(Sesto Potere) – Roma – 5 luglio 2024 – A maggio 2024 l’Istat stima, per le vendite al dettaglio, una variazione congiunturale positiva sia in valore sia in volume (rispettivamente +0,4% e +0,2%). Le vendite dei beni alimentari sono in aumento (+1,1% in valore e +0,8% in volume) mentre quelle dei beni non alimentari sono in calo (-0,2% in valore e in volume).
Nel trimestre marzo – maggio 2024, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio sono in aumento in valore (+0,1%) e in diminuzione in volume (-0,1%), così come quelle dei beni alimentari, mentre le vendite dei beni non alimentari sono invariate in valore e registrano un lieve calo in volume (-0,1%).
Su base tendenziale, a maggio 2024, le vendite al dettaglio aumentano dello 0,4% in valore e diminuiscono dello 0,8% in volume. Le vendite dei beni alimentari sono in crescita dell’1,4% in valore e in calo dello 0,8% in volume, mentre quelle dei beni non alimentari diminuiscono sia in valore sia in volume (rispettivamente -0,3% e -0,8%).
Per quanto riguarda i beni non alimentari, l’Istat registra variazioni tendenziali eterogenee tra i gruppi di prodotti. L’aumento maggiore riguarda Foto ottica e pellicole, supporti magnetici, strumenti musicali (+3,4%) e Prodotti di profumeria, cura della persona (+3,2%), mentre registrano il calo più consistente Elettrodomestici, radio, tv e registratori (-6,2%). Su base annuale – stima l’Istat – il valore delle vendite al dettaglio, rispetto a maggio 2023, è in aumento per la grande distribuzione (+0,9%) e le imprese operanti su piccole superfici (+0,2%).
Dato negativo, invece, sempre secondo l’Istat, per le vendite al di fuori dei negozi (-1,6%) e il commercio elettronico (-1,4%).
E i dati sulle vendite al dettaglio sono negativi nei primi 5 mesi dell’anno con una diminuzione complessiva in volume del -1,1% rispetto allo stesso periodo del 2023 e con le vendite dei beni non alimentari che rimangono ferme anche in valore: secondo il Codacons.
Confesercenti, commentando i dati diffusi dall’Istat, parla di un quadro che mostra alcune ombre, perché analizzando l’andamento tendenziale, rispetto a maggio dello scorso anno, la variazione positiva in valore è di fatto annullata dall’inflazione, nonostante il rallentamento di quest’ultima.
Si registra dunque sull’anno ancora una flessione in volume, pari a quasi 1 punto percentuale per entrambi i format del retail fisico, grande distribuzione e piccole superfici. E nonostante il recupero del reddito disponibile, dunque, la spesa degli italiani stenta a ripartire: sempre secondo Confesercenti. A confermarlo anche le stime Istat sul primo trimestre dell’anno: tra gennaio e marzo, a fronte di un aumento del reddito disponibile del 3,5% sul trimestre precedente, solo in minima parte eroso dall’inflazione (0,2 punti), la spesa delle famiglie è aumentata appena dello 0,5%.
Questo significa che della crescita di 9,1 miliardi del potere d’acquisto solo 1,6 miliardi sono stati effettivamente destinati a nuovi consumi, con un saggio di risparmio risalito di ben 2,6 punti nell’arco di un trimestre.
Ampliando lo sguardo in prospettiva storica ed escludendo l’eccezionale periodo dei lockdown, le famiglie italiane non manifestavano una disponibilità al consumo tanto bassa dal lontano 2009. Il consistente abbassamento della propensione al consumo può essere collegato alla necessità di ricostituire i risparmi bruciati durante due anni di alta inflazione, e anche al permanere degli alti tassi di interesse, che da una parte comportano una riduzione dei flussi di credito, dall’altra aumentano il rendimento del risparmio.
La situazione dovrebbe migliorare gradualmente con il rallentamento dell’inflazione e il progressivo rinnovo dei contratti nazionali, e anche i saldi estivi – in partenza domani – potrebbero dare una spinta alle vendite non alimentari: secondo le nostre stime, potrebbero generare 3,5 miliardi di euro di vendite. Serve, però, anche un’accelerazione sul taglio dei tassi: mantenerli a questi livelli rischia di soffocare la ripresa dei consumi.