(Sesto Potere) – Roma – 20 marzo 2025 – Si è tenuta oggi a Roma, presso l’Associazione Stampa Estera, la presentazione del nuovo report dalla Friedrich Ebert Stiftung dal titolo “Italia (ancora) diseguale”. Lo studio, firmato dal Pof. Francesco Pronta (Università degli Studi di Bari Aldo Moro) e dal Prof. Lorenzo Cicatiello (Università di Napoli l’Orientale), ha aggiornato l’analisi sulle disuguaglianze territoriali in Italia, la cui versione precedente risale al 2021, evidenziando un cambiamento paradigmatico: la storica contrapposizione tra Nord e Sud non basta più a descrivere le profonde fratture economiche e sociali del Paese. Oggi l’Italia si divide in cinque macro-aree con caratteristiche ben distinte.

Alla presentazione hanno preso parte Armin Hasemann, Direttore della FES in Italia, e Luca Argenta, Policy Officer per FES Italia e coordinatore del progetto, oltre all’On. Chiara Braga, Presidente e Capogruppo PD alla Camera, che ha discusso degli aspetti di policy con i due autori. La conferenza è stata infine moderata da Giorgio Rutelli, Vicedirettore di AdnKronos.
Le Cinque Italie: la nuova mappa della disuguaglianza
Se è vero che l’Italia si distingue nell’Unione Europea per la mancata convergenza economica delle sue regioni meno avanzate rispetto alla media UE, non possiamo negare come l’intero Paese sia caratterizzato tutt’oggi da profonde disuguaglianze territoriali, subregionali, con importanti implicazioni in molteplici aspetti della vita quotidiana dei cittadini.
(A destra, le Cinque Italie)
Le differenze tra i territori non si esauriscono nei tradizionali indicatori economici, ma si manifestano attraverso una molteplicità di fattori: occupazione, accesso all’istruzione e alla sanità, qualità della vita, infrastrutture culturali, servizi pubblici e capitale civico.
Il report si pone come obiettivo quello di analizzare le profonde e persistenti disuguaglianze che attanagliano l’Italia, e per farlo adotta come base dell’analisi cluster le 107 province italiane.
Le fratture messe in evidenza dallo studio sono quindi di natura economica, sociale, ma anche di natura amministrativa: faglie che attraversano le regioni e che tracciano i confini delle disuguaglianze nel nostro Paese.
Il risultato è la mappa aggiornata di un Paese a cinque velocità, con “Cinque Italie” dalle dinamiche socio-economiche differenti.
Il primo cluster, Rooted Innovation with Risks of Social Exclusion, comprende le grandi città e le aree metropolitane del Centro-Nord (Milano, Bologna, Firenze, Roma, Torino), i distretti industriali avanzati che presentano in generale dati migliori della media: elevata occupazione e redditi alti fanno da contraltare a un forte rischio di esclusione sociale per chi percepisce salari bassi a causa dell’alto costo della vita.
Il secondo cluster, Strategic Industrial Location, raccoglie soprattutto le province del Nord a forte vocazione industriale e manifatturiera. Comprende le province del Veneto, della Lombardia e del Trentino-Alto Adige che presentano alta occupazione e palese dinamismo economico, ma uno scarso supporto del patrimonio e dell’offerta culturale.
Le province che rientrano nel terzo cluster, Balanced Living, sono quelle della “dolce vita”: con dati in equilibrio tra economica, qualità della vita e accesso ai servizi, comprendono le province di Liguria, Toscana, Umbria e Marche, ma anche zone della Valle d’Aosta, della Romagna e del Piemonte.
La “Quarta Italia” prende il nome di Struggling Intersections, e comprende le province del Centro-Sud con potenziale economico e sociale inespresso: bassi salari e bassa occupazione sono accompagnati da una discreta qualità della vita. Queste zone (Lazio esclusa Roma, Molise, Basilicata, Bari, Lecce, Sassari e Catanzaro) rappresentano di fatto un ponte, non solo geografico, tra panorami socio-economici diversi.

L’Italia delle Structurale Challenges è infine rappresentata da tutte quelle province, soprattutto al Sud ma non solo, con forti ritardi strutturali e alti livelli di disoccupazione e povertà, forti flussi migratori in uscita e bassi investimenti in istruzione e cultura. Si tratta di quelle province (Napoli, Caserta, Foggia) che necessitano di politiche mirate volte a interrompere il circolo vizioso del sottosviluppo.
