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Comuni italiani: diminuisce la spesa per il contrasto alla povertà, aumenta la spesa sociale per gli immigrati

(Sesto Potere) – Roma – 25 settembre 2025 – Nel 2022 i Comuni hanno impegnato per i servizi sociali e socio-educativi 10,9 miliardi di euro, di cui 812 milioni rimborsati dalla contribuzione a carico degli utenti e 1,2 miliardi finanziati dal Servizio Sanitario Nazionale. La spesa (8,9 miliardi al netto delle suddette compartecipazioni) aumenta, a prezzi correnti, del 5,8% rispetto all’anno precedente.

In rapporto al Pil, la spesa dei Comuni per il welfare territoriale rappresenta lo 0,46%, quota stabile rispetto al 2021.

La spesa media pro-capite è di 150 euro all’anno, con ampi divari tra le aree del Paese: da 78 euro al Sud a 207 euro nel Nord-est. Al netto della spesa per i servizi educativi per la prima infanzia (nido e altri servizi), che afferiscono all’ambito educativo, la spesa per i servizi sociali in senso stretto si attesta a 7,5 miliardi di euro.

Ampie disuguaglianze territoriali nella spesa per i servizi sociali

Nel 2022, la spesa impegnata dai Comuni, singoli o associati, per la gestione dei servizi sociali e
socio educativi per la prima infanzia ammonta a 10,9 miliardi di euro, di cui 812 milioni rimborsati dalla contribuzione delle famiglie e 1,2 miliardi finanziati dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per le prestazioni di natura sanitaria. Al netto di tali quote, la spesa corrente dei Comuni è di 8,9 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi destinati ai nidi e agli altri servizi educativi per la prima infanzia (rientranti ormai a pieno titolo nel comparto dell’istruzione) e 7,5 miliardi per la componente strettamente sociale. Per il confronto con i dati diffusi negli anni precedenti, le spese analizzate di seguito sono riferite alla spesa dei Comuni comprensiva dei servizi educativi per la prima infanzia (ove non altrimenti specificato).

Rispetto al 2021, la spesa dei Comuni, calcolata a prezzi correnti, è in aumento del 5,8%, con un’incidenza stabile sul Prodotto interno lordo. La spesa sociale dei Comuni nel 2004 rappresentava lo 0,39% del Pil, negli anni successivi tale quota è salita gradualmente fino al 2009, raggiungendo lo 0,47%, per poi progressivamente diminuire e mantenersi stabile allo 0,42% tra il 2015 e il 2019. Dopo un incremento nel 2020 (0,47%), dovuto ai finanziamenti straordinari per i buoni spesa (erogati dai Comuni per contrastare la povertà alimentare durante l’emergenza sanitaria da Covid-19), il livello di spesa sul Pil nel 2021 e 2022 si è attestato allo 0,46%.  

Il 37,3% delle risorse è destinato a bambini, ragazzi e famiglie con figli: il 15,4% è la quota per i nidi e gli altri servizi educativi per la prima infanzia e il 21,9% quella per interventi e servizi sociali; il 27,5% ha finanziato l’assistenza alle persone con disabilità, il 14,8% i servizi rivolti agli anziani, il 9% il sostegno nell’area della povertà e dell’esclusione sociale, il 5,1% il supporto a immigrati, Rom, Sinti e Caminanti, lo 0,3% i servizi nel settore delle dipendenze e il restante 6% le attività generali e i servizi per la multiutenza.

La spesa media pro-capite, nel 2022, ammonta a 150 euro all’anno (127 euro se calcolata al netto dei servizi per la prima infanzia), con importanti e persistenti disuguaglianze territoriali, dovute principalmente alla carenza di servizi nelle regioni del Sud. La media varia, infatti, tra i 78 euro del Sud e i 207 euro del Nord-est, passando per i 165 euro del Centro, i 162 euro del Nord-ovest e i 144 euro delle Isole. A livello regionale le differenze sono ancora più marcate: il valore minimo è di 38 euro
pro-capite della Calabria e quello massimo è di 607 euro pro-capite della Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen.

