(Sesto Potere) – Bologna – 28 giugno 20124 – Il 2024 si è aperto con un rallentamento per l’industria regionale. Fra gennaio e marzo le piccole e medie imprese industriali dell’Emilia-Romagna hanno diminuito la produzione del -3,7% rispetto allo stesso periodo del 2023. Il fatturato complessivo si è contratto del 3,5%, quello dall’estero dell’1,1%. Gli ordini complessivi sono risultati in calo del 2,1%, mentre quelli provenienti dall’estero non hanno subito variazioni rispetto all’inizio dell’anno passato. Come conseguenza di questi andamenti il grado di utilizzo degli impianti si è ridotto al 75% ed il periodo di produzione assicurato dal portafogli ordini è di qualche giorno inferiore ai 3 mesi.
Questi, in sintesi, gli andamenti rilevati dal Centro Studi di Unioncamere Emilia-Romagna. Andamenti conseguenti al ritmo contenuto del commercio mondiale, alla riduzione del reddito reale disponibile dovuto all’inflazione, agli effetti della restrizione monetaria e dell’aumento dell’incertezza in ambito economico e geopolitico.
A soffrire soprattutto le imprese che hanno fino a 9 dipendenti per le quali mediamente la produzione è diminuita del -4,7%, segno negativo quasi raddoppiato rispetto agli ultimi tre mesi del 2023. Le microimprese hanno visto anche ridurre gli ordini del -4,6%, flessione doppia rispetto alla media. Ma, contrariamente a quanto avvenuto nel 2023, è rallentata anche la produzione delle imprese mediograndi, scesa del -2,8%. Da evidenziare il positivo andamento degli ordini esteri acquisiti dalle industrie con più di 50 dipendenti, aumentati del +1,5%.
L’andamento nei settori industriali
Il rallentamento è stato comune in quasi tutti i settori industriali, ad eccezione dell’industria alimentare e delle bevande. Il settore che ha sofferto di più è quello delle industrie della moda. Prevalgono i segni positivi nell’industria alimentare dove la produzione nei primi tre mesi dell’anno è aumentata del 1,6%, il fatturato del 1,5%. Alcune difficoltà per il fatturato estero diminuito del -0,6%.
Gli ordini hanno segnato +0,9%, ma sono in diminuzione quelli dall’estero -0,4%.
È stato un inizio d’anno molto difficile per le industrie della moda per le quali il fatturato è diminuito mediamente di circa il 9%, anche se quello estero ha perso molto meno, -1,6%. La produzione è diminuita del -9,8% e gli ordini hanno avuto la stessa battuta di arresto, limitata al -1,8% per gli ordini dall’estero.
L’industria del legno e del mobile ha visto il fatturato complessivo diminuire del -4,8%, senza aver avuto supporto dal fatturato estero, diminuito del -4,5%. La produzione è rallentata del -3,8%, gli ordini del -5,1%, mentre quelli provenienti dall’estero hanno avuta una flessione più contenuta, -1,6%.
Nell’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche il fatturato complessivo è diminuito del – 4,8%, quello estero del -1,6%, anche se l’andamento dell’inflazione del settore porta a ritenere minore l’impatto in termini reali. La produzione è diminuita del -4,1%, gli ordini del -3,9%, quelli dall’estero del – 1,6%, flessioni minori rispetto a quelle rilevate a fine 2023.
L’ampio aggregato delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto ha visto ridurre il fatturato del -2,9%. È andata meglio con il fatturato estero cresciuto del +0,6%. La produzione ha segnato -3,9%. Gli ordini complessivi sono rimasti sostanzialmente invariati, ma quelli esteri hanno avuto una netta inversione di tendenza segnando +2,2%.
Il gruppo eterogeneo delle “altre industrie” – che comprende le industrie dell’estrazione, della carta e stampa, della raffinazione, della chimica, farmaceutica, plastica e gomma e quelle della trasformazione dei minerali non metalliferi, ovvero ceramica e vetro, di altre industrie manifatturiere minori e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata – ha visto ridurre il fatturato complessivo del -3,9%,
con una flessione ancora più ampia nel fatturato estero, -4,2%. La produzione è rallentata del -3,6%, gli ordini sono diminuiti di oltre il 2% sia complessivamente sia dall’estero.
