(Sesto Potere) – Roma – 24 marzo 2023 – Nel 2020 operano in Italia 2.391 gestori di servizi idrici, 161 in meno rispetto al 2018, ma la gestione è ancora fortemente frammentata. Nel 2020 sono erogati ogni giorno per gli usi autorizzati 215 litri di acqua potabile per abitante nelle reti comunali di distribuzione. Nel 2021 sono adottate misure di razionamento dell’acqua in 15 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana (erano 11 nel 2020), due anche nel Centro-Nord. Nel 2020, ben 6,7 milioni di residenti non sono ancora allacciati alla rete fognaria pubblica. Quanto al servizio idrico le statistiche dicono che 29,4% è la quota di famiglie che nel 2022 non si fidano a bere acqua di rubinetto e sono 296 i comuni senza servizio pubblico di depurazione delle acque reflue urbane.
Nel corso del 2020 i gestori dei servizi idrici per uso civile sono 2.391: 1.997 gestori in economia (83,5%), ovvero enti locali, e 394 gestori specializzati (16,5%). Proseguendo la progressiva diminuzione in atto sin dal 1994, anno della riforma che ha avviato il servizio idrico integrato (i gestori erano 7.826 nel 1999), rispetto al 2018 il numero dei gestori si riduce di 161 unità, a seguito delle trasformazioni
gestionali che hanno interessato alcuni territori, tra cui le province di Como, Varese e Rieti. Persiste una spiccata parcellizzazione gestionale, per l’incompleta attuazione della riforma, soprattutto in Calabria, Campania, Molise, Sicilia, Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e nelle province autonome di Bolzano/Bozen e Trento.

L’approvvigionamento di acqua per uso potabile è gestito da 1.619 enti (-95 sul 2018), l’80,1% dei quali opera in economia (1.297). Le reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile sono gestite da 1.965 enti (-123). Nell’85,1% dei casi si tratta di gestori in economia (1.673) e nel 14,9% di gestori specializzati (292).
Il maggiore prelievo di acqua per uso potabile avviene nel distretto idrografico del fiume Po: 2,80 miliardi di metri cubi, pari al 30,5% del totale nazionale. Seguono, in misura pressoché proporzionale al territorio, gli altri distretti idrografici. Tra le regioni, in Lombardia si preleva il maggior volume di acqua per uso potabile (1,44 miliardi di metri cubi; 15,6% del totale nazionale). Quantitativi consistenti sono captati anche nel Lazio (1,15 miliardi di metri cubi; il 12,5%) e in Campania (0,90 miliardi; il 9,8%).
L’acqua prelevata da corsi d’acqua superficiali (459,2 milioni di metri cubi) è prevalentemente sottoposta a trattamento di potabilizzazione (92,0%). Questi prelievi prevalgono, in termini di incidenza, nel distretto Appennino settentrionale (18,7% del volume prelevato) e, in termini di volume, nel distretto del fiume Po. Frequente la potabilizzazione anche per i prelievi da lago naturale, quasi totalmente
localizzati nel distretto idrografico del fiume Po: dei 42,0 milioni di metri cubi prelevati, il 96,6% è sottoposto a trattamenti di potabilizzazione (tranne una piccola quota trattata con la disinfezione).
Le regioni con la maggior quota di acqua sottoposta a trattamenti di potabilizzazione sono Basilicata (80,9%) e Sardegna (79,0%), a causa dei consistenti prelievi da corsi d’acqua e bacini artificiali, ma le quote sono consistenti anche in Puglia (55,1%), Toscana (55,0%) ed Emilia-Romagna (50,0%).
Dove è attivo il servizio di distribuzione dell’acqua potabile, in più di quattro comuni su cinque (79,6%) operano gestori specializzati, in poco meno di uno su cinque (19,4%) gestori in economia e nei restanti rari casi gestioni miste (quando enti in economia e specializzati operano su aree differenti del territorio comunale), concentrati soprattutto nella provincia autonoma di Bolzano/Bozen e in quella di Catania.
