(Sesto Potere) – Roma – 23 febbraio 2024 – A gennaio 2024 stima l’Istat che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,3% su base mensile e di 0,8% su base annua (confermando la stima preliminare), da +0,6% nel mese precedente.
L’accelerazione su base tendenziale dell’inflazione è dovuta principalmente alla dinamica dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +3,7% a +4,2%) e dei Beni alimentari non lavorati (da +7,0% a +7,5%) e all’attenuarsi della flessione dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (da -41,6% a -20,6%); per contro, il maggiore contributo al contenimento dell’inflazione si deve al rallentamento dei prezzi dei Servizi relativi all’abitazione (da +4,2% a +2,8%) e dei Beni durevoli (da +1,5% a +0,7%).
L’aumento congiunturale dell’indice generale riflette, per lo più, la crescita dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (+1,3%), dei Beni alimentari non lavorati (+1,0%), dei Beni alimentari lavorati e degli Energetici regolamentati (+0,9% entrambi) e dei Beni non durevoli (+0,5%); gli effetti di questi aumenti sono stati solo in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (-1,2%) e dal lieve calo dei Beni semidurevoli (-0,1%).
L’inflazione acquisita per il 2024 è pari a +0,4% per l’indice generale e a +0,8% per la componente di fondo.
Con riferimento alle cinque ripartizioni del territorio nazionale, a gennaio si registrano diffuse tendenze all’accelerazione. L’inflazione è più alta di quella nazionale nel Centro (da +0,8% a +1,0%), è pari a quella nazionale nel Nord-Ovest (stabile), nel Nord-Est (da +0,7%) e nel Sud (da +0,3%), mentre risulta inferiore nelle Isole (con inversione di tendenza da -0,6% di dicembre a +0,3%).
Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluogo di regione con più di 150mila abitanti l’inflazione più elevata (vedi tabella in basso) si osserva a Napoli (+1,9%), a Perugia e Trieste (+1,7% entrambe), Rimini (+1%). In media con l’indice nazionale Bologna (+0,8%). Al di sotto della media nazionale Ravenna (+0,3%).
Mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Modena (-0,2%), Ancona, Reggio Emilia (-0,4%) e a Campobasso (-0,7%).
In base all’aggiornamento Istat del costo della vita l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato una classifica delle città dove si registrano gli aumenti maggiori e minori in Emilia Romagna.
A Rimini, con l’inflazione all’1%, si registra una maggior spesa annua pari a 272 euro per una famiglia media, che proietta la città romagnola al 22° posto della graduatoria nazionale delle città più care.
Seguono: Bologna con un incremento di spesa annuo pari a 223 a famiglia (34° posto in Italia). Ferrara (con +0,6%) con un aumento di spesa di 163 euro annui per una famiglia (46° in Italia). Ad ex aequo, Parma e Forlì Cesena (+0,4% e +109 euro per entrambe). E poi figurano Ravenna (+0,3%, e +82 euro di spesa in più) e Piacenza (+0,2%, e +54 euro di spesa).
Sotto la soglia dello zero in Emilia Romagna: Modena, in deflazione con -0,2% ed un risparmio a famiglia pari a 54 euro. E Reggio Emilia con -0,4%, ed una minor spesa di 109 euro (al 2° posto delle migliori città con più di 150 mila abitanti e al 4° nella classifica totale delle città dove si risparmia di più in Italia).