Aperture e cessazioni di imprese
Sulla base dei dati del Registro delle imprese in Emilia-Romagna nei primi tre mesi dell’anno il processo in corso di concentrazione della base imprenditoriale nell’industria ha prodotto un saldo fra aperture e cessazioni leggermente negativo (-241 imprese, -0,5%).
I settori
Il settore moda, che vede un’ampia presenza di imprese straniere e di minore dimensione, è quello che ha sofferto di più nei primi mesi del 2024, con -82 attività. In flessione anche l’industria alimentare e delle bevande, -38 imprese, l’industria del legno e del mobile, -42 imprese. Il processo di concentrazione ha avuto un rallentamento, ma è rimasto sostenuto, nell’industria della ceramica, del vetro e dei materiali refrattari, -14 imprese (-0,9%). Il comparto della metallurgia e dell’industria dei prodotti in metallo, che è il secondo per ampiezza della base imprenditoriale, ha mantenuto invariata la propria consistenza, contenendo la tendenza discendente per il complesso dell’industria. L’ampio aggregato composto dalle industrie elettroniche, delle apparecchiature elettriche, dei macchinari e apparecchiature, degli autoveicoli e rimorchi, degli altri mezzi di trasporto e della riparazione, manutenzione ed installazione di macchine ed apparecchiature ha avuto un saldo negativo di -54 imprese, frutto della compensazione tra il solo saldo positivo della riparazione e manutenzione di macchine (+31 unità) ed i contributi negativi provenienti dal fondamentale e ampio settore della fabbricazione di macchinari e apparecchiature n.c.a. (-60 imprese), dal comparto della fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (-15 imprese) e da
quello della fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi (-13 imprese).
La previsione
Secondo la stima elaborata a metà aprile da Prometeia in “Scenari per le economie locali”, nel 2024 il valore aggiunto reale prodotto dall’industria in senso stretto regionale dovrebbe riprendersi leggermente (+0,4%) per avviare poi un nuovo ciclo positivo dall’anno successivo. Il 2024 dovrebbe chiudersi con un risultato in termini di valore aggiunto reale dell’industria superiore del 9,4% rispetto a
quello del 2007, il livello massimo raggiunto prima della crisi finanziaria del 2009.
Le esportazioni regionali
Secondo i dati di fonte Istat nell’inverno 2024 le esportazioni manifatturiere emiliano-romagnole si sono ridotte del 3,1% rispetto allo stesso periodo del 2023. Sono risultate pari ad oltre 20,3 miliardi di euro, corrispondenti al 13,5% dell’export nazionale. In termini reali la flessione dovrebbe essere stata però più contenuta considerando la diminuzione dell’1,4% nell’andamento dei prezzi alla produzione industriale per il mercato estero. Il dato regionale, in rallentamento da aprile 2023, è più incisivo rispetto all’andamento dell’export manifatturiero nazionale diminuito del -2,3%.
I settori Hanno aumentato le vendite all’estero l’industria alimentare e delle bevande (+5,7%), i mezzi di trasporto (+5,5%), da cui è venuto il più rilevante contributo positivo all’andamento complessivo e l’aggregato delle altre industrie manifatturiere (+8,5%). In rallentamento l’export della lavorazione di minerali non metalliferi (-7,7%), la chimica, farmaceutica e materie plastiche (-8,1%), la metallurgia e dei prodotti in metallo (-12%), lei apparecchiature elettriche, elettroniche, ottiche, medicali e di misura (-10,1%). Ma è stata la più contenuta diminuzione delle vendite estere di macchinari e apparecchiature (-5,7%) da sola a dare il contributo negativo più rilevante. Le esportazioni delle industrie della modahanno registrato solo una contenuta flessione (-0,7%), mentre l’export della piccola industria del legno e del mobile ha subito una decisa contrazione (-6,7%).
