di euro nel 2023) costituisce una delle principali voci attive della bilancia italiana dei pagamenti”: spiega Confcommercio.

“Si tratta, ora, di reagire con determinazione, facendo leva sulle peculiari caratteristiche di qualità di tanta parte del nostro export e sulla sua conseguente maggiore resilienza rispetto alle variazioni dei prezzi, anche attraverso misure di sostegno”: aggiunge Confcommercio.

“Inoltre, è davvero il momento di puntare sul rafforzamento della competitività e del mercato interno: in Europa, debito comune per il finanziamento di investimenti in beni pubblici europei (sicurezza, energia, reti infrastrutturali, intelligenza artificiale) e mobilitazione del risparmio anche attraverso l’Unione del mercato dei capitali; nel nostro Paese, compiuta messa a terra del PNRR, sostegno agli investimenti ed avanzamento del processo di riforma del sistema fiscale”: conclude l’associazione. 

Ma per il momento, la Commissione Europea non prevede misure di ristoro per i settori più colpiti dai dazi Usa. 

Per avere un’idea dell’impatto dell’accordo possiamo riferirci alla valutazione del presidente di Confindustria, il manager emiliano Emanuele Orsini (nella foto a lato) che – a inizio luglio, quando ancora si parlava di dazi al 10% – in un’intervista al Corriere della Sera aveva lanciato l’allarme che l’aumento delle tariffe sommato alla svalutazione del dollaro abvrebbe comportato un impatto reale del +23,5% sui prezzi dei prodotti italiani,  con una perdita stimata di 20 miliardi di export e 118mila posti di lavoro entro il 2026. 

E un contraccolpo sull’industria italiana, dunque, “pesantissimo”.