(Sesto Potere) – Roma – 6 agosto 2025 – Da giovedì 7 agosto entreranno in vigore i dazi USA sui prodotti europei, con tariffe che passano dal 5% al 15%. Ma cosa cambierà per le famiglie italiane?
Secondo l’analisi di Altroconsumo, i consumatori non vedranno aumenti diretti sui prodotti americani che acquistano abitualmente – da jeans e cosmetici fino a ketchup e whisky.
Il vero rischio arriva però dalle bollette: l’impegno europeo ad acquistare 750 miliardi di euro di gas liquefatto USA potrebbe far salire i costi energetici.
Sul fronte opposto, le aziende italiane che esportano potrebbero trovarsi costrette ad aumentare i prezzi sul mercato interno per compensare le perdite negli Stati Uniti. Un effetto a catena che, nelle stime più pessimistiche, potrebbe costare oltre 103mila posti di lavoro.
Ma anche il turismo è a rischio: il dollaro debole, inoltre, rischia di avere effetti anche sul mercato turistico italiano.
Confesercenti stima “circa 300mila arrivi Usa in meno in Italia ed un calo di 600 milioni della spesa turistica americana”.
E secondo gli ultimi dati diffusi da Banca d’Italia, però, nel 2024 sono stati 4,1 milioni gli statunitensi in vacanza nel nostro Paese, che hanno speso 6,4 miliardi di euro: 300mila arrivi in meno sembra un numero ancora contenuto, seppur importante per la nostra industria del turismo.
L’analisi di Altroconsumo s’è soffermata anche sul settore dell’export dei prodotti italiani e potrebbe succedere che: “i dazi più elevati spingano gli importatori ad alzare i prezzi negli Stati Uniti per compensare il costo in più; e, di conseguenza, anche rivenditori e commercianti statunitensi potrebbero aumentare i prezzi finali, i consumatori americani potrebbero quindi acquistare meno, con ripercussioni per l’export della nostra industria e quindi per la nostra economia. Oltretutto, c’è da considerare che l’Italia è tra i primi esportatori europei verso gli Usa, per macchinari e apparecchiature, prodotti farmaceutici e diversi altri settori”.
Per il settore agroalimentare – aggiunge Altroconsumo – il rischio rincaro dei nostri prodotti per i consumatori americani c’è: si vedrà se gli statunitensi continueranno ad acquistare o meno alimenti e bevande italiane o se le aziende, per mantenere le vendite, preferiranno non alzare i prezzi o alzarli poco nonostante dazi più alti. In ogni caso, ci sono anche prodotti per i quali ci sarebbe un beneficio: il prosciutto crudo, ad esempio, aveva un dazio del 16,5% che adesso scenderebbe al 15%. Inoltre, c’è ancora il mistero dei prodotti a dazi zero: nessuno ha una lista precisa finora”.
Tutti i Paesi hanno dazi sull’export verso gli Stati Uniti di almeno il 15% (ma anche molto superiori in base a quanto previsto da Trump), ma fra quelli che “possono approfittarne” però – continua l’analisi di Altroconsumo – “c’è solo la Gran Bretagna, le cui imprese esportano negli Usa con dazi al 10%. Il Regno Unito, a lungo andare, potrebbe rosicchiare quote di mercato anche alle aziende italiane, anche se non in tutti i settori (ad esempio sarebbe difficile nel settore agroalimentare, mentre più probabile nel settore della componentistica o della meccanica)”.
In Italia un eventuale calo dell’export comporterebbe ripercussioni anche sul mercato del lavoro: le stime parlano di un calo di “unità” dello 0,4% a causa dei dazi, cioè oltre 103mila lavoratori in meno.
Un altro settore analizzato da Altroconsumo è quello del farmaco. Al momento non è noto se saranno previsti dazi di un livello massimo del 15% per tutti i farmaci prodotti in Europa o se saranno esclusi alcuni medicinali definiti “essenziali”.
“Quello che sappiamo, però – spiega Altroconsumo -, è che i dazi alle esportazioni negli States difficilmente comporterebbero un aumento immediato dei prezzi per noi italiani ed europei, anche perché nel nostro settore farmaceutico esistono dei meccanismi regolatori che impedirebbero sbalzi di prezzo “da un giorno all’altro”.
“Sul lungo periodo, però, le aziende farmaceutiche potrebbero cercare di trasferire sui consumatori italiani ed europei la riduzione delle vendite dovuta ai dazi. Non sappiamo se, come e quando potrebbe avvenire ma, in questo caso, gli aumenti andrebbero a incidere soprattutto sulla nostra spesa pubblica: la maggioranza dei farmaci che utilizziamo in Italia, infatti, sono ospedalieri o di fascia A (su ricetta medica, versando solo il ticket) e sono pagati in gran parte dal Servizio sanitario nazionale”: ricorda Altroconsumo.
Complessivamente, ci sono ancora tanti dettagli che restano da definire rispetto ai prodotti a cui verranno applicate le nuove tariffe.
“Al momento sappiamo che restano fuori dall’accordo acciaio ed alluminio (il dazio resta al 50% con possibilità di riduzione per quote) e gli alcolici su cui si tratterà nei prossimi giorni. Dovrebbero essere esenti da dazi, sia in Ue che negli Usa, gli aerei e le loro componenti, alcuni prodotti chimici e alcuni tipi di farmaci, i macchinari per produrre microprocessori, alcune risorse naturali e materie prime critiche, alcuni prodotti agricoli. Possibile un’esenzione per i superalcolici (ma non per il vino). L’Ue, dal suo canto, non ha ritoccato i dazi a cui sono sottoposti i prodotti americani che importa; ha inoltre promesso l’acquisto dagli Stati Uniti di 750 miliardi di dollari di gas naturale liquefatto (Gnl), petrolio e di energia nucleare; si è impegnata ad acquistare armi dagli States, a investire 600 miliardi di dollari oltreoceano e ad aprire le frontiere a più prodotti alimentari statunitensi. È evidente che molte risorse europee, con questa intesa, usciranno verso gli Stati Uniti invece che restare in Europa per aumentare la nostra produttività, investire in innovazione ed efficienza energetica. Mentre, lo sosteniamo già dai primi annunci di Trump, la vera strada per competere a livello globale sarebbe proprio il contrario: investire in Ue per aumentare il mercato unico interno, renderlo più forte e concorrenziale”: conclude Altroconsumo.