(Sesto Potere) – Roma – 20 aprile 2022 – In occasione della nona edizione della Giornata di Confcommercio “Legalità, ci piace”, la Confederazione, in collaborazione con l’Istituto di Ricerca Format Research, ha svolto un’indagine (*) riguardo al rischio usura e fenomeni illegali per le piccole e medie imprese italiane.
In base alla ricerca, quasi il 12% delle imprese del terziario di mercato percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2021. Il dato è più accentuato nelle grandi città (16,2%), al Sud (16,6%), per le imprese del commercio al dettaglio alimentare (15,1%) e per gli alberghi (20%).
L’usura è il fenomeno criminale percepito in maggior aumento dagli imprenditori del terziario di mercato (per il 27%), seguito da abusivismo (22%), racket (21%) e furti (21%). Il trend è più marcato nelle grandi città e al Sud dove l’usura è indicata in aumento dal 30% delle imprese.

Oltre ad essere percepito come il reato che aumenta di più, l’usura è anche un fenomeno che penalizza lo sviluppo delle imprese e frena la crescita.
L’11% degli imprenditori ha avuto notizia diretta di episodi di usura o estorsione nella propria zona di attività.
Il 17,7% degli imprenditori è molto preoccupato per il rischio di esposizione a usura e racket. Un timore che è più elevato nelle grandi città (22%), al Sud (19,1%) e per le imprese del commercio al dettaglio non alimentare (per il 20%).
Di fronte all’usura e al racket il 58,4% degli imprenditori ritiene che si dovrebbe denunciare, il 33,6% dichiara che non saprebbe cosa fare, il 6,4% pensa di non poter fare nulla.
Il dato è più marcato al Sud dove si rileva una sorta di polarizzazione dei comportamenti, con accentuazioni maggiori sia di imprenditori che sporgerebbero denuncia (66,7%) che di quelli che al contrario «non saprebbero cosa fare» (41%) o che pensano che «non ci sarebbe nulla da fare» (9,1%).
Una dicotomia determinata probabilmente dalla maggiore esposizione ai fenomeni criminali al Sud rispetto al Nord. Una minore propensione a denunciare si registra nelle città di medie e grandi dimensioni (intorno al 52% gli imprenditori che indicano la denuncia), mentre nei centri abitati con meno di 10mila abitanti è più accentuata l’incapacità di reagire rispetto a questi fenomeni (il 42,1% degli imprenditori dichiara che non saprebbe cosa fare).

Inoltre, elaborazioni e stime dell’Ufficio Studi Confcommercio, su dati di varie fonti, registrano ad elevato rischio usura e altri eventi criminali (in primis le estorsioni, ma anche i furti) siano circa 30mila imprese del commercio e dei pubblici esercizi. Senza contare i costi dell’illegalità alle imprese.
Basti pensare che la perdita annua del fatturato è pari al 6,3% e in termini di valore aggiunto a 4,7 miliardi di euro, a cui si aggiungono 195mila posti di lavoro regolari a rischio.
Entrando nel dettaglio, l’abusivismo commerciale costa 8,7 miliardi di euro, l’abusivismo nella ristorazione pesa per 4,8 miliardi, la contraffazione per 4,1 miliardi, il taccheggio per 4,3 miliardi.
Gli altri costi della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) ammontano a 6 miliardi e i costi per la cyber criminalità a 2,8 miliardi.
(*) L’indagine è stata sviluppata su un campione statisticamente rappresentativo delle imprese del terziario di mercato fino a 50 addetti del terziario (commercio all’ingrosso, commercio al dettaglio alimentare, commercio al dettaglio non alimentare, tabacchi, alloggio, ristorazione, bar e trasporti).