A livello regionale, la gestione specializzata del servizio di distribuzione copre interamente l’Umbria ed è molto presente anche in Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Basilicata ed Emilia-Romagna.
Di contro, quasi tutte le gestioni sono in economia in Molise, con una forte componente anche in Calabria, nelle province autonome di Bolzano/Bozen e Trento e in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.
L’erogazione giornaliera pro capite è mediamente più elevata nei comuni del Nord, con il massimo nel Nord-Ovest (253 litri per abitante al giorno), che presenta una forte variabilità regionale e valori che vanno dai 234 litri per abitante al giorno del Piemonte ai 438 della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (regione con il valore più alto). La diffusione dei fontanili, soprattutto nelle aree montane, può dar luogo a erogazioni considerevoli e spiega i valori sensibilmente più alti dei volumi pro capite. Nella ripartizione delle Isole è erogato in media il minore volume di acqua (186 litri per abitante al giorno), anche se i valori regionali più bassi dell’indicatore si osservano in Umbria (166) e Puglia (155).
Il distretto idrografico del Fiume Po, con 241 litri per abitante al giorno, si contraddistingue per il maggior volume di acqua erogata pro capite, mentre il distretto della Sicilia (181) per il più basso.
Nel 2020, il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua, calcolato come differenza tra i volumi immessi in rete e i volumi erogati, è pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,2% dell’acqua immessa in rete.
Considerati i 24 comuni capoluogo di regione e città metropolitana, il 2021 (insieme a 2020 e 2017) si presenta come uno degli anni meno piovosi dell’ultimo decennio osservato, con una precipitazione totale di circa 718,8 mm, in calo di 74,8 millimetri rispetto al corrispondente valore medio del decennio 2006-2015. Sono 20 le città nelle quali si rileva una diminuzione, più alta per Bologna (-311,4 mm), Trieste (-261,4), Milano (-238,0) e Venezia (-218,7).
Sono gli effetti dei cambiamenti climatici e/o dell’effetto serra, una questione che rientra tra i cinque problemi ambientali che preoccupano di più le persone con almeno 14 anni: indicati dal 71,0% degli intervistati nel 2022, come nel 2019 prima della pandemia, con valori compresi tra il 68,6% del Mezzogiorno e il 72% circa del Centro-Nord.
Nel 2022, quasi quattro persone di 14 anni e più su 10 si dichiarano preoccupate per l’inquinamento delle acque: al Nord il 39,9% delle persone, al Centro il 38,9% e nel Mezzogiorno il 35,2%. L’età sembra incidere sull’attenzione al problema: le persone più anziane (75 anni e più) manifestano minore sensibilità rispetto al resto della popolazione intervistata. Inoltre, il 22,4% delle persone di 14 anni e più si dichiara preoccupata per il dissesto idrogeologico (frane e alluvioni), ma lo sono in proporzione minore i giovani tra i 14 e i 24 anni (16,6%) rispetto agli adulti di 55 anni e più (25,8%).
Queste percentuali sono contenuti nel “Censimento delle acque per uso civile” condotto dall’Istat e pubblicato il 21 marzo 2023 in occasione della Giornata mondiale dell’acqua che ricorre il 22 marzo.
I dati disastrosi della rete idrica “colabrodo” sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha segnalato il “grave spreco per una risorsa preziosa come l’acqua, che con questa dispersione influisce negativamente sull’emergenza siccità danneggiando coltivazioni, allevamenti ed ecosistemi con danni economici e ambientali abnormi”, con “omissioni da parte degli enti locali interessati che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità”.
Per tali motivi il Codacons ha presentato un esposto alle Corti dei Conti regionali, chiedendo di aprire una indagine nei confronti delle Regioni e delle Autorità di vigilanza locali, inclusi coloro che gestiscono la risorsa idrica e “non hanno adottato le misure necessarie all’eliminazione degli sprechi, alla luce delle responsabilità per la possibile violazione dei principi di economicità ed efficienza che regolano la Pubblica Amministrazione, con gravi ripercussioni, disservizi e disagi a discapito della collettività”.