Oltre il PIL: il legame tra disuguaglianze e capacità amministrativa di un territorio
L’innovazione introdotta dallo studio è l’analisi congiunta dei cluster socio-economici presentati e la capacità amministrativa dimostrata dalle singole province italiane. Questo approccio ci restituisce la fotografia di una rete di disuguaglianze amplificate o attenuate dalla qualità della governance locale.
(A destra, le capacità di governance)
Non basta essere una provincia ricca per avere una buona amministrazione, e viceversa, ma tendenzialmente esiste una convergenza tra migliori condizioni socioeconomiche ed elevata capacità amministrativa.
La governance multilivello è infatti fondamentale per ridurre le disuguaglianze territoriali, ma richiede competenze tecniche elevate e una struttura organizzativa efficiente: seguendo questa linea, risulta chiaro che le province più avanzate (cluster 1 e 2) tendono ad avere maggiori capacità di gestione delle risorse e degli investimenti, che innescano cicli virtuosi di crescita per il territorio.
Al contrario, le province più in difficoltà (cluster 4 e 5) soffrono maggiormente di carenze amministrative che diluiscono l‘efficacia dei finanziamenti pubblici.
Esistono però delle eccezioni: in particolare, sono 13 le province nel Sud e nelle Isole (tra cui Bari, Lecce, Matera e Sassari) che hanno mostrato un’alta capacità amministrativa a fronte di indicatori socio-economici mediocri. Si tratta quindi di zone in cui una maggiore presenza di risorse permetterebbe di sbloccare un potenziale di crescita che, ad oggi, rimane inespresso per mancanza di fondi.
Viceversa, si registra la presenza di diverse province con buone condizioni socio-economiche che invece mancano di alta capacità amministrativa: in questo caso, la ricchezza delle province nel cluster deriva da fattori storici, più che dalla qualità della gestione pubblica.
La Sicilia, isola dell’innovazione mancata
Tanti giovani amministratori, ma nessuno li aiuta a governare. La Sicilia rappresenta in questo contesto il caso più estremo di analisi: seppure le sue province rientrino sostanzialmente nei cluster che presentano le peggiori condizioni socio-economiche, l’analisi sulla capacità amministrativa della regione presenta importanti segnali di rinnovamento. È infatti questa la regione con il maggior numero di sindaci giovani e di donne in politica. Allo stesso tempo, è la regione che presenta la peggiore capacità amministrativa in Italia, con scarsissima capacità di gestione delle risorse. Nonostante il potenziale espresso dal processo di ricambio della classe di governo, rimane questa la macchina amministrativa più fragile d’Italia.
Per un’Italia più equa: il rischio dell’autonomia differenziata
Come ricucire un’Italia frammentata? Investimenti mirati in ambito di sanità, istruzione e infrastrutture sono strumenti imprescindibili per garantire equità nell’accesso ai servizi, e per intervenire quindi sulla qualità della vita delle province di ogni cluster. Ma è finito il tempo delle politiche adottate “a tappeto”: solo un approccio place-based è in grado di valorizzare le specificità locali, promuovendo innovazione e occupazione di qualità e, soprattutto, rafforzando la capacità amministrativa locale al fine di garantire una gestione equa, corretta ed efficiente delle risorse pubbliche. Solo in questo modo si riuscirà a salvaguardare l’efficacia degli interventi.
A questo proposito, un elemento da tenere in considerazione nello scenario attuale è quello dell’Autonomia Differenziata delle Regioni a Statuto Ordinario, di cui la Legge Calderoli, approvata nel giugno 2024, ha previsto l’attuazione come ai sensi dell’Art. 116, terzo comma, della Costituzione.
Un provvedimento che rischia di avere un fortissimo impatto sull’assetto del Paese, accentuando il divario tra chi è già ben amministrato e chi invece ha difficoltà a gestire le risorse. La capacità di governance è infatti la vera chiare per ridurre i divari che attanagliano l’Italia: non si tratta solo di distribuire più risorse, ma anche di rafforzare la capacità degli enti locali di impiegarle in maniera efficace. Solo degli interventi mirati possono innescare questo circolo vizioso.