Le destinazioni L’Europa assorbe due prodotti su tre fra quelli venduti all’estero dalle imprese emiliano-romagnole. Vendite che nei primi tre mesi del 2024 sono diminuite del -5,9%, rallentamento che perdura da ormai un anno. Le esportazioni verso la sola Unione europea a 27 sono diminuite del – 6,2%, quelle verso l’area euro – che rappresentano il 40% del totale delle esportazioni regionali – hanno segnato -5,2%. Ha inciso fortemente il -5,9% di export verso la Germania, e si è ridotto anche il mercato francese (-6,2%), mentre è stabile la Spagna. Tra i mercati di sbocco “minori” dell’area il risultato è stato pesante in Olanda (-8,7%) e in Austria (-14,5%), mentre ha avuto una buona ripresa quello la Grecia (+12,7%).
Al di fuori dell’area dell’euro spicca il nuovo crollo delle vendite destinate al mercato ceco (-23,5%). Più contenuta (-4,5%) la flessione delle vendite verso paesi europei che non fanno parte dell’Unione europea, mentre il Regno Unito (-5,5%) si è allineato alla tendenza negativa dominante sui mercati europei. Nuova caduta delle vendite in Russia (-24,3%) che, contrariamente a quanto avvenuto in passato, non è stato compensato da un altrettanto rilevante segno positivo delle esportazioni verso la Turchia (+3,3%). I mercati americani, che coprono oltre il 17% del totale dell’export regionale, sono nuovamente e moderatamente aumentati (+1,7%). Trainato dal buon andamento economico sono state positive le vendite verso gli Usa, (+2,5%), che assorbono il 12,7% dell’export regionale. Stabili i meno rilevanti mercati dell’America centro meridionale, dove però spicca la forte riduzione delle esportazioni verso il Brasile (-9,5%). È cresciuta l’Asia (+5,9%) che assorbe oltre il 14% dell’export regionale, con andamenti molto diversi. Mentre il Medio Oriente è stazionario, sono cresciuti del 22,6% gli Emirati Arabi Uniti, mercato attraverso il quale potrebbero passare alcune triangolazioni.
Importante la diminuzione delle vendite in India, -18%, che ha fatto scendere il dato medio dell’export verso l’Asia centrale del -13,7%. Calano le esportazioni verso Cina, Hong Kong e Macao (-2,6%). Al contrario nuova e forte accelerazione delle vendite in Giappone (+55,6%), che rappresentano ora oltre il 3% del totale, sostenute dall’export dell’industria del tabacco (+188 milioni di euro, +148%) e da un buon incremento delle vendite di autoveicoli. Diminuiscono le esportazioni regionali verso l’Africa (- 11,2%). Bene invece le destinazioni dell’Oceania (+4,5%) soprattutto grazie al mercato australiano (+6,9%).
L’occupazione
Secondo l’indagine Istat, l’occupazione dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna nel primo trimestre 2024 ha avuto un arretramento rispetto allo stesso trimestre dell’anno scorso (-1,7%, -9.612 unità) ed è scesa a quota 564.640. L’andamento regionale contrasta con quello positivo dell’occupazione dell’industria in senso stretto nazionale (+1,2%) ed anche con quello dell’occupazione
complessiva emiliano-romagnola che è invece sensibilmente aumentata nello stesso periodo (+2,1%, +41.839 unità) e più di quanto sia accaduto a livello nazionale (+1,7%).
Il risultato negativo per l’industria in senso stretto regionale è stato determinato da una forte caduta dell’occupazione autonoma (-12,3%, -5.314 unità), che è scesa a 37.842 unità, mentre gli occupati alle dipendenze hanno contenuto la flessione (-0,8%, -4.298 unità) e si sono attestati poco al di sotto di quota 527 mila.
