(Sesto Potere) – Bologna – 28 giugno 2025 – Il Ministero della Salute ha emesso un bollettino di allerta meteo da bollino rosso per la provincia di Bologna per il caldo di livello massimo di soglia 3 per rischio elevato persistente per almeno 3 giorni consecutivi, il 27, 28 e 29 giugno 2025.
Le ondate di calore si verificano quando si registrano temperature molto elevate per più giorni consecutivi, spesso associate a tassi elevati di umidità, forte irraggiamento solare e assenza di ventilazione. Queste condizioni climatiche possono rappresentare un rischio per la salute della popolazione.
Ed oltre al caldo torrido Arpae Emilia-Romagna ha registrato nella giornata di giovedì 26 giugno, alcuni superamenti della soglia di informazione (180 μg/m³) per l’Ozono. Tali superamenti sono stati osservati nelle province di Reggio Emilia e Ferrara.
La presenza di tempo stabile e soleggiato – spiega Arpae Emilia-Romagna – potrebbe comportare anche nei prossimi giorni ancora superamento della soglia.
“L’estate meteorologica è iniziata da quasi un mese, quella astronomica da pochi giorni e ci si trova di fronte a temperature decisamente elevate su tutto il territorio nazionale. I valori massimi delle ultime 48 ore – sino a 39°C nella capitanata pugliese e nella Sardegna sud-orientale – associati al palese comportamento irregolare delle precipitazioni – sia nello spazio, sia nel tempo – stanno gia determinando notevoli criticità, sia relativamente all’ambiente fisico sia relativamente alle problematiche biometeorologiche. E, previsioni alla mano, sembrerebbe molto elevata la probabilità che l’anticiclone subtropicale di matrice continentale, più semplicemente detto africano, possa persistere per alcuni giorni, evidenziando una blanda flessione al Nord e sulle regioni orientali solamente tra venerdì e sabato”: ha affermato Massimiliano Fazzini, geologo e climatologo, Responsabile del Team sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale.
“Le tempertuara decisamente elevate prima evidenziate sono tali relativamente alla terza decade di giugno. Ma sono “adeguate” per definire quantititavamente un’ ondata di calore? In realtà ci sono due tipi di approccio per definire un’ondata di calore, il primo di tipo epidemiologico, il secondo facendo riferimento alla climatologia classica. L’approccio epidemiologico si basa sugli effetti che temperature elevate (o percepite tali) hanno avuto in un certo luogo sulla salute umana. Vengono quindi individuate delle soglie di temperatura percepita (effetto combinato di temperatura, umidità, vento) – ha continuato Fazzini – oltre le quali è stato registrato in precedenza un aumento dei casi di mortalità e/o morbilità. In questo caso, l’accezione di ondata di calore varia da paese a paese e non esiste quindi una definizione comune in quanto i climi sono diversi così come l’adattamento delle persone che vivono in particolari climi.”
L’ approccio climatologico, è nato recentemente, anche in seguito all’esigenza di uniformare a livello globale il concetto di “evento estremo” per poter confrontare i risultati emersi negli studi climatici relativi agli eventi meteorologici estremi nei diversi paesi. È così che la WMO (l’Organizzazione meteorologica mondiale) ha definito l’ “ondata di calore”.
In Italia vige il principio che un ondata di calore: è definibile quando si verifica un periodo di 3-6 giorni consecutivi – ondata di calore di breve durata – o almeno 7 giorni consecutivi – ondata di calore di lunga durata – con temperatura media giornaliera superiore di almeno una deviazione standard calcolata sull’attuale trentennio di riferimento 1991-2020 rispetto alla temperatura media giornaliera “normale”.
In pianura, tale soglia è quantificabile in circa 32,5°C.
“Se non si verificano tali condizioni, allora non si può parlare di ondata di calore, per cui risulta elementare comprendere che la definizione corretta di tale avvenimento si può verificare solamente al termine di tale periodo. La previsione di ondata di calore rimane dunque previsione e mai certezza durante l’evento potenzialmente tale”: aggiunge ancora Massimiliano Fazzini.
“Allo stato attuale si possono comunque fare le prime evidenti considerazioni. In primis, l’innalzamento della quota dello zero termico in libera atmosfera, attualmente posizionata intorno ai 4700 metri e prevista tra sabato e domenica a circa 5100 m., sta determinando una rapida fusione (non scioglimento) del manto nevoso stagionale, sino a pochi giorni fa presente in maniera abbondante sulla catena alpina. La conseguenza più significativa sta nella minore disponibilità di neve stoccata che non potrà essere disponibile nel bimestre luglio-agosto, generalmente il piu caldo dell’anno, quando la richiesta idrica risulta essere maggiore. Di seguito, gli apparati glaciali inizieranno ben presto a soffrire tale mancanza di innevamento, cosi che il ghiaccio fossile andrà incontro anch’esso ad una rapida fusione, con le conseguenze che osserviamo in maniera perentoria e drammatica a partire dall’inizio del XXI secolo… Qualora tale fase estremamente calda e asciutta dovesse estendersi per oltre una settimana, inizierebbero ad essere evidenti problematiche di scarsità di acqua, intese come quantità stoccata nelle falde acquifere o negli invasi esistenti, con conseguenze critiche per gli svariati comparti produttivi e per la popolazione. – Occorre a tal proposito rammentare che quando ci si trova di fronte a lunghi periodi siccitosi”: ha aggiunto Fazzini.
Parallelamente a tali problematiche, c’è il problema bioclimatico: con l’aumento dell’età media della popolazione, i problemi di morbilità (la frequenza e diffusione delle malattie in una popolazionea) umentano in maniera esponenziale e spesso i pronti soccorsi dei nosocomi vanno in difficolta, in relazione soprattutto alla durata dell’onda di calore e all’eventuale persistenza di notti tropicali – nelle quali la tempertuara non scende al di sotto del 20°C.
“Dunque il discorso climatologico applicativo è molto piu complesso di quanto possa apparire nel marasma delle informazioni disponili su varie fonti disponibili in rete e sulla carta stampata e solamente ricorrendo ad un approccio scientifico super partes rispetto ad ideologie varie, si può correttamente informare non solo la popolazione ma anche il tecnico istituzionale piuttosto che il polito sensibile a far si che finalmente si pianificano studi dedicati di tipo applicativo – operativo – che permettano azioni di adattamento di vario genere e magnitudo – che abbiano finalmente un unico obiettivo: la mitigazione del rischio climatico s.l. che ci si trovi di fronte a qualsiasi evento meteoclimatico estremo (come da statistica)– palese evidenza del comprovato cambiamento climatico in atto”: conclude il Team sul Rischio Climatico della Società Italiana di Geologia Ambientale.