lunedì, Gennaio 13, 2025
HomeBolognaEmilia-Romagna, Snami: medici base non diventino dipendenti Ausl. Sindacato boccia idea per...

Emilia-Romagna, Snami: medici base non diventino dipendenti Ausl. Sindacato boccia idea per case comunità

Bologna – 13 gennaio 2025 – No all’assunzione dei medici di famiglia da parte delle aziende sanitarie come rinforzi per le Case di Comunità. A schierarsi così è il sindacato medico Snami Emilia-Romagna, che giudica “un grave errore” la proposta “trapelata nei giorni scorsi”. Prima di tutto perché le Case di Comunità sono “un progetto oramai ritenuto ampiamente critico”.

Inoltre, trasformare i medici di base in lavoratori dipendenti e subordinati rischia di compromettere “qualità ed efficienza del nostro sistema sanitario territoriale, a meno che non sia ribaltata su di esso una vagonata di miliardi”. Secondo lo Snami Emilia-Romagna, “questa soluzione nel contesto attuale appare come una toppa peggiore del buco, capace solo di aumentare le criticità esistenti senza affrontare i veri problemi della medicina di base”.  

In poche parole, “si cambia il contenitore senza ragionare dei problemi del contenuto e del sistema, realizzando uno scenario paradossale. Nemmeno negli ospedali i medici rimangono più come dipendenti subordinati ai vari nominati, spesso con ampia ingerenza politica. Il fenomeno dei gettonisti ne è testimonianza e si vorrebbe, invece che correggere i problemi, moltiplicarli su tutto il sistema sanitario”, critica il sindacato, nella cui visione i medici di famiglia dovrebbero essere “liberi e autonomi da gerarchie” per poter “continuare a svolgere il ruolo fondamentale di garante degli interessi dei cittadini”. Gli stessi medici dipendenti della sanità pubblica, afferma lo Snami, “scappano sempre più numerosi da una gestione gerarchica spesso degenerata nel tempo, al punto da non consentirgli più di lavorare con la necessaria serenità e sostenibilità sia sul piano umano che su quello professionale”.

Voler quindi trasformare i medici di base in dipendenti delle Case di Comunità, insiste lo Snami Emilia-Romagna, “significa snaturare la loro funzione primaria e il loro ruolo di garanzia autonoma, libera da ingerenze”. Le Case di Comunità, dal canto loro, “sono l’esatto contrario rispetto l’odierna capillarità degli studi- punta il dito il sindacato- rischiano di diventare poliambulatoriali sovraccarichi e impersonali, forse capaci di erogare prestazioni in una logica industriale più che aziendale, ma incapaci di rispondere efficacemente alle esigenze di relazione e di vincolo fiduciario coi cittadini”.  

Secondo lo Snami, la soluzione quindi “non è assorbire i medici di famiglia nel sistema pubblico come lavoratori subordinati, ma aggiornare le regole convenzionali, potenziando funzioni e competenze attribuite, a partire dal percorso formativo, negoziando regole aggiornate per contestabilità del curante e standard di accreditamento delle prestazioni da erogare, in una logica di programmazione vera. Semplificare i processi amministrativi e garantire risorse adeguate per svolgere al meglio il loro ruolo: questo manca in qualunque proposta, dal Governo centrale in giù”.

Per il sindacato, è insomma “fondamentale riscrivere la figura del medico di famiglia in senso migliorativo, non distruttivo, come pilastro centrale del sistema. Occorre puntare su investimenti mirati, strumenti innovativi e una maggiore integrazione tra i diversi livelli di assistenza, senza compromettere l’efficacia del servizio offerto”.

Lo Snami invita quindi “le istituzioni a riconsiderare questa scelta e avviare un confronto serio con i professionisti del settore per individuare soluzioni concrete e sostenibili che rispondano davvero ai bisogni del sistema nel suo complesso”.