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A Heracademy workshop su “Demografia e lavoro: nuove prospettive di sviluppo”

Bologna – 11 dicembre 2024 – Puntare di più su donne, persone ‘senior’ e giovani, compresi quelli che né studiano né lavorano, per mitigare e anzi poter andare oltre la crisi demografica. Tra talenti che non si trovano (più) e lavoratori che invecchiano, non da oggi, le aziende o meglio tutte le organizzazioni dovranno infatti cambiare prospettiva.

Ne parlano esperti, docenti e manager ospiti di Heracademy, la corporate university della multiutility, nell’ambito di un workshop oggi pomeriggio nella sede bolognese intitolato “Demografia e lavoro: nuove prospettive di sviluppo”.

Spiega Cristian Fabbri, presidente esecutivo del Gruppo Hera: “Oggi in azienda lavorano contemporaneamente quattro generazioni dai baby boomer alla genZ, erano due solo 20 anni fa. Tutte le generazioni hanno un tratto comune nella ricerca dello scopo del proprio lavoro: il purpose aziendale diventa, quindi, un forte elemento di ingaggio e di attrazione”. La formazione interna assume in tutto questo modelli innovativi, continua Fabbri, “partendo dalla nostra corporate university e diffondendosi in azienda anche grazie a community interne ed accademy professionali. Il welfare supera la connotazione di integrazione al reddito e diventa un modo per favorire l’armonia fra la vita lavorativa e quella privata, ad esempio contribuendo alla prevenzione medica, fornendo supporto per la scelta della previdenza complementare, erogando contributi pedagogici o psicologici per i genitori”. Elencando i numeri, conclude il presidente esecutivo del gruppo: “Investiamo tutti gli anni oltre 30 milioni di euro in formazione e welfare per le nostre 10.000 persone, con programmi in continua evoluzione. Gli elevati livelli di soddisfazione, ed un turnover verso il mercato inferiore alla metà del turnover del settore, ci dicono che la strada intrapresa è quella giusta”.

Secondo l’amministratore delegato di Hera, Orazio Iacono, oggi in generale “è necessario che le aziende sviluppino una visione strategica a lungo termine che affascini anche le nuove generazioni. Sono necessari, quindi, almeno due elementi: capitale umano e capitale finanziario. Come Gruppo Hera, operatore nazionale- ricorda l’ad- con almeno un servizio fornito a oltre 7,5 milioni di cittadini e un forte radicamento territoriale, intendiamo essere parte attiva di questa transizione demografica: abbiamo previsto a piano industriale circa 5 miliardi di investimenti in infrastrutture green all’avanguardia per rendere le comunità più resilienti, più vivibili e più attrattive per le famiglie e in particolare per i giovani”. Perché “un futuro con più giovani significa innovazione, spinta ai consumi, imprenditorialità e competitività”, rimarca Iacono.

Entra nel merito anche Alessandro Camilleri, direttore centrale Personale e Organizzazione di Hera: “Solo negli ultimi vent’anni, l’età media della popolazione italiana è passata da 42 a 46 anni. Siamo immersi in questo cambiamento, spesso non ce ne rendiamo neanche conto” e “oggi sono i talenti a scegliere le organizzazioni. Bisogna andare su bacini diversi, dunque: dai ‘neet’ alle donne ai senior, valorizzando le loro competenze”. È il caso degli stessi senior, puntualizza Camilleri: “Ci sono persone over 50 perché hanno perso il posto semplicemente perché la loro azienda ha chiuso, quindi non per loro responsabilità, e magari hanno competenze tuttora spendibilissime”. Confortano sulla strada intrapresa da Hera, intanto, anche le relazioni di professori ed esperti a Heracademy.

Alessandro Rosina, ordinario di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica di Milano, evidenzia: “L’Italia è da quarant’anni, in realtà, che registra un numero di figli per donna sotto quota 1,5, uno dei bassi d’Europa. Adesso la denatalità sta riducendo anche la popolazione in età lavorativa, quindi le aziende faticano a trovare personale qualificato, più a livello nazionale che negli altri paesi”. Paradossalmente, richiama però Rosina, “l’Italia ha anche maggiori margini per poter rispondere alla riduzione della forza lavoro potenziale: finora, infatti, il paese ha sottoutilizzato il capitale umano di giovani e donne. Infatti, la percentuale di ‘neet’ in Italia (giovani che né studiano né lavorano) è tra le più alte a livello europeo, così come l’occupazione femminile è tra le più basse. Dobbiamo far rientrare queste due componenti nel mercato del lavoro italiano, allora, proprio per valorizzarle” in modo adeguato.

Condivide di fatto Alessandro Mercuri, managing partner Deloitte Consulting, che sottolinea: “Ci sono due grandi ‘riserve’ di capacità produttiva oggi in Italia. Una è il mondo dell’occupazione femminile, sapendo che in Italia è più bassa di 15 punti rispetto alla media europea, e l’altra è la grande risorsa del sud Italia. Le politiche attive che le aziende possono mettere in campo per rendere più attrattivo il lavoro per le donne rappresentano una prima risposta”.

Inoltre, spiega Mercuri, “bisogna cercare di attrarre quei talenti di cui è ricco il nostro Mezzogiorno. È una sfida che porterà tutti a interrogarsi, sulla validità dei modelli che hanno tenuto banco fino ad oggi, per un diverso equilibrio tra lavoro e vita privata”. Ai lavori di Heracademy partecipa anche Enrico Sassoon, direttore responsabile Harvard Business Review Italia, che illustra il progetto Macrotrends 2024/2025 dal titolo “Costruire la Leadership del Futuro”, in cui si è posta l’attenzione sulla carenza di una leadership forte e capace di affrontare le sfide globali.