(Sesto Potere) – Forlì – 23 gennaio 2024 – “Nelle civiltà antiche e fino ad un secolo fa, gli uomini hanno convissuto coi fiumi reputandoli una fonte di vita essenziale per l’acqua, per le piante e per gli animali domestici, per lavarsi ed irrorare i campi, come riserva nei periodi di siccità, come forza lavoro per smuovere le macine dei mulini. La nostra civiltà “avanzata” li ha relegati in seconda o terza linea perché la gran parte degli aspetti descritti sono superati o non interessano più. I fiumi, tuttavia, ed il territorio che li circonda meritano ancora un grande rispetto da parte dell’uomo. Negli ultimi cinquanta anni i fiumi sono stati sfruttati come cave per estrarre sabbie e ghiaie e come aree di scolo in cui far transitare il più velocemente possibile le acque dai rilievi al mare. Questo processo di canalizzazione innaturale ha portato: aumento della velocità della corrente, aumento dell’incisione ed erosione degli alvei, minor espansione e, soprattutto, minor ricarica delle falde acquifere, che si alimentano attraverso il contatto idraulico diretto con il fiume sovrastante. Sui fiumi si sono costruiti argini, sempre più alti, come difesa passiva che hanno ridotto molto la sezione idraulica. E si sono costruite vicino all’argine case ed aree commerciali o industriali. Il territorio, fortemente cementificato e antropizzato, è andato incontro all’impermeabilizzazione. Il terreno non assorbe le precipitazioni che scorrono veloci verso il fiume. Le sezioni di questi fiumi non sono in grado di fare defluire le grandi quantità di acqua che, proprio per la forte velocità, li sormonterà. Allora, come ha detto anche il generale Figliuolo in visita di recente nelle nostre zone: “bisognerebbe ridare spazio ai fiumi”. Gli alberi “vivi” rappresentano una difesa idraulica passiva, in quanto sono in grado di far rallentare la corrente e trattenere il terreno con le radici: è dannoso tagliare gli alberi vicino agli argini, come è stato fatto di recente. L’unica pulizia fluviale che ha senso è la rimozione del legname secco e della plastica dall’alveo, in quanto vengono presi in carico dalle piene creando sbarramenti nelle sezioni critiche come i ponti. Ma questa operazione non è stata ancora eseguita”:
lo scrive in una nota il TAAF – Tavolo delle Associazioni Ambientaliste di Forlì.
“I letti dei fiumi sono pieni di tronche e ramaglie. Per la realizzazione dei lavori di rifacimento argini, ricostruzione muretti e sistemazione alvei sono stati spesi circa 8 milioni di euro, tuttavia, a tutt’oggi i lavori non sono affatto sufficienti a mettere in sicurezza il territorio da piene consistenti. Serve una pianificazione idraulica e la creazione di casse di espansione: cioè di un’opera idraulica che funziona come bacino di contenimento per ridurre la portata e la pressione della piena. Ma quante casse sono operative al momento? Otto sul fiume Ronco, quattro vasche di laminazione nel punto di confluenza del Montone e del Rabbi; sul Montone quattro casse in progettazione e non ancora finanziate dallo Stato. In modo particolare lungo il fiume Montone vi è una carenza di aree disponibili dove convogliare le acque alluvionali in eccesso, pertanto una seconda strada percorribile potrebbe essere quella di controllare l’esondazione in terreni coltivati ben definiti e circoscritti da apposite arginature; intervento da realizzarsi ovviamente tramite accordo con i proprietari e che preveda l’indennizzo per il danno dovuto alla perdita del raccolto. Sarebbe sicuramente un costo infinitamente minore rispetto ai costi da sostenere dopo l’alluvione”: propone il TAAF.
“Un’altra proposta proviene dal Presidente della Associazione nazionale Consorzi di Bonifica e riguarda la realizzazione di aree esondabili lungo la fascia delle conoidi posta ai piedi delle colline, prima dell’ingresso dei fiumi in pianura. Opere che avrebbero la tripla funzione di mitigare gli effetti delle alluvioni, soddisfare almeno in parte le esigenze irrigue dell’agricoltura e contribuire alla ricarica della falda acquifera sotterranea”: aggiunge il Tavolo delle Associazioni Ambientaliste che, dopo aver formulato queste proposte operative, fa presente che: “non sono state individuate ancora le risorse e realizzati veri piani di intervento per la messa in sicurezza del territorio. Il Presidente Bonaccini ha detto che si aggiungono per gli investimenti 1,2 miliardi di euro. Queste sono risorse che arrivano dal Pnrr destinate ad investimenti per ripristinare ciò che ha danneggiato l’alluvione a partire dal territorio: frane, strade, patrimoni sportivi, culturali, scuole”: pertanto, il TAAF chiede che: “vengano attuate tutte le strategie necessarie per mitigare i danni e rassicurare i cittadini su eventuali ulteriori eventi estremi: la nostra comunità lo merita e lo chiede a gran voce!”.
le foto scattate il 6 gennaio tra la località Gualdo e Cusercoli sul fiume Ronco che testimoniano la presenza di tronchi e ramaglie nel letto del fiume