Significativa l’eterogeneità dell’offerta anche rispetto alla dimensione demografica dei Comuni: la spesa media pro-capite è decisamente più alta nelle città con più di 50mila abitanti (196 euro), mentre si mantiene sotto la media nazionale per i Comuni più piccoli. I differenziali si ampliano ulteriormente se si combina l’ampiezza dei Comuni e l’area geografica: la media pro-capite varia dal minimo di 51 euro dei Comuni più piccoli (fino a 2mila abitanti) del Sud al massimo di 292 euro dei Comuni più grandi (con oltre 50mila abitanti) del Nord-est. Inoltre, nei Comuni più grandi del Sud il livello di spesa pro-capite (102 euro) è inferiore a quella registrata nei Comuni più piccoli del Nord-est (220 euro). Il valore particolarmente elevato che caratterizza la spesa nei piccoli Comuni delle Isole (235 euro) è dovuto alla specificità della Sardegna, dove risulta alta la spesa per i servizi destinata ai disabili e agli anziani residenti nei piccoli centri.

Differenze nell’offerta di cui beneficiano i cittadini si osservano anche rispetto alla tipologia comunale: la spesa per i servizi fruiti nelle “aree centrali” (Poli, Poli intercomunali, Comuni di Cintura) risulta superiore a quella delle “aree interne” (piccoli Comuni definiti come Intermedi, Periferici o Ultra periferici rispetto ai centri: 158 euro e 122 euro pro-capite rispettivamente.

Considerando la componente strettamente sociale della spesa (al netto dei servizi educativi per la prima infanzia), le differenze territoriali risultano meno marcate: nelle aree centrali la spesa pro-capite è superiore del 23% a quella delle aree periferiche, divario che sale al 30% se si include anche la spesa per i servizi educativi della prima infanzia, e per i Comuni con più di 50mila abitanti la spesa sociale è superiore del 44% a quella dei Comuni fino a 2mila abitanti, differenza che raggiunge il 69% se comprensiva anche dei servizi educativi per la prima infanzia.

La maggior parte della spesa finanziata da risorse locali

Oltre la metà della spesa per i servizi sociali e socio-educativi per la prima infanzia è finanziata dalle risorse proprie dei Comuni (50,2%) o delle loro forme associative (6,1%). Fra le altre fonti di finanziamento, la più rilevante è rappresentata dai fondi regionali vincolati per le politiche sociali (fondi provinciali nel caso di province autonome), che coprono il 17,9% della spesa. In aumento la quota finanziata dai fondi vincolati statali o dell’Unione europea, passata dal 2,7% del 2012 al 13,1% del 2022, mentre è diminuita, dal 69,3% al 56,3%, quella finanziata con risorse proprie di Comuni ed Enti associativi; stabile, all’8%, la quota finanziata dal fondo indistinto per le politiche sociali. Infine, la parte finanziata da altri enti pubblici rappresenta il 3,6% (era il 2,1% nel 2012) e quella finanziata dal settore privato appena l’1,1%. Le risorse regionali e sub-regionali coprono dunque quasi i tre quarti della spesa per il welfare locale.

Le differenze territoriali osservate nella quota di spesa finanziata dalle risorse proprie dei Comuni e delle loro forme associative sono legate anche alla capacità impositiva e quindi al reddito medio delle famiglie che vi risiedono (Figura 1): al Centro e al Nord, la quota rappresenta oltre il 60% della spesa erogata, mentre nel Sud e nelle Isole tale quota scende rispettivamente al 34,6% e il 27,8%.

In lieve aumento la spesa per il servizio sociale professionale

Negli ultimi anni, i servizi sociali sono stati oggetto di vari provvedimenti normativi, volti all’ampliamento dell’offerta e alla riduzione dei divari territoriali. Sono state definite alcune priorità di intervento e per alcuni servizi sono stati determinati i livelli minimi da garantire sull’intero territorio nazionale (Livelli essenziali delle prestazioni sociali, LEPS). La Legge di Bilancio per il 2021 ha stabilito il rapporto minimo tra gli assistenti sociali impiegati presso i Comuni o gli Ambiti territoriali sociali e la popolazione residente (almeno uno ogni 5mila abitanti). A fronte degli stanziamenti effettuati per il potenziamento della dotazione di assistenti sociali, la spesa per il servizio sociale professionale, nel 2022, è stata di 521 milioni di euro, con un incremento di 35 milioni di euro rispetto al 2021 (+7,3%).

