(Sesto Potere) – Cotignola, 19 maggio 2025 – Nel panorama in continua evoluzione della cardiostimolazione, un nuovo approfondimento pubblicato sull’European Heart Journal Supplements pone l’accento sulle potenzialità della stimolazione cardiaca leadless, ovvero tramite impianto di pacemaker senza fili, nei pazienti giovani, un target finora scarsamente rappresentato negli studi clinici ma sempre più rilevante nella pratica medica quotidiana.
Lo studio dal titolo “Leadless pacing in young patients”, firmato dal prof. Paul R. Roberts della Facoltà di Medicina dell’Università di Southampton, e dal dottor Saverio Iacopino, responsabile dell’Unità Operativa di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia del Maria Cecilia Hospital di Cotignola (RA), ospedale di Alta Specialità di GVM Care & Research accreditato con il SSN, prende in esame le evidenze disponibili sull’efficacia e la sicurezza dei pacemaker leadless in individui di età inferiore ai 40 anni, inclusi bambini e adolescenti.
Maria Cecilia Hospital di Cotignola è stato pioniere nell’impiego di stimolatori senza fili per il trattamento delle aritmie cardiache, primo in Italia e tra i primi al mondo, con un primo intervento eseguito oltre dieci anni fa su una paziente di 67 anni affetta da fibrillazione atriale permanente per via transvenosa, ovvero attraverso una semplice puntura e l’impianto del pacemaker di piccole dimensioni direttamente nella cavità cardiaca tramite una piccolissima sonda, riducendo così il rischio di infezioni e malfunzionamenti rispetto ai pacemaker tradizionali.
“Inizialmente sviluppati per pazienti anziani e con comorbidità complesse (ovvero la compresenza di più patologie), i pacemaker senza fili si stanno progressivamente affermando come un’alternativa concreta anche per pazienti giovani, nei quali le complicazioni associate ai dispositivi transvenosi convenzionali – come l’infezione, la trombosi venosa, il malfunzionamento valvolare e la necessità di frequenti sostituzioni del generatore (ogni 7-10 anni) – possono risultare più impattanti nel lungo termine – spiega il dott. Iacopino –. In particolare, l’impiego di questi pacemaker si traduce in un minor rischio infettivo, minore incidenza di rigurgito tricuspidale e una migliore accettazione estetica da parte del paziente”.
Negli adulti giovani con sincope vasovagale cardioinibitoria – che necessitano di stimolazioni rare – l’impianto di un pacemaker leadless ha mostrato di ridurre significativamente la recidiva dei sintomi, così come si è dimostrato efficace nei pazienti con cardiopatie congenite, per i quali l’anatomia cardiaca complessa, spesso frutto di chirurgia correttiva, rende difficoltoso o rischioso l’impianto di un sistema transvenoso tradizionale. Benefici sono stati riscontrati anche in ambito pediatrico, dove l’approccio per via giugulare è risultato sicuro, evitando l’uso di accessi femorali ancora troppo piccoli, e in pazienti con distrofie muscolari e canalopatie, in cui il sistema di conduzione è fragile e soggetto a degenerazione progressiva.
Le dimensioni estremamente ridotte del dispositivo, la modalità di impianto non chirurgica e l’assenza di componenti aggiuntive e cateteri collegati al pacemaker comportano, oltre a un rischio più basso di complicanze maggiori (in oltre il 95% dei casi), anche tempi di intervento più brevi, riduzione della degenza ospedaliera, ridotta esposizione alla fluoroscopia per pazienti e operatori. L’assenza di protuberanze e cicatrici, inoltre, si traduce in un miglioramento nello stile di vita e nella qualità della vita in generale.
“Ad oggi, al Maria Cecilia Hospital sono stati eseguiti oltre 500 impianti di device per la stimolazione senza elettrocateteri (LEP), il 90% su pazienti anziani, il 10% su giovani adulti – prosegue il dott. Iacopino –. Lo studio appena pubblicato ci offre oggi una nuova prospettiva di impiego di questa tecnica, dimostrando che nella popolazione sotto i 40 anni le complicazioni post-impianto con stimolatori senza fili sono risultate simili, se non inferiori, rispetto ai gruppi più anziani. Inoltre, l’efficacia della stimolazione e la stabilità dei parametri elettrici si sono mantenuti ottimali nel tempo. Anche in termini emodinamici, i leadless pacemaker si sono dimostrati meno invasivi: a differenza dei dispositivi tradizionali, non attraversano la valvola tricuspide e quindi non ne alterano la funzione, riducendo il rischio di rigurgito e insufficienza valvolare”.
Pur riconoscendo la necessità di ulteriori studi prospettici randomizzati, le evidenze attuali suggeriscono che il pacemaker leadless potrebbe diventare, in molti casi, la scelta preferenziale nei pazienti giovani con indicazione alla stimolazione cardiaca, offrendo un’alternativa efficace, meno invasiva e potenzialmente più sicura nel lungo termine