(Sesto Potere) – Bologna – 22 febbraio 2024 – C’è attesa nel distretto biomedicale del modenese, 64 aziende, compresi i fornitori, che da Mirandola a Poggio Rusco, nel mantovano, passando per Carpi, Medolla, Concordia sul Secchia, Cavezzo, San Felice sul Panaro, San Possidonio e San Prospero, conta quattromila addetti, il 75% dei quali lavora nei gruppi internazionali.
C’è attesa per il pronunciamento della Corte Costituzionale che ha fissato al 22 maggio l’udienza pubblica di discussione dei ricorsi a lei rimessi dal Tar sulla spinosa questione del payback sui dispositivi medici.
Una norma – contestatissima anche in sede giudiziaria in varie parti d’Italia – che ha coinvolto migliaia di fornitori privati del Servizio sanitario nazionale, obbligati a ripianare, di tasca propria, le perdite della finanza pubblica.
“Il meccanismo del payback prevale quando le Regioni sforano il tetto di spesa preventivato annualmente, in quel caso alle imprese (private) fornitrici di dispositivi medici viene richiesto di concorrere con costi elevati al ripiano delle perdite (pubbliche). La norma risale al 2015 e nel tempo vari governi si sono pronunciati. Per ultimo, il governo Meloni ha posticipato la scadenza termini del pagamento della quota a carico delle aziende che non hanno attivato un contenzioso o intendano rinunciarvi. E adesso si attende il pronunciamento definitivo della Consulta. Come sindacato ci siamo sempre detti preoccupati per una misura che rovescia sui privati il peso di una mala-gestione degli enti pubblici. E abbiamo condiviso i dubbi, poi ribaditi dal Tar Lazio, che per prima ha sollevato la questione di legittimità, sulla costituzionalità della norma”: afferma Tullia Bevilacqua, segretario regionale di Ugl Emilia-Romagna (nella foto in alto).
Su scala nazionale i maggiori oneri derivati dall’applicazione del payback sui dispositivi medici sono a carico di un comparto che conta più di 110 mila posti di lavoro in tutta Italia.
“E in Emilia-Romagna il distretto biomedicale, non soltanto quello modenese ma anche quello del bolognese, si conferma fondamentale per il sistema economico-imprenditoriale. Si tratta del più importante settore biomedicale in Europa, il terzo nel mondo. E ha generato 1,6 miliardi di euro di fatturato e più di 150 milioni di margine operativo lordo. Sarebbe paradossale riversare sulle aziende che hanno fornito i dispositivi salvavita a milioni di pazienti una parte del costo dei ‘rossi di bilancio’ della sanità”: ribadisce Tullia Bevilacqua.
“C’è la nostra solidarietà verso le imprese che più di altre garantiscono ogni anno performance eccellenti per innovazione, redditività e propensione all’esportazione e con un potenziale di crescita superiore a quello di altri settori industriali dell’Emilia-Romagna. E si tratta in gran parte di Pmi, tipicamente più fragili e meno capitalizzate, già alle prese con gli effetti di contingenze avverse – alluvioni e conflitti internazionali che limitano l’export – che con difficoltà potrebbero reggere l’impatto di una richiesta di ‘ripiano’ degli sforamenti del tetto di spesa sanitaria che risulterebbe particolarmente gravoso. Con effetti negativi a cascata, oltre ai rischi occupazionali e di erosione del gettito, sulla continuità di fornitura ed aumento dei costi degli ausili del Sistema sanitario nazionale. Per non parlare del fatto che in altre parti d’Italia il payback potrebbe consentire ad alcune regioni di sforare a piacimento i tetti di spesa, salvo poi rivalersi sui fornitori… Vi pare giusto?”: si chiede e conclude il segretario regionale di Ugl Emilia-Romagna, Tullia Bevilacqua.