(Sesto Potere) – Rimini 2 gennaio 2024 – Con l’inizio del nuovo anno, è entrato in vigore l’Assegno di Inclusione (ADI), il ‘secondo tempo’ disposto dal Governo nazionale con il quale si dice ufficialmente addio al Reddito di Cittadinanza. In particolare, si tratta di una misura di sostegno economico e di inclusione sociale condizionata al possesso di alcuni requisiti che segue l’introduzione del Supporto per la Formazione e per il Lavoro (SFL) partito lo scorso 1° settembre per le persone “occupabili” dai 18 ai 59 anni (indirizzati ai Centri per l’Impiego o ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro)
Al netto di una rimodulazione delle categorie dei beneficiari di questo nuova formula di sussidio, condizionata dal possesso di requisiti più stringenti, l’utenza riminese percettrice dell’assegno dovrebbe diminuire di qualche unità in raffronto all’ormai ‘desueto’ Reddito di Cittadinanza (693 nuclei familiari al 2022), anche se ad oggi è difficile ancora fare delle stime precise sul piano numerico.
Lo strumento Adi, in particolare, è riconosciuto ai nuclei familiari con un Isee non superiore a 9.360 euro, che abbiano almeno un componente in una delle seguenti condizioni: con disabilità; minorenne; con almeno 60 anni di età; in condizione di svantaggio e inserito in un programma di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.
Erogazione
L’assegno viene erogato ogni mese attraverso la Carta di inclusione emessa da Poste Italiane, a differenza del SFL che prevede un trasferimento diretto via bonifico. L’importo massimo annuo è di 6.000 euro, che può aumentare in base alla composizione del nucleo familiare e alle necessità abitative. L’erogazione dipende dalla valutazione dei bisogni del nucleo familiare; decorre, a seguito della verifica dei requisiti, dal mese successivo alla sottoscrizione del Patto di attivazione digitale ed è condizionata dalla partecipazione a un percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa. In fase di prima applicazione, per le sole domande complete della sottoscrizione del Patto e presentate entro gennaio 2024, la decorrenza del beneficio sarà riconosciuta dallo stesso mese di gennaio, ferma restando la necessità dell’esito positivo del controllo dei requisiti.
Gli step
Dopo la presentazione della domanda, i componenti del nucleo familiare vengono convocati dai servizi sociali del proprio Comune, per un’analisi multidimensionale dei bisogni. A seguito della valutazione di ciascun singolo caso, i componenti del nucleo familiare possono essere avviati a percorsi di lavoro o formazione, oppure seguiti dai servizi sociali se considerati non attivabili.
Il commento
“Come scritto da diversi esperti, la logica della decisione del Governo sembra ridurre i fondi a sostegno delle fasce svantaggiate, mossi dalla volontà di andare a risparmiare sulla spesa, più che di fornire un aiuto efficace ed equo alla popolazione – è il commento dell’assessore alla protezione sociale del Comune di Rimini, Kristian Gianfreda (nella foto in alto) -. Ad essere escluse da questa forma di sostegno, infatti, ci sono alcune delle categorie più bisognose, come le madri con un’occupazione precaria, le famiglie a bassissimo reddito con figli maggiorenni studenti o 50enni disoccupati da tempo. Va tenuta in considerazione poi la congiuntura economica attuale, tra un’inflazione acuta, stipendi che stentano ad alzarsi, un mercato del lavoro un po’ ingessato e minacciato da tecnologie che tagliano posti e mandano in pensione determinate professioni”.
“Penso che sul piano concettuale sia opportuno riservare le politiche assistenziali alle categorie particolarmente fragili o impossibilitate a lavorare, orientandosi, contestualmente, sulla promozione delle politiche attive fornendo opportunità di formazione e l’incoraggiamento alla partecipazione al mercato del lavoro, combattendo di riflesso anche l’isolamento. Queste ultime rappresentano un asset strategico ed efficace per favorire l’inclusione sociale e professionale delle persone, offrendo una soluzione incentrata su un ‘protagonismo’ all’interno della vita di comunità e più sostenibile a lungo termine – prosegue l’assessore -. Tuttavia, perseguire politiche attive è una direzione positiva, ma è bene che queste siano realmente funzionanti. Il fatto che, dallo scorso agosto ad oggi, non siano ancora partiti dappertutto i corsi propedeutici all’ottenimento al Sostegno Formazione e Lavoro rende vuote le promesse fatte. Insomma, la teoria poi, deve coincidere con la realtà, altrimenti l’esito finale è quello di lasciare sole e prive di sostegno tante famiglie, facendo cadere nel baratro della povertà sempre più persone e lasciando gli enti locali, di fatto, impotenti e con le mani legate”.
“Solo attraverso un equilibrio tra politiche attive di inclusione e condizioni di lavoro adeguate possiamo costruire una società che promuova il benessere individuale e collettivo”, conclude Gianfreda.