(Sesto Potere) – Modena- 11 gennaio – Nel mese di dicembre, a causa della carenza di autisti, almeno una ventina, Seta ha soppresso alcune corse urbane a Modena, circa un centinaio, negli orari in cui ci sono generalmente meno passeggeri.
“La carenza degli autisti non può essere in nessun modo la giustificazione per tagliare in modo drastico le corse Seta: oggi il servizio di trasporto pubblico che Modena offre non è degno di un paese civile”. A intervenire sulla sospensione delle corse nella provincia modenese è la presidente di Ruote Libere, Cinzia Franchini.
“Il trasporto pubblico è stato per anni un fiore all’occhiello per Modena, mentre ora si è ridotto a uno strumento rivolto solamente agli studenti e a chi non ha nessun’altra alternativa per spostarsi, alle fasce più fragili della popolazione, prevalentemente anziani e stranieri. Il tutto, lo ricordiamo, mentre paradossalmente aumenta la narrazione secondo cui occorre disincentivare l’uso dell’auto privata – continua Cinzia Franchini -. L’ipocrisia di una amministrazione comunale che da un lato promuove formalmente politiche green e dall’altro riduce le corse degli autobus urbani è insopportabile. E’ vero che il tema della carenza di autisti non è solo locale, ma è altrettanto vero che in una città col costo della vita alto come Modena, gli stipendi offerti da Seta non consentono nemmeno di sfondare la soglia della povertà”.
“La carenza di personale non è una sciagura divina, ma è il frutto di una politica aziendale che ha permesso una dequalificazione progressiva e inarrestabile degli autisti, trasformando una professione ambita in un lavoro considerato di serie B nel quale per poco più di 1.000 euro al mese si fanno orari di lavoro assurdi e si rischia di venire aggrediti ogni giorno da chi non paga il biglietto. Impossibile in questo quadro non puntare il dito nei confronti di una dirigenza selezionata da sempre in base a logiche di appartenenza politica e di Manuale Cencelli. La presidenza Seta, e ancor prima Atcm, ha risposto negli anni a esigenze di partito, alla necessità di assicurare una poltrona a esponenti prevalentemente di area cattolica, rispetto ad altre poltrone riservate specularmente agli ex Ds, mentre le competenze dei nominati di turno non erano assolutamente influenti rispetto alla loro promozione. Questi sono i risultati e a pagare il prezzo di questo sfacelo non sono certo i vertici aziendali bensì i cittadini”.