(Sesto Potere) – Ravenna – 1 ottobre 2024 – “Finita l’estate, fatto il resoconto della stagione turistica, ci apprestiamo a vivere una stagione di domande e punti interrogativi su come gestire la nostra costa e affrontare le criticità date dall’erosione costiera, le inondazioni marine, la subsidenza, l’intrusione salina nell’acquifero costiero e, in caso di terremoto, la liquefazione delle sabbie. La nostra costa romagnola, bassa e sabbiosa, è estremamente vulnerabile, la sua fragilità è destinata ad aumentare a fronte dei cambiamenti climatici in atto, ma possiamo anche non parlare di cambiamento climatico, tanto il risultato non cambia. Le problematiche accentuatesi dal dopoguerra con l’intenso sfruttamento del territorio non tendono ad affievolirsi, le azioni messe in atto come il ripascimento delle spiagge e le difese costiere sono un debole contrasto ad una tendenza generale a livello mondiale che vede ampi territori vicini al mare a rischio allagamenti e scomparire come terre emerse”. Lo ha affermato il geologo Paride Antolini, presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia – Romagna, oggi sui luoghi colpiti dall’alluvione.
Ma perché c’è questa erosione costiera?
“Ci sono dei fattori che la favoriscono, quali la riduzione del trasporto solido da parte dei fiumi, la subsidenza, l’innalzamento del livello marino, l’abbattimento delle dune costiere, opere di difesa costiere che non hanno risolto il problema. Su quali dei fattori sopra esposti possiamo intervenire in maniera concreta nel breve-medio periodo? Possiamo concretamente incidere sul trasporto solido dei fiumi, nel trasporto dei sedimenti, che tradotto è formato da tutto quel fango che ricopre le nostre città e le nostre campagne dopo un’alluvione. Il fiume è un grande nastro trasportatore. Dal dopoguerra ad oggi si è osservata una riduzione del trasporto solidi dei fiumi e quindi una riduzione di apporto di sabbia alle foci dei fiumi e di conseguenza alle spiagge. Il fenomeno può essere indotto da diversi fattori che sono accelerati da come gestiamo i nostri fiumi: la costruzione di barriere, di briglie e di dighe trattengono sedimento, impediscono alla sabbia di arrivare al mare, dove, quel poco che arriva, trova ostacoli nel trasporto solido litoraneo dalle modifiche artificiali della linea di costa. Un esempio studiato è la foce del fiume Conca. La diga del fiume Conca, costruita nei primi anni “70 ha profondamente alterato il corso d’acqua e la fascia costiera a sud di Riccione”: continua Antolini.
“In generale i nostri fiumi hanno subito in passato una canalizzazione per dare spazio alle attività produttive, poi sono arrivate le estrazioni di ghiaia e sabbia in alveo per un utilizzo come materiale da costruzione; gli alvei sono stati così incisi e ristretti, per rimediare al problema sono state costruite briglie, opere trasversali, muri, etc; il risultato finale è un fiume con il suo tratto collinare-montano disconnesso dalla sua piana inondabile se non durante gli eventi di piena eccezionali che hanno ridotto fortemente il trasporto dei sedimenti”: evidenzia il presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia – Romagna Antolini.
“La Romagna non è solo la montagna, non è solo la pianura bonificata e non è solo la riviera, è tutto questo che nel corso di centinaia di migliaia di anni si è armonicamente sviluppato. Dare spazio ai fiumi, dare spazio all’acqua, vuol dire non solo concorrere alla reale sicurezza contro le alluvioni, ma vuol dire consentire il proseguimento di una dinamica evolutiva che consente al bagnino della nostra costa di avere una spiaggia e non un muro, consentire ai nostri pozzi e ai nostri canali di avere più acqua a disposizione per l’agricoltura, e consentire alla nostra montagna di ritrovare un equilibrio perso nei secoli per tutti quegli interventi dell’uomo che l’ha profondamente modificata. Le opere andranno fatte ma dare spazio ai fiumi deve essere il principale principio nella ristrutturazione della nostra Romagna se vogliamo pensare a tutti i romagnoli e non solo ad una parte di essi”: conclude il suo intervento Paride Antolini.