Il numero di persone o nuclei familiari intestatari di una cartella sociale è aumentato in tutte le aree di utenza, per un totale di circa 2 milioni 331mila utenti (quasi 145mila in più dell’anno precedente, +6,6%). La quota più ampia (31,5%) è costituita da bambini e nuclei familiari con figli, seguono gli adulti con problemi di povertà e disagio sociale (24%), le persone anziane (23,6%), le persone sotto i 65 anni con disabilità (12,9%), gli immigrati (6,8%) e gli utenti con problemi di dipendenze (1,2%). Dal punto di vista territoriale, le differenze rimangono marcate: i fruitori del servizio sociale professionale variano da un minimo di 2,6 utenti ogni 100 abitanti al Sud a un massimo di 5,2 al Nord-est (la media nazionale è pari a 3,9 utenti). La spesa annua corrispondente varia da 5 euro per abitante al Sud
a 13 euro al Nord-est (9 euro per abitante la media nazionale). A livello regionale, il Friuli-Venezia Giulia fa registrare la spesa pro-capite più alta (20 euro l’anno per abitante), seguono le Province Autonome di Trento (16 euro) e di Bolzano/Bozen (15 euro). Sul versante opposto la Calabria, con soli 2 euro
pro-capite l’anno, la Campania (3 euro), la Sicilia (4 euro).

Interventi e servizi per i minori e le famiglie con figli

Le risorse dedicate alle famiglie con figli e al supporto dei minori in difficoltà, al netto della contribuzione degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale, nel 2022 ammontano a 3,3 miliardi di euro, in aumento del 4,7% rispetto all’anno precedente. Una parte importante delle risorse (il 41,2%) è destinata ai nidi d’infanzia e agli altri servizi educativi (1,4 miliardi di euro), portando il livello della spesa per i servizi sociali in senso stretto a 1,9 miliardi di euro.

In termini di spesa pro-capite, calcolata rispetto al numero di residenti fino a 17 anni di età, il valore si attesta a 362 euro l’anno e varia tra i 96 euro della Calabria e gli 883 euro della Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen. Nei Comuni delle aree interne la spesa media pro-capite per i servizi rivolti ai bambini e ragazzi (269 euro) è decisamente inferiore a quella dei Comuni delle aree centrali (388 euro); tale evidenza caratterizza quasi tutte le regioni, con l’eccezione di Molise, Basilicata e Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen, dove la spesa è più alta nei Comuni delle aree interne rispetto a quella dei Comuni nelle aree centrali. La stessa evidenza caratterizza la spesa calcolata al netto dei nidi e degli altri servizi educativi per la prima infanzia, ma risulta meno marcata anche per effetto della più bassa natalità che caratterizza le aree interne.

Nell’arco dell’anno, i bambini e ragazzi presi in carico dal servizio sociale professionale, con i relativi nuclei familiari, sono stati oltre 734.500, in aumento del 7,7% rispetto all’anno precedente. Per questo tipo di servizio, che prevede l’individuazione dei bisogni specifici e del tipo di assistenza da attivare, i Comuni, nel 2022, hanno speso 190 milioni di euro, l’8,8% in più rispetto al 2021. Dopo le attività ricreative e socio-culturali (con 223mila utenti) e i centri estivi (196mila), i contributi economici per i servizi scolastici registrano il maggior numero di beneficiari (oltre 187mila utenti); seguono i contributi per sostenere le spese di alloggio delle famiglie in difficoltà (quasi 109.500) e quelli a integrazione del reddito familiare (quasi 104.500).

In lieve aumento l’utilizzo dei centri per le famiglie, che supportano i nuclei familiari con figli attraverso lo scambio di esperienze, favoriscono l’utilizzo degli spazi del territorio, incentivano la creazione di collegamenti fra i servizi e la valorizzazione delle risorse della comunità. Nel 2022 hanno usufruito del servizio quasi 69mila famiglie.

