martedì, Novembre 26, 2024
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“Ius scholae”. Il Comune di Modena amplia l’esperienza di ‘Bambino=cittadino’

(Sesto Potere) – Modena – 26 novembre 2024 – L’esperienza di “Bambino=cittadino” si allarga: l’iniziativa con la quale, da anni, il Comune di Modena conferisce la cittadinanza onoraria ai bambini di origine straniera nati in Italia e che vivono e studiano a Modena si rafforza e si amplierà con il conferimento della cittadinanza onoraria anche ai bambini e alle bambine che non sono nati in Italia ma che qui hanno concluso un ciclo scolastico.

Lo ha annunciato l’assessora alle Politiche educative del Comune di Modena Federica Venturelli, recependo la mozione approvata dal Consiglio comunale nei giorni scorsi che sollecita al Parlamento la riforma della concessione del diritto di cittadinanza basata sullo “ius scholae”.

L’annuncio è avvenuto nel corso della celebrazione della Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Consiglio comunale nella seduta di mercoledì scorso, nel 35° anniversario dall’approvazione della Convenzione.

Nella consapevolezza che la scuola è il primo momento per contrastare le disuguaglianze, a partire dai primi anni di vita dei bambini, l’assessora Venturelli ha affermato che “è necessario allargare i diritti dei tanti bambine e bambini nati o cresciuti in Italia approvando la riforma della concessione della cittadinanza attraverso il cosiddetto ‘ius scholae’, una proposta che rientra nel diritto alla non discriminazione, considerato un caposaldo della Convenzione. Insieme ai diritti – ha proseguito l’assessora Venturelli – cresce, infatti, anche la consapevolezza dei doveri che derivano dall’essere cittadini. Sulla base di questa riflessione, il Comune ha deciso di ampliare l’iniziativa ‘Bambino=cittadino’ estendo, appunto, il conferimento della cittadinanza onoraria anche ai bambini non nati in Italia ma che nel nostro Paese vivono e concludono almeno un ciclo scolastico. Perché la scuola non ha confini”.

Al momento di riflessione in Consiglio comunale, introdotto dai saluti istituzionali del presidente Antonio Carpentieri, sono intervenuti anche Fiorella Balli, già direttrice della Pediatria e del Dipartimento materno-infantile dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena, ora volontaria Unicef, e Roberto Farnè, pedagogista, già docente ordinario di Didattica generale all’Università di Bologna.

La professoressa Balli ha ricordato che, dal 1989, ben 196 Paesi hanno ratificato la Convenzione Onu sui diritti dei bambini e delle bambine che si articola in quattro grandi categorie: non discriminazione, maggiore interesse del minore in qualsiasi attività che lo concerne, diritto alla vita e ad uno sviluppo fisico e psichico normale, diritto all’ascolto.

Balli ha messo l’accento, in particolare, sul diritto alla scuola, al gioco e al tempo libero e ha sottolineato anche due richiami in particolare che l’Onu ha fatto all’Italia, invitando a prendere provvedimenti contro il razzismo e la carcerazione dei bambini piccoli con le loro madri. Tutti obiettivi per i quali l’Unicef opera in tutto il mondo.

Di diritti e doveri ha parlato il professor Farnè che ha sottolineato che “affermare i diritti dell’infanzia non è solo cosa buona e giusta in linea di principio, ma in solido obbliga gli adulti a farsi garanti di tali diritti e di assumersi i doveri corrispettivi; alla politica in primis a guardare la realtà, a partire da quella locale, dal punto di vista dei diritti dell’infanzia. Ma disarticolare i diritti dai doveri è un errore, persino una grave omissione. I diritti sono belli: per i diritti si lotta, sono terreno di conquista sociale e politica, basta pensare a quanti sacrifici, anche estremi, sono costate le conquiste di certi diritti, che è bene sempre riaffermare. Ma – ha proseguito il professor Farnè – a chi tocca affermare i doveri? Che non sono ‘belli’ come i diritti ma altrettanto necessari. Dove e come si impara il senso del dovere? Gianni Rodari, in una sua poesia, esortava i bambini: “a imparare a fare le cose difficili”. Pare che i doveri oggi siano una delle cose più difficili. Dobbiamo sentire noi il dovere di garantire i diritti dell’infanzia e non espropriarli di questo diritto”.