Le dichiarazioni dei relatori
Armin Hasemann, Direttore FES Italia: “Dal 1925 la fondazione Ebert si batte sulla base dei valori socialdemocratici per la promozione e la difesa della democrazia, l’equa partecipazione di tutti i cittadini senza alcuna discriminazione, le pari opportunità e la giustizia sociale. Temi che meritano ancora oggi, 100 anni dopo, la nostra attenzione. E lo studio che stiamo per presentare torna così al cuore stesso della nostra missione”.
Luca Argenta, Policy Officer per FES Italia e coordinatore del progetto “Italia (ancora) diseguale” : “Questa indagine offre al decisore politico e alle organizzazioni sindacali la possibilità di venire a conoscenza fino in fondo delle disparità che attanagliano le varie realtà, a giornalisti e studiosi di arricchire il proprio ventaglio di informazioni, al pubblico in generale di essere sensibilizzato maggiormente su una materia di grande interesse pubblico. Come FES Italia promuoveremo incontri su tutto il territorio italiano, coinvolgendo esperti del settore, politica, sindacati, università, giornalismo e pubblico interessato, per discutere delle mancanze e delle potenzialità dei territori presi in considerazione ed offrire un ventaglio di soluzioni per raggiungere in modo crescente una riduzione delle disparità”.
Prof. Lorenzo Cicatiello, autore del report “Italia (ancora) diseguale”: “Le Cinque Italie rappresentano una dinamica di concentrazione delle opportunità socio-economiche: un fenomeno che non può essere lasciato libero di agire, ma che va governato tenendo in considerazione le specificità di ciascun territorio. Le disuguaglianze in Italia non sono statiche, ma si evolvono nel tempo, con aree che riescono a migliorare le proprie condizioni e altre che sprofondano in circoli viziosi di stagnazione e declino. Colmare il divario territoriale non significa solo investire in infrastrutture e servizi, ma anche garantire che le amministrazioni abbiano competenze e risorse necessarie per gestirli efficacemente”.
Prof. Francesco Prota, autore del report “Italia (ancora) diseguale” : “Nelle ultime due decadi, le regioni italiane, e in particolare quelle economicamente meno avanzate, non hanno mostrato alcun processo di convergenza verso la media dell’Unione Europea. Le disuguaglianze territoriali in termini di reddito raccontano solo una parte della storia. La classica lettura dell’economia italiana come di un’economia duale con la contrapposizione fra un Nord sviluppato e vivace ed un Sud in ritardo ed irrimediabilmente tagliato fuori dalle traiettorie di sviluppo delle regioni europee più dinamiche appare oggi del tutto inadeguata, incapace di fornire quella indispensabile base conoscitiva per il disegno di politiche di riequilibrio territoriale efficaci. Serve piuttosto un nuovo modo di pensare, più creativo e meno ortodosso, che superi la errata opposizione tra preoccupazioni di equità e obiettivi di efficienza”.
On. Chiara Braga, Presidente e Capogruppo PD alla Camera : “Oggi, sia la Germania che l’Italia si trovano ad affrontare la sfida di rendere le loro economie adatte al 21° secolo, di portare avanti la digitalizzazione e, così facendo, di rendere lo sviluppo più sostenibile dal punto di vista ecologico e socialmente giusto. Per vincere questa sfida ogni strumento qualificato di analisi, quale è il rapporto elaborato dalla Fondazione Ebert, è un’occasione preziosa per conoscere come sfruttare al meglio il potenziale di capitale umano, imprenditoriale e territoriale italiano”.
La Friedrich Ebert Stiftung
La Friedrich Ebert Stiftung (FES), vicina al Partito Socialdemocratico di Germania (SPD), è la più antica fondazione politica tedesca, con cento anni di attività festeggiati nel 2025. Presente in oltre cento Paesi, la FES promuove democrazia, giustizia sociale e dialogo internazionale attraverso ricerche, conferenze e iniziative su temi cruciali quali lavoro, sviluppo sostenibile e uguaglianza.
Attiva in Italia dal 1973, la FES analizza le trasformazioni politiche, economiche e sociali del Paese e favorisce il dialogo tra Italia e Germania, con particolare attenzione alle sfide europee e globali.