(Sesto Potere) – Forlì – 3 settembre 2024 – “Comprendiamo politicamente la levata di scudi in difesa del Ministro Lollobrigida da parte dei partiti di maggioranza, ma sul caso Agricat non c’è nessuna fake news diffusa, piuttosto promesse non mantenute come certificano le novemila Pec inviate dal Fondo agli agricoltori che hanno subito danni dall’alluvione di maggio 2023 e che ancora aspettano di essere pienamente ristorati. Questo è il risultato delle scelte fatte e di aver individuato in Agricat, una società da poco costituita e con una manciata di dipendenti, il soggetto che doveva gestire questa partita così complessa ma vitale per il settore primario”. Questa la posizione di Carlo Carli (nella foto in alto) e Alberto Mazzoni, presidente e vicepresidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini.
“Quando è stata promesso di coprire il 100% dei danni subiti tutti sapevano, o almeno avrebbero dovuto sapere, su quali valori indice di rimborso lavora Agricat: l’integrazione al reddito perduto dai produttori doveva essere gestita con le Ordinanze del Commissario Figliuolo o con altri strumenti, come la Legge regionale 100, oppure si doveva modificare l’impostazione di Agricat, un fondo che impatta sulla gestione del primo rischio, che va ad integrazione delle assicurazioni che l’agricoltore ha già stipulato – rimarcano i vertici di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini -. Si è però scelto di proseguire su questa strada, promettendo il pieno ristoro dei danni, così come erano stati promessi anche i contributi sulla gestione del rischio del 2022, che ancora non si sono visti”.
“Non siamo stati noi agricoltori a scegliere Agricat e prima di smantellare la vecchia piattaforma forse bisognava avere un piano alternativo per la gestione del rischio che, con gli effetti del cambiamento climatico, diventa sempre più centrale per difendere le produzioni agricole. L’obiettivo dovrebbe essere quello di riportare redditività in agricoltura e non di ostacolare chi coltiva i campi o chi alleva: eppure, vedendo anche gli ostacoli introdotti per le imprese che vogliono investire nelle bioenergie verrebbe da pensare il contrario. Va bene il contrasto alla carne sintetica – concludono Carli e Mazzoni – ma abbiamo bisogno di poter continuare a produrre cibo sano e sostenibile per la Nazione”.