Valerio Veronesi, Presidente Unioncamere Emilia-Romagna: «I numeri rimandano la vastità delle scelte complesse che gli imprenditori stanno compiendo nello scenario di incertezza in cui siamo immersi. Ma delineano anche tre linee di azione concatenate che dobbiamo compiere: primo lavorare sulla dimensione di impresa. Secondo sulla loro possibilità di investire nel medio lungo termine. Terzo crescere in competitività nei mercati esteri. Quanto più costruiamo attorno all’incertezza questa armatura e quanto più le imprese possono creare lavoro stabile ed un modello di coesione da contrapporre alla frammentazione. E’ per questo che il ruolo di sintesi delle richieste degli imprenditori e della necessità di rapidità e concretezza che possono svolgere le Camere di commercio e le associazioni di impresa è quanto mai importante in questo momento».
Secondo l’analisi della Research di Intesa Sanpaolo il mercato del credito continua a essere condizionato dalla domanda ridotta e dai rischi percepiti, in un contesto che vede il persistere di significativi fattori di incertezza. Di conseguenza, nella prima parte del 2024 i prestiti alle imprese sono rimasti in riduzione in Emilia-Romagna, come nel resto del sistema nazionale. Le evidenze disponibili per il primo trimestre confermano che il punto di minimo del ciclo negativo del credito alle imprese è alle spalle e, con un andamento costante senza spunti di svolta, sembrano segnalare un clima di attendismo, nella prospettiva di una graduale riduzione dei tassi, avviata con l’atteso taglio da
parte della BCE a inizio giugno e dall’approvazione dei decreti attuativi di Transizione 5.0. A fine marzo il calo dei prestiti alle imprese dell’Emilia-Romagna è stato del 5,1% anno su anno, circa in linea con i due mesi precedenti e con il -5,6% di dicembre, in risalita dai minimi toccati nel terzo trimestre 2023 (- 7,1% a settembre). L’andamento è in sintonia con l’evoluzione del sistema Italia, che ha segnato un
calo del 5,3% a marzo per il complesso dei finanziamenti alle imprese.
I prestiti all’industria continuano a tenere meglio che nel resto d’Italia, segnando un calo meno intenso, del -4,8% a marzo in regione, rispetto al -8,2% a livello nazionale. Inoltre, a conferma della resilienza del credito alle imprese industriali della regione osservata nel 2023, mentre in EmiliaRomagna la tendenza negativa risulta stabile nel primo trimestre (rispetto al -4,9% di fine 2023), a livello Italia si è evidenziato un peggioramento (dal -7,4% di dicembre).
I dati per dimensione d’impresa hanno confermato una minore riduzione dei prestiti alle imprese più grandi (con oltre 20 dipendenti) rispetto al calo di quelli alle imprese più piccole. Tuttavia, anche la flessione dei prestiti alle piccole imprese, in atto da agosto 2021, in Emilia-Romagna appare in fase di assestamento e in uscita dal minimo, sebbene resti considerevole, con il -9,5% a marzo 2024, dal -10,4% a settembre 2023, in linea con il dato Italia del -9,4% che però risulta invariato rispetto a fine 2023.
Il minore ricorso al credito va visto nel contesto di un grado di liquidità delle imprese che si conferma elevato e dei buoni risultati reddituali che hanno sostenuto l’autofinanziamento delle imprese e permesso di ridurre l’indebitamento bancario a fronte dei tassi più alti senza incidere sulle riserve depositate in conto.
I depositi bancari delle imprese della regione hanno iniziato il 2024 con un ritorno alla crescita, dopo aver chiuso il 2023 nel segno della stabilità rispetto a dodici mesi prima. A marzo la variazione è stata del +3,2% anno su anno. In termini di flussi, nel primo trimestre l’utilizzo della liquidità in conto è stato contenuto e inferiore al ricorso fatto lo scorso anno.
Resta quindi ai massimi il cuscinetto di depositi delle imprese dell’Emilia-Romagna: fatto 100 il volume dei prestiti, i depositi delle imprese sono risultati pari al 72% nel primo trimestre 2024, rispetto al 69% dei due anni precedenti, quote ben più alte rispetto a un decennio prima (24% nel 2012), a conferma del rafforzamento finanziario conseguito nel tempo.
