(Sesto Potere) – Bologna- 16 febbraio- Microcampioni anti-doping per individuare l’utilizzo irregolare degli ormoni peptidici, sostanze proibite tra cui figura ad esempio l’ormone della crescita.
È la nuova sfida del Pharmaco-Toxicological Analysis Laboratory (PTA Lab) attivo al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna.
Il progetto, finanziato dalla World Anti-Doping Agency (WADA), punta a rafforzare il ruolo dei Dried Blood Spots (DBS): microcampioni formati da gocce di sangue essiccato, introdotti in via sperimentale lo scorso anno alle Olimpiadi di Tokyo e utilizzati in questi giorni anche per individuare possibili casi di doping alle Olimpiadi Invernali di Pechino.

L’Università di Bologna è il primo ateneo italiano a ricevere un finanziamento dalla WADA per la ricerca sulle tecniche di microcampionamento.
“Siamo orgogliosi di questo riconoscimento e crediamo molto nella validità del nostro approccio, che evidentemente ha convinto anche la World Anti-Doping Agency”, commenta la professoressa Laura Mecolini, Principal Investigator del progetto di ricerca. “Dopo la prova brillantemente superata alle Olimpiadi di Tokyo, con il loro utilizzo anche alle Olimpiadi Invernali di Pechino i Dried Blood Spots sono entrati a pieno titolo come tecnica di campionamento, affiancando i tradizionali metodi di prelievo ematico ed urinario”.
Da più di vent’anni la World Anti-Doping Agency gestisce la lotta al doping a livello internazionale sotto tutti i punti di vista, per la protezione della salute degli atleti e per la regolarità delle competizioni.
Oltre a pubblicare annualmente la lista delle sostanze proibite nello sport, WADA si occupa anche di informazione, formazione e ricerca scientifica. Con questo obiettivo, ogni anno mette a disposizione della comunità scientifica mondiale alcuni finanziamenti, allo scopo di migliorare e rendere sempre più efficaci e affidabili i controlli anti-doping.
Quello assegnato ora al PTA Lab dell’Università di Bologna si concentra in particolare sull’utilizzo del microcampionamento per rilevare una specifica categoria di sostanze dopanti.
“Abbiamo proposto a WADA di applicare i nostri protocolli di microcampionamento ad una categoria di sostanze proibite particolarmente delicata, ovvero gli ormoni peptidici, come ad esempio l’ormone della crescita”, spiega Roberto Mandrioli, professore al Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita dell’Alma Mater (Campus di Rimini) e membro del team. “Se la nostra sperimentazione avrà successo, questa piattaforma di microcampionamento potrebbe diventare per i laboratori anti-doping di tutto il mondo un’arma in più per rivelare l’utilizzo da parte degli atleti di peptidi proibiti nello sport”.