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Nel 2023 attenuata la crescita dell’economia dell’Emilia-Romagna, ridotta la produzione agricola a causa dell’ alluvione

Bologna – 20 giugno 2024 – Banca d’Italia ha presentato nei giorni scorsi a Bologna il rapporto annuale “L’economia dell’Emilia-Romagna” (*). Un dossier di 114 pagine con tabelle e note esplicative redatto dalla Sede di Bologna della Banca d’Italia con la collaborazione delle Filiali di Forlì e Piacenza. All’evento di presentazione del rapporto ha partecipato la Vice Direttrice Generale Chiara Scotti. La collana “Economie regionali” ha la finalità di presentare studi e documentazione sugli aspetti territoriali dell’economia italiana. Comprende i rapporti annuali regionali e gli aggiornamenti congiunturali.

Banca d’Italia ringrazia vivamente gli enti, gli operatori economici, le istituzioni creditizie, le associazioni di categoria e tutti gli altri organismi che hanno reso possibile la raccolta del materiale statistico e l’acquisizione delle informazioni richieste.

A seguire la sintesi redatta da Banca d’Italia e pubblicata nel notiziario web dell’ente.

Il quadro macroeconomico

Lo scorso anno la crescita dell’economia dell’Emilia‑Romagna si è attenuata: l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d’Italia evidenzia un incremento del prodotto dell’1,1 per cento (3,4 nel 2022), un valore in linea con quello del Nord Est e leggermente superiore alla media italiana. L’attività ha perso progressivamente slancio nel corso del 2023, in concomitanza con l’indebolimento dei consumi e della domanda estera. Gli investimenti hanno rallentato, nonostante quelli in costruzioni siano stati sospinti da un significativo sostegno pubblico; nell’industria in senso stretto l’accumulazione di capitale ha ristagnato, risentendo dell’aumento del costo del denaro e dell’elevata incertezza sull’evoluzione del quadro congiunturale.

Le imprese

La produzione agricola si è ridotta a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli che hanno interessato tutta la regione e dell’alluvione che ha colpito la Romagna. Il valore aggiunto dell’industria in senso stretto ha segnato una flessione, vi ha inciso la riduzione delle esportazioni a prezzi costanti. La manifattura ha tuttavia mostrato segni di vitalità in alcune branche di specializzazione regionale, quali l’alimentare e la meccanica. L’espansione nelle costruzioni è proseguita, sebbene in misura più contenuta rispetto al 2022; con l’avvicinarsi del ridimensionamento degli incentivi fiscali, il comparto ha accelerato nell’ultima parte dell’anno. Anche la domanda per le opere pubbliche legata all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) ha contribuito a sostenere la produzione edile. Il settore dei servizi ha continuato a crescere, ma l’attività ha rallentato rispetto all’anno precedente, risentendo dell’indebolimento della domanda interna.

Nonostante l’aumento degli oneri finanziari dovuto al rialzo dei tassi d’interesse, larga parte delle aziende ha conseguito un utile, beneficiando del quadro congiunturale moderatamente positivo, seppur in rallentamento, e di una dinamica salariale che si è confermata contenuta. I risultati reddituali favorevoli hanno sostenuto la capacità di autofinanziamento delle aziende e permesso di ridurre l’indebitamento bancario senza attingere alle scorte di liquidità precedentemente accumulate.

Il mercato del lavoro e le famiglie

È proseguita la crescita degli occupati che sono tornati sui livelli del 2019; il tasso di disoccupazione è invece rimasto stabile su un valore contenuto nel confronto storico. Il saldo tra assunzioni e cessazioni è risultato positivo e superiore a quello del 2022; la creazione netta di posizioni lavorative ha riguardato prevalentemente i contratti a tempo indeterminato. Una quota rilevante delle imprese intervistate nell’ambito dell’indagine della Banca d’Italia ha continuato a segnalare notevoli difficoltà di reperimento del personale. Le proiezioni demografiche dell’Istat con orizzonte ventennale prefigurano un aumento della popolazione residente in regione, a fronte di una flessione in Italia, ma un suo significativo invecchiamento. Vista la ridotta partecipazione al mercato del lavoro delle classi più anziane, ne conseguirebbe una diminuzione degli attivi tra 15 e 74 anni pari a 130.000 unità.