Alessandra Florio, Direttrice Regionale Emilia-Romagna e Marche di Intesa Sanpaolo: «Più elementi ci portano a pensare che dagli ultimi mesi dell’anno il tessuto economico dell’Emilia-Romagna possa tornare a crescere grazie al contributo dei consumi e degli investimenti e alla spinta delle esportazioni. L’80% della spesa effettiva del PNRR si concentrerà nel triennio 2024-2026, con potenziali ricadute molto positive sul rilancio delle infrastrutture e sulla transizione digitale e green. Il nostro ruolo è attivare risorse finanziarie e strumenti dedicati ad accompagnare le scelte di investimento e far cogliere alle imprese emiliano-romagnole queste opportunità: con il nuovo programma “Il tuo futuro è la nostra impresa” mettiamo a disposizione 10 miliardi di euro fino al 2026 per la progettualità di PMI e aziende di minori dimensioni dell’Emilia-Romagna su ambiti prioritari come Transizione 5.0, energia, sviluppo all’estero e su nuovi mercati, progresso digitale e cybersicurezza. Le imprese che investono oggi possono ritagliarsi un importante vantaggio competitivo nel prossimo futuro».
L’economia regionale, conferma l’analisi di Confindustria Emilia-Romagna, rallenta la dinamica di espansione nella prima parte del 2024, in linea con il resto del Paese. Il primo trimestre si è chiuso con un calo tendenziale della produzione, un portafoglio ordini in peggioramento e una frenata dell’export. Per il trimestre in corso non si intravedono segnali di svolta rilevanti per il comparto manifatturiero dell’Emilia-Romagna, con la produzione sostanzialmente stabile e aspettative sugli ordini provenienti dall’estero ridimensionate, mentre il settore dei servizi è in moderata espansione. I fattori critici sono molti, a partire dai conflitti in corso e le tensioni geopolitiche, con possibili ripercussioni negative sulle catene di approvvigionamento, sul commercio internazionale, sui trasporti soprattutto via mare. I costi del credito sono ancora elevati, nonostante i primi timidi interventi della BCE sui tassi, come anche il costo dell’energia, con impatti rilevanti per i settori energy intensive come ceramica, metallurgia, chimica. In questo quadro, le imprese di minori dimensioni soffrono più delle medio-grandi. Il deciso aumento delle ore di cassa integrazione autorizzate rispetto allo stesso periodo del 2023 (+69%) conferma l’atteggiamento di prudenza delle imprese, anche se non si tradurranno necessariamente in un utilizzo effettivo.
«Il rallentamento della crescita – dichiara Alessandro Malavolti, Delegato di Confindustria EmiliaRomagna per l’internazionalizzazione – è influenzato da consumi deboli, una domanda estera in frenata e investimenti fermi. Servono scelte di politica industriale coraggiose. Sulle decisioni di investimento, in particolare delle piccole imprese, pesano i tassi di interesse ancora elevati. Molti piani di investimento sono congelati in attesa dei provvedimenti attuativi degli incentivi per sbloccare i crediti di imposta del piano Transizione 5.0, annunciato da molti mesi. Interventi più decisi della BCE sui tassi e lo sblocco del piano Transizione 5.0 darebbero una forte spinta agli investimenti e alla fiducia delle imprese, consentendo di impostare piani di sviluppo industriale con orizzonti temporali più lunghi.
Un altro elemento critico è il costo dell’energia elettrica, molto più elevato in Italia rispetto agli altri Paesi europei, quattro volte in più rispetto alla Spagna, il triplo della Francia, un terzo in più della Germania, e ciò si traduce in una forte perdita di competitività per le nostre imprese. Dobbiamo puntare ad un mercato unico dell’energia in Europa e all’indipendenza energetica, anche attraverso il ricorso all’energia nucleare di quarta generazione, per raggiungere gli obiettivi climatici garantendo allo stesso tempo il futuro dell’industria europea. Si conferma – conclude Malavolti – la difficoltà a trovare lavoratori qualificati, in una fase in cui le imprese hanno l’esigenza di rafforzare le competenze necessarie per affrontare le transizioni digitale e
verde».