(Sesto Potere) – Ravenna – 24 gennaio 2025 – Il collegio giudicante del Tribunale di Ravenna, presieduto dalla dott.ssa Cecilia Calandra, ha emesso giovedì 23 gennaio la sentenza di primo grado nel processo “Radici”, confermando con 21 condanne e complessivi 98 anni di carcerazione l’impianto accusatorio presentato dal pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, che aveva chiesto pene per oltre 110 anni complessivi.
Il processo Radici era nato da una indagine di Polizia e Guardia di Finanza che tra il 2018 e il 2022 ha scoperchiato gli investimenti illeciti nell’industria alberghiera e dolciaria di una potente organizzazione insediata in Emilia-Romagna e collegata a note famiglie della ‘ndrangheta calabrese che si erano rese protagoniste di compravendite di bar, pasticcerie, laboratori artigianali, ristoranti e alberghi nell’area della riviera romagnaola tra Ravenna, Cervia e Cesenatico per riciclare denaro frutto delle attività criminali.
Il dibattimento ha confermato la carica di violenza verbale e fisica con la quale membri dell’organizzazione imponevano alle loro vittime, in particolare lavoratori in stato di bisogno e imprenditori in difficoltà finanziaria, la forza brutale della cosca. Che colpiva non solo le singole persone, ma i diritti complessivi del mondo del lavoro e le prerogative sindacali.
Al termine di un dibattimento, Cgil Emilia-Romagna e Camera del Lavoro di Forlì/Cesena, presenti al processo come Parti Civili, rappresentate dagli avvocati Andrea Ronchi e Andrea Gaddari, esprimono soddisfazione per questa sentenza e ricordano che gli atti del processo hanno dimostrato: “come il grave sfruttamento lavorativo e il caporalato siano realtà presenti nel nostro territorio anche in settori come quello del turismo, della ricezione alberghiera, dell’artigianato dolciario”.
La Cgil già prima del processo aveva patrocinato i lavoratori sfruttati e segnalato alle autorità la gravità dei fatti, svolgendo un ruolo attivo di sentinella del territorio.
“La sentenza, di cui leggeremo attentamente le motivazioni una volta depositate, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno all’organizzazione sindacale così come al lavoratore che si era coraggiosamente costituito parte civile. Ancora una volta è dimostrato che, dove non c’è legalità, il sindacato è leso nel suo ruolo costitutivo di rappresentanza e di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori e pertanto continueremo il nostro impegno per contrastare i fenomeni degenerativi che sottraggono libertà e dignità delle persone”: commentano Cgil Emilia-Romagna e Camera del Lavoro di Forlì/Cesena.
Anche il sindaco di Cesenatico Matteo Gozzoli, che aveva denunciato il sistema illegale ed aveva costituito il Comune parte civile nel processo, ha commentato la sentenza: “Oggi (ieri per chi legge, ndr) per Cesenatico è una giornata storica, storica e anche bella. La sentenza del processo Radici ha confermato l’impianto accusatorio dimostrando la sussistenza della gran parte dei reati, compresa l’aggravante del metodo mafioso per alcuni degli imputati. Complessivamente sono arrivate 21 condanne sulle 22 richieste e riguardo alla nostra città, tutti i reati commessi sul nostro territorio hanno dato seguito a una condanna. Questo ci dà coraggio perché ribadisce ancora una volta che grazie alla reattività del territorio, al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, ci possiamo difendere dalle infiltrazioni della criminalità organizzata. Cesenatico ha alzato la testa, e lo ha fatto grazie alla coesione del suo tessuto sociale e alle istituzioni”.
“Ringrazio tutte le forze dell’ordine coinvolte nelle indagini, specialmente la tenenza della Guardia di Finanza di Cesenatico, e il Commissariato di Polizia di Cesena che dimostrano l’importanza dei presidi locali. Unitamente a loro, ringrazio tutti quanti si sono impegnati in questa operazione. Grazie all’impegno enorme del Pubblico Ministero Marco Forte é stata scoperchiata una situazione molto grave”: conclude il sindaco di Cesenatico Matteo Gozzoli.