(Sesto Potere) – Forlì- 13 novembre- Ieri, in piazza Ordelaffi, a Forlì, ai passanti del centro storico si è presentata una scena insolita: due attivisti di
Fridays For Future Forlì su dei blocchi di ghiaccio che si scioglie sotto i loro piedi con un cappio legato attorno al collo che pende da una trave. Attorno a loro altre persone con dei cartelli in mano che si riferiscono alla conferenza mondiale per il clima attualmente in corso a Sharm el Sheik.

Una metafora, quella del ghiaccio che si scioglie e il cappio, per simboleggiare la gravità dell’emergenza climatica che incombe sempre di più sull’umanità.

La COP 27 dovrebbe unire i paesi del mondo nello sforzo comune per risolvere questa emergenza. “Tuttavia, – come denunciano gli organizzatori – , si svolge in un paese nel quale i diritti umani vengono quotidianamente ignorati e violati. Inoltre, Cop 27 è sponsorizzata dalla multinazionale Coca Cola, tutt’altro che amica del clima”.

“La #COP27 in Egitto è la fiera del greenwashing” – sostiene Agnese Casadei, l’attivista forlivese, nel suo discorso al megafono – “una strategia per ripulirsi l’immagine mentre il regime tiene incarcerati 60.000 prigionieri politici tra attivistə ambientali e per i diritti. Non ci può essere nessuna giustizia climatica senza diritti umani!”

E ancora: “Come possiamo avere azione climatica e risarcimenti per le popolazioni colpite se le persone che chiedono trasparenza e giustizia vengono incarcerate? Noi che possiamo manifestare liberamente abbiamo la responsabilità di gridare e lottare anche per chi non può farlo.”

Presente accanto ai ragazzi per il clima la sezione locale di Amnesty international.
Insieme chiedono subito: “la liberazione di Alaa Abd El-Fattah, ingiustamente incarcerato per un commento su Facebook, in sciopero della fame da mesi e ora anche in sciopero della sete da quando è iniziata la COP. Se il governo egiziano non farà nulla, Alaa morirà entro la fine del vertice”.

L’azione si inseriva nel contesto della mobilitazione globale sotto al grido #FreeThemAll.

Infatti, con il grido comune “FreeThemAll” ripetuto a più riprese, i presenti non hanno chiesto solo la liberazione di Alaa, bensì la liberazione di tutte le persone incarcerate “con la sola colpa di voler proteggere i diritti umani o l’ambiente”. Il messaggio è chiaro: “la battaglia per il clima non può prescindere da quella per i diritti umani.”