Altri servizi che prevedono importanti attività di supporto ai genitori e ai bambini con problematiche sociali sono: il sostegno alla genitorialità, di cui hanno beneficiato oltre 62mila nuclei, il sostegno
socio-educativo offerto ai bambini e ragazzi presso le scuole (circa 77.600 utenti) o organizzato in strutture del territorio (oltre 56mila utenti), nonché l’assistenza domiciliare socio-assistenziale, che comprende il supporto nello svolgimento dei compiti (quasi 21mila utenti). Per quanto riguarda le strutture residenziali (il servizio più oneroso dal punto di vista economico, con un totale di spesa dei Comuni pari a 741 milioni di euro), nel 2022 sono stati accolti quasi 46.700 utenti nel corso dell’anno, inclusi i bambini privi di tutela, le donne e i genitori in difficoltà.

Diminuisce la spesa per il contrasto alla povertà

Nel 2022 la spesa gestita dai Comuni, singoli e associati, per il supporto alle persone in condizioni di povertà e disagio sociale è stata di 800 milioni di euro, 102 milioni in meno rispetto al 2021. La spesa in quest’area di utenza ha fatto registrare un debole aumento tra il 2012 e il 2019 (+3,1%) e un forte incremento nel 2020 (+72,9%), in seguito all’erogazione dei contributi e dei buoni pasto aggiuntivi per le persone in grave difficoltà economica, oggetto di specifici finanziamenti statali durante l’emergenza sanitaria.
Nel 2021 e nel 2022 la spesa è diminuita del 5,9% e dell’11,3% rispettivamente, mentre sono aumentate le richieste assistenziali per problemi di povertà e disagio sociale. Il calo della spesa ha riguardato quasi tutte le regioni geografiche (tranne Sardegna, Abruzzo, Molise, Liguria e Friuli-Venezia Giulia), così come l’aumento delle persone prese in carico, che da oltre 508mila nel 2020 hanno superato le 525mila
nel 2021 e le 559mila nel 2022, per una spesa di quasi 115 milioni di euro. La spesa per il contrasto della povertà riproduce i divari territoriali della spesa sociale complessiva, nonostante la diversa distribuzione del disagio economico; al Sud, dove la percentuale di famiglie in povertà assoluta è più alta (l’11,2% nel 2022), la spesa pro-capite è minima (13 euro per residente fra 18 e 64 anni). In tutte le altre ripartizioni, dove la quota di famiglie in povertà assoluta varia dal 6,4% al Centro al 9,8% nelle Isole, la spesa pro-capite è superiore alla media italiana (22 euro): 29 euro al Nord-est, 26 nelle Isole, 25 al Nord-ovest, 22 al Centro. A livello regionale, la spesa pro-capite dei
Comuni nell’area povertà e disagio adulti varia da un minimo di 7 euro annui in Calabria a 42 euro nella Provincia Autonoma di Trento. In tutte le ripartizioni geografiche la spesa pro-capite è maggiore nei Poli e negli altri Comuni delle aree centrali (24 euro) rispetto ai Comuni delle aree interne (17 euro).

In aumento la spesa sociale per gli immigrati

La spesa dedicata al supporto e all’inclusione della popolazione immigrata, nel 2022, ammonta a 452 milioni di euro, il 5,1% della spesa complessiva per i servizi sociali dei Comuni. Rispetto al 2021, la spesa per quest’area di utenza è cresciuta di 102 milioni di euro, al terzo posto in valore assoluto dopo l’aumento di spesa per la disabilità e per i servizi rivolti alle famiglie e ai minori. L’incremento percentuale di spesa è stato del 29,3%, più intenso nelle Isole (40,8%) e al Sud (34,6%), ma consistente anche nel Nord-est (27,8%), Nord-ovest (26,7%) e nel Centro (25,4%).
L’andamento della spesa sociale dei Comuni nell’area “Immigrati, Rom, Sinti e Caminanti” riflette le modifiche introdotte negli anni nel sistema di accoglienza degli stranieri e dei richiedenti asilo. Infatti, dal 2013 al 2017 la spesa è aumentata del 73,5% grazie alle risorse aggiuntive provenienti dal “Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati” (Sprar), che dal 2014 ha permesso ai Comuni e ad altri
Enti locali di utilizzare finanziamenti statali ed europei per progetti di accoglienza integrata a favore di persone con percorsi migratori particolarmente difficili. L’incremento di spesa ha interessato quasi tutte le regioni italiane, ma soprattutto la Sicilia e, in minor misura, la Sardegna.

Tutto qusto emerge nel dossiere Istat: LA SPESA DEI COMUNI PER I SERVIZI SOCIALI | ANNO 2022