Il reddito delle famiglie residenti è cresciuto a valori correnti ma si è lievemente ridotto in termini reali a causa dell’inflazione, attestandosi su un livello inferiore del 2,5 per cento rispetto a quello antecedente la pandemia. Pur rimanendo sostenuta la dinamica dei prezzi al consumo ha rallentato, prevalentemente per effetto delle componenti legate all’abitazione e alle utenze. Nonostante la modesta contrazione dei redditi reali, i consumi sul territorio regionale si sono espansi, seppure meno intensamente rispetto all’anno precedente, superando quelli del 2019. Si è rafforzata soprattutto la spesa per beni durevoli, sostenuta dalla dinamica positiva del credito al consumo. I nuovi mutui erogati per l’acquisto di abitazioni si sono invece ridotti, risentendo dell’aumento dei tassi di interesse.

Il mercato del credito

La crescita del costo dei finanziamenti e il rallentamento congiunturale hanno indotto un calo della domanda di prestiti bancari; le condizioni di offerta hanno registrato una lieve restrizione per il complesso del comparto produttivo e una più pronunciata nelle costruzioni. Il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto ai finanziamenti in bonis ha mostrato un lieve peggioramento sia per le famiglie sia per le imprese, pur rimanendo su livelli contenuti nel confronto storico. Gli indicatori anticipatori della dinamica dei prestiti deteriorati, basati su irregolarità meno gravi nei pagamenti, hanno evidenziato alcuni segnali di tensione nella capacità di rimborso, soprattutto per le aziende di dimensione minore e per quelle dell’edilizia. Anche per le famiglie è cresciuta l’incidenza dei mutui che presentavano ritardi o sospensioni nel pagamento delle rate.

La finanza pubblica decentrata

La spesa degli enti territoriali è cresciuta nella componente corrente e in misura più intensa in quella in conto capitale. Su quest’ultima ha inciso il forte incremento degli investimenti in opere pubbliche, anche in attuazione del PNRR. A dicembre scorso i fondi destinati dal Piano a soggetti attuatori pubblici per interventi da effettuare in regione ammontavano a 6,4 miliardi di euro; una quota rilevante delle risorse è finalizzata alla realizzazione di opere, per le quali sono state bandite gare per 2,3 miliardi e avviati cantieri per oltre un miliardo. Nel confronto con la media del Paese l’attività di investimento degli enti territoriali emiliano-romagnoli è favorita da una dotazione di personale che presenta un livello di istruzione più elevato, da una maggiore propensione alla digitalizzazione, da una più rapida gestione delle entrate e da condizioni di bilancio più solide.

I primi mesi del 2024 e le aspettative

Nel primo trimestre dell’anno in corso, secondo l’indicatore ITER, nelle regioni del Nord Est l’espansione del prodotto sarebbe proseguita a un ritmo contenuto e sostanzialmente in linea con la dinamica nazionale. Le attese per il 2024 formulate dalle imprese partecipanti all’indagine della Banca d’Italia appaiono tuttavia caute, prefigurando un lieve calo del fatturato a prezzi costanti.

L’attività economica potrebbe trarre beneficio dal rafforzamento del commercio mondiale e dalla crescita della spesa pubblica per l’attuazione del PNRR; la riduzione dell’inflazione favorirebbe la ripresa dei redditi reali e l’aumento dei consumi. Su questo scenario gravano tuttavia rischi al ribasso legati a un eventuale acuirsi delle tensioni geopolitiche, che potrebbero incidere sia sul processo di disinflazione sia sui volumi degli scambi commerciali internazionali.

(*) Fonte notizia bancaditalia.it – https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2024/2024-0008/2408-emiliaromagna.pdf