(Sesto Potere) – Cesena – 18 gennaio 2024 – L’allargamento al Mar Rosso della crisi in Medio Oriente potrebbe aggravare la flessione del commercio internazionale, mettendo a rischio una quota rilevante dell’import-export dell’Italia a cui concorrono anche imprese del nostro territorio.
A rimarcarlo è Confartigianato Fderimpresa Cesena.
Nel Mar Rosso di un gruppo di ribelli yemeniti sta attaccando navi mercantili, principalmente quelle dirette verso Israele, e dallo scorso
9 gennaio una coalizione internazionale guidata da Stati Uniti e Regno Unito ha avviato interventi di contrasto agli attacchi alle navi,
colpendo droni e obiettivi sulla costa dello Yemen. L’allargamento al Mar Rosso della crisi in Medio Oriente determina conseguenze sul
commercio marittimo internazionale in transito per il Canale di Suez, che potrebbe compromettere la ripresa del commercio internazionale che era prevista nel 2024.
“Per l’Italia – mete in luce Confartigianato – si stima che il valore dell’import-export annuale che transita per il Canale di
Suez proveniente dai paesi del Medio Oriente, dall’Asia, dall’Oceania e dai paesi del Sud-Est dell’Africa nel 2023 (ultimi dodici mesi a
settembre) sia pari a 148,1 miliardi di euro, di cui 93,1 miliardi di euro di importazioni e 55,0 miliardi di esportazioni, che rappresenta il
42,7% del commercio estero dell’Italia trasportato per mare e l’11,9% del commercio estero totale dell’Italia”.
“L’escalation della crisi in Medio Oriente – sottolinea il Gruppo di Presidenza Confartigianato composto da Daniela Pedduzza, Stefano Ruffilli e
Marcello Grassi (nella foto in alto) – penalizza il sistema del made in Italy e l’approvvigionamento di prodotti essenziali per la trasformazione della manifattura italiana, aggravando la frenata del commercio internazionale, che riguarda anche imprese territoriali che fanno export.. Gli effetti della crisi del Mar Rosso, sommati alla stretta monetaria in corso e alla riattivazione delle regole europee di bilancio, potrebbero avere conseguenze sulla crescita, riducendo la fiducia e la propensione ad investire delle imprese e frenando il ciclo espansivo dell’occupazione che nell’ultimo anno ha registrato un aumento di oltre mezzo milione (+551mila) di lavoratori dipendenti a tempo
indeterminato. Il rischio è che l’approccio ‘attendista’ delle imprese, che ancora sorregge la seppur flebile fiducia, possa degenerare in
recessione”.